Memorie di un moscerino
Una pubblicazione sulla rivista Nature Communications analizza i meccanismi molecolari coinvolti nella memoria a lungo termine negli insetti
Il “riflesso condizionato” (o “riflesso pavloviano” dal nome dello scienziato russo Ivan Pavlov che agli inizi del Novecento realizzò esperimenti ormai celebri sul comportamento animale) è la risposta di un soggetto alla presentazione di uno stimolo per cui è stato condizionato. Nello specifico, un animale può essere abituato ad associare un preciso stimolo (presentato durante una fase di condizionamento) a una risposta che può essere memorizzata per divenire un riflesso condizionato.
Nei suoi esperimenti, Pavolv riuscì a condizionare un cane a produrre saliva al suono di un campanello. Il cane venne condizionato al fatto che dopo pochi secondi dal suono di una campanella veniva fornito cibo. Dopo molte repliche di questo abbinamento, per il cane il suono del campanello significava l’arrivo del cibo e le ghiandole salivari del cane si preparavano alla produzione di saliva. A questo punto il cane era condizionato a salivare al solo suono del campanello, per cui anche in assenza del cibo, il cane continuava a salivare al suono della campanella.
Sebbene questi esperimenti siano stati condotti su molti animali, pochi forse sanno che un condizionamento simile è possibile anche negli insetti e i meccanismi alla base del riflesso condizionato sono stati ad esempio molto studiati in Drosophila melanogaster, il moscerino della frutta preferito dai biologi di tutto il mondo, e nelle api. Da questi studi è emerso che negli insetti e nei mammiferi (sebbene il cervello abbia complessità e anatomia decisamente diverse), il riflesso condizionato si basa sulla risposta di neuroni dello stesso tipo, denominati neuroni dopaminergici in quanto il loro principale neurotrasmettitore è la dopamina).
In una recente pubblicazione sulla rivista scientifica Nature Communications una equipe composta da diverse università di Taiwan ha cercato di indagare quali aree del cervello intervengano per consolidare un riflesso condizionato nella memoria a lungo termine del moscerino, utilizzando insetti condizionati ad associare un odore alla disponibilità di acqua. In particolare Shyu e colleghi hanno tenuto un gruppo di moscerini in assenza di acqua per 16 ore, per poi abbinare la presenza di una molecola odorosa alla disponibilità di acqua. Già dopo una singola sessione di esercizio di 2 minuti, i moscerini avevano associato odore e disponibilità di acqua e mantenevano questa memoria per oltre un giorno.
Avvalendosi di inibitori della sintesi proteica e studiando l’espressione di alcuni geni, i ricercatori hanno poi mostrato che la permanenza della risposta a distanza di 24 ore era a tutti gli effetti una forma di memoria a lungo termine che portava all’attivazione di neuroni localizzati in alcune aree specifiche del cervello. In particolare, una parte del cervello degli insetti è dato dai corpi fungiformi, che sono un paio di strutture simmetriche e bilaterali poste in profondità nel cervello e sono responsabili dell’integrazione delle informazioni sensorie e di vitale importanza per la formazione della memoria. Quello che l’equipe di Shyu ha mostrato è che apprendimento, memoria e breve e a lungo termine sono processi riconducibili a gruppi di neuroni ben diversi nel cervello del moscerino. Inoltre, a differenza di quanto riportato nelle api, in Drosophila la formazione della memoria a lungo termine non richiede necessariamente molteplici esperienze di apprendimento, ma anche eventi appresi in una singola sessione possono essere memorizzati.
Per spiegare i processi di memorizzazione spesso è usata la metafora della biblioteca o del disco rigido del computer, ma entrambe non sono particolarmente appropriate. Le ricerche oggi disponibili mostrano chiaramente che anche negli insetti l’apprendimento non è un passivo immagazzinamento, ma un processo attivo in cui aree diverse del cervello contribuiscono a diverse tipologie di memoria.
Per quanto piccolo sia il suo cervello, il moscerino della frutta è in grado di imparare comportamenti per ottimizzare la raccolta di acqua e cibo, può imparare ad attuare comportamenti che richiedono reazioni differenti a seconda del momento della giornata, può orientarsi nello spazio grazie a una regione del suo cervello che combina i riferimenti visivi del paesaggio e le informazioni che riguardano la posizione del proprio corpo. Se vi dovessero dire che avete il cervello grande come quello di un moscerino non prendetevela… è un cervello niente affatto male!
Riferimento bibliografico:
Shyu et al. (2017) Neural circuits for long-term water-reward memory processing in thirsty Drosophila. Nature Communications 8: 15230. doi:10.1038/ncomms15230
Immagine: By Jenett A, Schindelin JE, Heisenberg M. [CC BY 2.0], via Wikimedia Commons
Biologo e genetista all’Università di Modena e Reggio Emilia, dove studia le basi molecolari dell’evoluzione biologica con particolare riferimento alla citogenetica e alla simbiosi. Insegna genetica generale, molecolare e microbica nei corsi di laurea in biologia e biotecnologie. Ha pubblicato più di centosessanta articoli su riviste nazionali internazionali e tenuto numerose conferenze nelle scuole. Nel 2020 ha pubblicato per Zanichelli il libro Nove miliardi a tavola- Droni, big data e genomica per l’agricoltura 4.0. Coordina il progetto More Books dedicato alla pubblicazione di articoli e libri relativi alla teoria dell’evoluzione tra fine Ottocento e inizio Novecento in Italia.