Le isole non sono “Il mondo miniatura”…

Il mondo in miniatura

A dispetto del titolo, per il biogeografo Sietze Norder gli ecosistemi insulari non sono semplici versioni in miniatura di quello globale e di quelli sulla terraferma. Tuttavia, da ciascuna delle isole si possono trarre utili globali indicazioni e sperimentare forse utili scelte.

Titolo: Il mondo in miniatura. La vita sulla Terra raccontata attraverso le isole Autore: Sietze Norder Editore: Add Torino Anno: 2022 (orig. 2022) Pagine: 219 Isolamento biologico e culturale. Ovunque. In tutto il mondo ci sono appena una settantina di isole che misurano più di diecimila chilometri quadrati, solo due nel Mediterraneo, ovvero Sicilia e Sardegna (Cipro, Corsica, Creta sono un po’ più piccole). Nel mondo delle isole costituiscono l’eccezione, quelle piccole sono moltissime e quelle grandi pochissime. Qualunque sia la grandezza, la maggior parte non si trova ai tropici, ma nell’emisfero settentrionale (Mediterraneo compreso). La distinzione essenziale è fra continentali, perché poggiano sulle croste dei continenti (perlopiù si sono separate dalla terraferma solo da qualche migliaio di anni, quando il livello del mare si è alzato dopo la fine dell’ultimo periodo glaciale) e oceaniche, perché distano centinaia di chilometri dalla terraferma (perlopiù sono vulcaniche, cime di giganteschi vulcani che per milioni di anni si sono variabilmente innalzati dal fondo degli oceani).

Entrambe sono dinamiche e “mobili”, emerse o scomparse (alcune da parecchio) nel corso dell’evoluzione. Quelle di media e minore grandezza sono come microcosmi, versioni in miniatura del nostro mondo, e costituiscono un sistema di dimensioni circoscritte grazie al quale le attuali sfide mondiali, come la crisi della biodiversità (giornata mondiale il 22 maggio) e i cambiamenti climatici (a maggio 2022 abbiamo un caldo estivo in Europa), diventano più comprensibili. Sulle isole le dinamiche ambientali che avvengono nel pianeta si trovano sotto la lente d’ingrandimento e studiarle è un primo passo per comprendere meglio il mondo. In ogni isola su cui sono giunti gli esseri umani (non solo sapiens, in vari modi) molto è cambiato, da parte nostra soprattutto con l’agricoltura, soprattutto dopo Colombo e lo scambio macaraibico, soprattutto con le emissioni di gas serra climalteranti, ma in ognuna con caratteri peculiari. L’olandese Sietze Norder (1987) si è appassionato allo studio delle isole durante la specializzazione in geologia e geografia sociale; per approfondirne la conoscenza scientifica ne ha visitate e studiate molte per lunghi periodi negli ultimi quindici anni. Presto affetto dalla nota insulomania (ovvero dall’irresistibile attrazione per le isole, che regala un’inspiegabile ebbrezza, forse innata forse acquisita), è divenuto uno scienziato, in particolare un biogeografo insulare. Fin dall’inizio del suo interessante volume si mostra consapevole dell’imprecisione del titolo (peraltro poco attraente): l’ampia disarmonia conferma che gli ecosistemi insulari non sono semplici versioni in miniatura di quello globale e di quelli sulla terraferma. Tuttavia, da ciascuna isola si possono trarre utili globali indicazioni e sperimentare forse utili scelte. Il mondo in miniaura è diviso in tre parti. Nella prima (La bellezza dei modelli) l’autore sottolinea la diversità culturale e biologica delle isole e cerca di verificarne l’origine, illustrando anche come Darwin, Hooker, Wallace e poi MacArthur-Wilson, tramite le isole, abbiano contribuito a farci capire meglio la nascita e la diffusione della vita sulla Terra. Nella seconda parte (Diari di viaggio) ripercorre i principali percorsi (diacronici) dei primi uomini che hanno messo piede su diverse isole (di distanti continenti e bacini oceanici) e ne hanno trasformato l’ecosistema, soprattutto facendo migrare con sé fra ecosistemi (prima separati da insormontabili barriere) specie vegetali e animali, esotiche o aliene. Nella terza parte (La Terra come arcipelago) si concentra, infine, sui rapporti tra gli esseri umani e la natura sulle isole, motivatamente convinto che la crisi della biodiversità necessiti di specifica attenzione insulare, le isole come ispirazione. Pochi ma opportuni grafici e tabelle. Assente purtroppo una bibliografia, ma sommariamente sostituita dalle note finali definite “fonti”. Nell’indice di nomi e luoghi s’evidenzia il comprensibile minore interesse per il Mediterraneo.