Nuova luce sul Mostro di Tully

mostro di tully

Da decenni fonte di perplessità tra i paleontologi, il Mostro di Tully venne proposto come vertebrato nel 2016. Un team giapponese, tramite l’uso di tecniche di scanning 3d, fornisce un’interpretazione molto diversa.

Scoperto nel 1966, il Mostro di Tully (Tullimonstrum gregarium) è uno degli animali più bizzarri della preistoria. Fonte di infiniti grattacapi tra i paleontologi, la sua posizione tassonomica venne finalmente definita nel 2016, a 50 anni dalla sua scoperta, da un team di ricerca americano (Pikaia ne ha parlato qui). Lo studio poneva il Mostro di Tully tra i vertebrati, vicino ai ciclostomi (animali marini privi di mandibola, come le lamprede), utile per chiarire l’evoluzione dei primi vertebrati. Ma forse non è così. Ricercatori dell’Università di Tokyo, utilizzando tecniche di rendering 3d delle immagini, propongono una storia diversa. L’articolo, pubblicato sulla rivista Palaeontology, può essere consultato a questo link.

Una casa tassonomica per il mostro

Tullimonstrum gregarium venne scoperto nel 1966 da Francis Tully, un cercatore di fossili, nel contesto della Mazon Creek Lagerstätte, Illinois. Vissuto circa 300 milioni di anni fa, nel Carbonifero superiore, l’animale presentava una commistione di caratteri molto strana (ai nostri occhi), che gli hanno meritato l’appellativo “mostro”: lungo in media 15 centimetri, con un corpo affusolato, era dotato di una lunga “proboscide” terminante in una bocca a tenaglia, mentre i suoi occhi si trovavano alla fine di lunghe “antenne”. Nel corso degli anni ne sono stati trovati più di 300 esemplari, da cui il nome specifico “gregarium”.

La peculiare morfologia del Mostro di Tully ha provocato perplessità nella comunità paleontologica per decenni. Il già citato articolo del 2016, benché si proponesse di dare una collocazione tassonomica definitiva al fossile, non ha trovato grande consenso. Lo studio dell’Università di Tokyo si propone di smentirlo definitivamente, spostando Tullimonstrum tra gli invertebrati.

Un aiuto dalla tecnologia

A questo scopo sono stati studiati 153 esemplari fossili di Tullimonstrum gregarium e altri 74 animali fossili provenienti da Mazon Creek. Utilizzando uno scanner laser 3d sono state create mappe tridimensionali codificate a colori dei resti: in questo modo sono state rilevate micro irregolarità sulla loro superficie, mostrate tramite la variazione dei colori.

Low Res Tully Fig 2 3D

Il risultato della mappatura attraverso la tecnica descritta, spesso usata per studiare le impronte dei dinosauri. Immagine: Mikami 2022



È stata utilizzata anche la microtomografia ai raggi X per analizzare la “proboscide” dei Mostri di Tully.

Queste analisi hanno portato alla luce una quantità di caratteristiche che pregiudicano la collocazione di Tullimonstrum tra i vertebrati. La segmentazione del corpo del Mostro di Tully non è compatibile con i miomeri dei vertebrati (i miomeri sono dei segmenti di tessuto muscolare a forma di V o W che caratterizzano il corpo dei pesci), in quanto si estende alla regione preottica. Anche altre strutture, come il cervello trilobato, le cartilagini della testa e le pinne, si sono rivelate incompatibili con l’anatomia dei vertebrati. Inoltre gli stiletti dell’apparato buccale si sono rivelati morfologicamente diversi dai denti cheratinosi dei ciclostomi.

Il mistero continua

Benché l’appartenenza del Mostro di Tully ai vertebrati paia confutata, questo non vuol dire che sia possibile fornirgli una collocazione certa. Il meglio che si può fare è avanzare delle ipotesi. Al momento le opzioni più plausibili sono che si trattasse di uno stem group dei Chordata (cioè dotato di un antenato in comune ma che ha seguito una storia evolutiva separata), o che fosse un protostoma (cioè appartenente a un gruppo vastissimo di animali invertebrati, tra cui sono inclusi anche gli artropodi) con un’anatomia estremamente modificata.

Il Mostro di Tully probabilmente rimarrà un enigma tassonomico ancora per anni. La sua anatomia, così incredibilmente diversa da qualunque animale da noi conosciuto, ci ricorda come nella storia della vita sulla Terra siano esistiti organismi diversissimi, con adattamenti “sperimentali” che spesso si sono rivelati dei vicoli ciechi. Molti di questi probabilmente non si sono mai preservati come fossili, ma sarebbero essenziali per ricostruire il percorso dell’evoluzione.

Riferimenti: Tomoyuki Mikami, Takafumi Ikeda, Yusuke Muramiya, Tatsuya Hirasawa, Wataru Iwasaki. Three-dimensional anatomy of the Tully monster casts doubt on its presumed vertebrate affinities Palaeontology 2023. DOI: 10.1111/pala.12646

Immagine: Takahiro Sakono, 2022, via Eurekalert