Le origini (non più misteriose) degli Etruschi

Etruschi

Il DNA di 82 individui vissuti in Toscana, Lazio e Basilicata tra l’800 a.C. e il 1000 d.C. porta nuova luce sulle radici genetiche sia del popolo etrusco, che di quello italiano. Gli etruschi ebbero antenati provenienti dalla steppa, come la gran parte dei popoli europei

Nelle sue Naturales Quaestiones , Seneca scriveva così degli Etruschi, e del loro modo di pensare:

«Questa è la differenza tra noi e gli Etruschi […] noi crediamo che i fulmini siano provocati dallo scontro tra le nubi; essi ritengono che le nubi si scontrino al fine di provocare i fulmini. Infatti, poiché riconducono ogni cosa al divino, sono dell’opinione che le cose non abbiano un significato limitato al fatto di essere avvenute ma che accadano per portare un messaggio.»

Un popolo che cercava il volere divino nel cielo in tempesta, quanto nelle interiora degli animali; un popolo che ha costruito necropoli iscritte in una strana lingua, tuttora non perfettamente compresa. Questi aspetti, insieme alla nostra conoscenza spesso lacunosa, hanno contribuito ad avvolgere di mistero il nome degli Etruschi. Chi erano davvero?

Uno studio ha tentato di rispondere a questa domanda dal punto di vista genetico. Pubblicato su Science Advances, ha visto la collaborazione di un folto gruppo di ricercatori, facenti capo innanzitutto al Max Planck Institute di Jena e alle Università di Tubinga e di Firenze. Tra questi gli archeogenetisti Cosimo Posth, Maria Spyrou e Johannes Krause, già autori di numerose ricerche sui DNA antichi. Lo studio porta le firme anche dell’antropologo David Caramelli e del genetista delle popolazioni Guido Barbujani.

Gli studiosi hanno analizzato il DNA proveniente dalle ossa temporali e dai denti di 70 antichi individui rinvenuti nella zona tra l’Arno e il Tevere, nel cuore dell’antica Etruria (oggi compresa tra Toscana, Umbria e Lazio) e di 16 dalle Terme di Venosa (Potenza). Questi reperti coprono un intervallo temporale di quasi due millenni, dall’800 a.C. al 1000 d.C.: in questo modo, l’analisi dei ricercatori è partita dall’età del Ferro, ha abbracciato l’intera civiltà etrusca (salvo il suo primo secolo), è passata per la Repubblica e l’Impero dei romani ed è arrivata fino all’Alto Medioevo. Quest’ampia analisi ha evidenziato, tra le altre cose, che gli etruschi ebbero almeno parte della loro origine nella steppa.

Un lungo dibattito

Il dibattito sulle origini degli Etruschi è vecchio quasi quanto gli Etruschi stessi. Nel V secolo a.C., gli storici Erodoto ed Ellanico di Lesbo scrivevano che gli Etruschi erano venuti da est, dalle regioni greche o anatoliche affacciate sul Mar Egeo. Quattro secoli dopo, Dionigi di Alicarnasso sosteneva invece che fossero nativi del suolo italico. Su queste due tesi si continua a ragionare ancora oggi, con metodi aggiornati.

Già in passato, si era provato a confrontare il DNA mitocondriale degli antichi Etruschi con quello degli attuali toscani: lo studio aveva dato ragione a Dionigi di Alicarnasso, e identificato per gli Etruschi un’origine autoctona, con radici nella civiltà villanoviana. La comunità archeologica tendeva da tempo verso questa conclusione.

Mancava, però, uno studio in larga scala su genomi etruschi, oggi possibile grazie agli avanzamenti tecnologici che hanno reso le analisi di DNA antico sempre più comuni. La ricerca di Posth e colleghi ha fatto proprio questo, identificando un contributo dalle steppe nel DNA etrusco. Si tratta di una discendenza comune alla maggior parte dei popoli europei: dal 3000 a.C. circa, il patrimonio genetico di noi europei porta le tracce di una mescolanza con popoli provenienti dalle steppe pontico-caspiche, identificabili con la cultura di Jamna. Almeno nel DNA, quindi, gli Etruschi non erano poi così diversi dai loro vicini, cosa coerente con una loro origine autoctona.

Il sangue cambia, la lingua rimane

Se le origini degli Etruschi sembrano più chiare, rimane la questione della loro lingua. Una delle teorie più accreditate, che trova sostegno nei dati genetici, è che gli stessi popoli dalla steppa abbiano portato in Europa le prime lingue indoeuropee, da cui ‘discendono’ le nostre attuali. Qui sorge il problema: se questi popoli contribuirono a formare il popolo etrusco, e fecero diffondere le lingue indoeuropee, come mai la lingua etrusca era così diversa, e non indoeuropea?

“Gli Etruschi, così come i latini, portavano dentro di sé una componente genetica derivante da popolazioni che diffusero le lingue indoeuropee in Italia. Ciò nonostante, conservarono la loro identità culturale e linguistica” ha commentato per Pikaia Cosimo Posth. “Questo è simile al caso del popolo basco nella penisola Iberica, che tuttora parla una lingua non-indoeuropea. Lì, il processo di mescolamento genetico tra popoli autoctoni e popolazioni portatrici di lingue indoeuropee fu prolungato nel tempo, e forse la stessa cosa accadde in Etruria. Per poterlo confermare, avremmo bisogno di ottenere genomi antichi di individui dell’Italia centrale durante la precedente età del Bronzo e paragonarlo allo stesso processo di discontinuità genetica in altre regioni d’Europa.”

Quindi, secondo la teoria di Posth e colleghi, la lingua etrusca sarebbe già esistita all’arrivo graduale delle popolazioni dalle steppe, e avrebbe resistito al lento mescolarsi delle popolazioni.

I popoli dell’Italia nei secoli

L’analisi di questi antichi genomi ha tracciato una vera e propria storia delle popolazioni vissute in Italia, e di come siano cambiate nei secoli. Dall’800 all’1 a.C., gli individui analizzati avevano una discendenza omogenea (come abbiamo detto, con una certa componente dalle steppe): ciò significa che gli episodi di migrazione non avrebbero influito più di tanto a livello genetico, e che il retaggio etrusco si sia tramandato senza grandi intrusioni per quasi un millennio.

Dal primo secolo d.C., invece, il profilo genetico cambia, e mostra un contributo importante dalle regioni orientali del Mediterraneo, cosa riscontrata anche nelle popolazioni dell’antica Roma. Secondo i ricercatori, il motivo probabile sarebbe il movimento di schiavi e soldati all’interno dell’Impero (la variazione, infatti, ha riguardato in particolare i cromosomi Y: a spostarsi erano gli uomini, anche se non si può escludere un contributo femminile). Galeotto sarebbe stato anche l’Editto di Caracalla che, rendendo cittadini tutti gli abitanti dell’Impero, avrebbe facilitato le unioni tra diverse popolazioni.

L’ultimo grande cambiamento è avvenuto tra il 500 e il 1000 d.C., con la discesa in Italia di popoli germanici come i longobardi. Da allora, il patrimonio genetico in Italia centrale e meridionale sarebbe rimasto piuttosto stabile.

Nel 1983 Massimo Pallottino, primo etruscologo italiano, concluse un articolo su Le Scienze con la speranza che l’etruscologia andasse verso lo studio di una più larga ‘storia italica’, e alla comprensione degli etruschi nel loro contesto. Questa comprensione, oggi, sembra più vicina che mai.

 

Riferimenti:

Posth, C., Zaro, V., Spyrou, M. A., Vai, S., Gnecchi-Ruscone, G. A., Modi, A., …Krause, J. (2021). The origin and legacy of the Etruscans through a 2000-year archeogenomic time transect. Science Advances. Retrieved from https://www.science.org/doi/10.1126/sciadv.abi7673 

Immagine: teschi di una famiglia etrusca dal sito Casenovole (Grosseto), da cui provengono alcuni dei campioni analizzati nello studio, fotografia di Stefano Ricci (un altro coautore) via Università di Tubinga