Anche nei pesci lo sbadiglio è contagioso: lo dice la scienza

Si sbadiglia per noia, per svegliarsi, per stiracchiarsi e riattivare il sistema nervoso e motorio. A tutti è capitato di sbadigliare e indurre uno sbadiglio in un’altra persona, o di osservare e a sua volta replicare inconsciamente lo sbadiglio di qualcun altro. Probabilmente, anche leggendo queste righe, qualcuno incomincerà a sbadigliare (ma queste righe sono poche per attribuire la causa […]
Si sbadiglia per noia, per svegliarsi, per stiracchiarsi e riattivare il sistema nervoso e motorio. A tutti è capitato di sbadigliare e indurre uno sbadiglio in un’altra persona, o di osservare e a sua volta replicare inconsciamente lo sbadiglio di qualcun altro. Probabilmente, anche leggendo queste righe, qualcuno incomincerà a sbadigliare (ma queste righe sono poche per attribuire la causa dello sbadiglio alla lettura di un articolo noioso…).
Tutti abbiamo presente la natura contagiosa dello sbadiglio. Quale sia la funzione di questa contagiosità non è chiaro. Tuttavia, lo sbadiglio, risulta essere un meccanismo conservato in diverse specie lungo l’evoluzione.
Una recente ricerca scientifica condotta dall’Università di Pisa ha dimostrato, per la prima volta, che non solo i pesci possono sbadigliare ma che questo sbadiglio è contagioso, proprio come avviene negli esseri umani e in altri animali sociali. Lo studio, pubblicato in aprile su Communications Biology, evidenzia comportamenti “empatici” e di sincronizzazione sociale nei pesci zebrafish (Danio rerio), aprendo nuove prospettive sull’origine evolutiva dello sbadiglio e della sua funzione sociale.
Perché gli animali sbadigliano?
Da tempo è stata dimostrata la funzione termoregolatrice dello sbadiglio in animali endotermi (mammiferi e uccelli), cioè che sono in grado di mantenere costante la propria temperatura interna nonostante le variazioni esterne. In tal caso, si osserva una correlazione tra la grandezza del cervello e la durata dello sbadiglio. Ma lo sbadiglio lo osserviamo anche in specie eteroterme, cioè dipendenti dalle temperature esterne e prive di meccanismi metabolici utili a mantenere costante la temperatura interna. In pesci, anfibi e rettili lo sbadiglio potrebbe quindi avere funzioni diverse. Inoltre, anche se presente un meccanismo fisiologico riconducibile a uno sbadiglio, non in tutte le specie è presente il contagio, come succede nel gorilla, una specie cognitivamente complessa ed evolutivamente vicina a Homo sapiens. Come evidenzia la prof.ssa Elisabetta Palagi, etologa del dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa e prima autrice della ricerca, i gorilla anche se sociali non mostrano alti livelli di affiliazione tra i membri del gruppo.
“Confrontando le tre grandi scimmie filogeneticamente vicine all’uomo, troviamo che bonobo e scimpanzé si contagiano sbadigliando mentre, ad oggi, non sembra che il gorilla mostri questo comportamento. La differenza tra bonobo, scimpanzé e gorilla sta nella struttura sociale. I gorilla hanno una struttura sociale “ad harem”, vivono spazialmente vicini, con scarsi legami di tipo affiliativo e non praticano il grooming, non si si puliscono a vicenda, a differenza di scimpanzé e bonobo. Se un gorilla viene stimolato dalla vista di un conspecifico che sbadiglia si altera, lo prende come una minaccia.”
Questo può portarci a ipotizzare che il contagio dello sbadiglio si sia evoluto insieme alla socialità piuttosto che alle dimensioni e alla complessità del cervello. Di fatto, le dimensioni e la complessità del cervello di un pesciolino, come Zebrafish appunto, sono molto ridotte rispetto a un cervello umano. Eppure, nonostante le dimensioni e la distanza filogenetica, abbiamo qualcosa in comune.
Il caso, l’incontro, l’idea
Una comune giornata di fine inverno, il primo sole scaldava l’Orto Botanico dell’Università di Pisa, il più antico orto botanico universitario del mondo. Le temperature miti invitavano a stiracchiarsi al caldo dopo un lungo sbadiglio invernale e a riattivarsi, a cambiare abitudini, a cambiare prospettiva. La primavera rendeva gradevole prendere un caffè all’aperto, durante un pausa pranzo, tra una lezione e un esperimento di laboratorio con colleghi solitamente distanti, ognuno assopito nel proprio settore dipartimentale. L’etologa Elisabetta Palagi siede su una panchina. Sorseggia un caffè mentre legge la pubblicazione di un articolo divulgativo che parlava di un suo recente studio. Aveva pubblicato osservazioni e dati sui delfini che “sorridono” e lo studio aveva avuto successo anche tra i non addetti ai lavori. Un sorriso e un ciao Elisabetta l’avevano distratta. Alza lo sguardo dal pc, posa il caffè.
“Ciao Massi! siediti pure, è libero.” Massimiliano Andreazzoli, professore presso il dipartimento di Biologia dello Sviluppo dell’ Università di Pisa si accomoda appoggiando sulla panchina il contenitore con il pranzo.
“A quest’ora e con questo tempo siamo tutti all’aria aperta.” commenta il prof. “È piacevole e questo sembra essere l’unico posto a sedere rimasto. Oggi è talmente affollato che sembriamo un banco di zebrafish.”
La prof.ssa Palagi sorride:
“a proposito di zebrafish, ho letto i tuoi ultimi lavori sul processo di differenziamento dei fotorecettori e sui geni coinvolti nell’autismo.. Incredibile quanto un pesciolino così apparentemente distante da noi possa fornire dati molto vicini su un ampio spettro di fenomeni”
“Si. In effetti è un modello molto versatile” ribatte Andreazzoli dimenticandosi del pranzo sul tavolino “e in realtà, anche se apparentemente distante, condivide con noi circa il 70% del genoma.”
La prof.ssa Palagi quasi di scatto risponde accennando un sorriso, ma con gli occhi molto seri:
“È vero, siamo tutti un po’ pesci!”
Il prof. Andreazzoli sorride a sua volta e conferma:
“sì, è molto utile per lo studio dei meccanismi molecolari che stanno alla base dello sviluppo e del differenziamento cellulare umano”
Quasi interrotto dalla prof.ssa Palagi, che a questo punto incalza come se un’improvvisa novità fosse apparsa al suo sguardo:
“ma forse utile anche per studiare i meccanismi sociali, forse, oltre al 70% del genoma, condivide altro”
“cosa intendi?”
“Al momento coordino il lavoro di una dottoranda del mio laboratorio. Sta studiando il contagio dello sbadiglio nei cavalli. Sembra avere una funzione di sincronizzazione motoria. Sembra essere un comportamento caratteristico di specie altamente sociali. I pesciolini zebrati che utilizzi come modello per gli studi molecolari di biologia dello sviluppo, sono animali sociali?”
“Molto. si muovono in banchi e le interazioni sono molto complesse affinchè si possa raggiungere una sincronizzazione tale da permettere al gruppo di muoversi all’unisono. Sono presenti forme di comunicazione. Addirittura, per meglio dire, se un loro simile è spaventato, e lo vedono, si spaventano a loro volta.
“Noi etologi sappiamo che lo sbadiglio ha funzione di termoregolazione negli animali endotermi. Ma non conosciamo altre funzioni, come quelle possibili in un contesto sociale. Possiamo solo ipotizzare. Zebrafish potrebbe essere un buon modello per iniziare a comprendere di cosa si tratta, chissà se sbadiglia. E se sbadiglia, chissà se è contagioso così come accade nei bonobo o negli esseri umani. Sarebbe il primo caso mai osservato di sbadiglio e di contagio in una specie eteroterma, e stabilirebbe l’origine dello sbadiglio e del contagio a 200 milioni di anni fa”
Il prof. Andreazzoli seguiva la riflessione. Da studioso di pathway molecolari di sviluppo e differenziamento cellulare certo non poteva pensare ad una simile ipotesi, ma poteva fornire i modelli per verificarla. Avvicina la posata al piatto, incuriosito e divertito, segue questa nuova prospettiva di collaborazione. Alla fine, si rivolge alla prof.ssa Palagi:
“le vasche e i pesciolini sono a tua disposizione”.
Sbadiglio o respiro?
Fisiologicamente lo sbadiglio differisce da un semplice gesto respiratorio. Si possono individuare tre fasi distinte e con tempi di esecuzione relativamente definiti. Una prima fase di lenta apertura della bocca, una fase di massimo allungamento, seguita da un’ultima fase di rapida chiusura della bocca.
Per comprendere se si trattava di un respiro o di uno sbadiglio ogni volta che i pesci aprivano la bocca, due ricercatori hanno analizzato le riprese video separatamente. Confrontando 136 sbadigli ripresi, hanno osservato una forte corrispondenza con il gesto motorio di altri vertebrati. Tuttavia per avere il massimo grado di oggettività, e discriminare con estrema precisione lo sbadiglio dal gesto respiratorio, i video sono stati analizzati attraverso un sistema di intelligenza artificiale progettato dal professore Donato Romano, esperto di robotica bioispirata, e Gianluca Manduca, dottorando presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Spiega la dott.ssa Palagi:
“Le riprese del gesto motorio sono state suddivise in undici fotogrammi. Il fotogramma centrale inquadrava l’apertura massima della bocca. A questo fotogramma si aggiungevano i cinque precedenti di apertura della bocca e cinque successivi di chiusura. L’analisi di confronto dava percentuali altissime di “concordanza” evidenziando difatto un movimento stereotipato classificabile come sbadiglio. Lo schema motorio era molto simile a quello registrato in altri vertebrati”
Prosegue la dott.ssa Palagi:
“Inoltre l’apertura della bocca era accompagnata da una sorta di pandiculazione (stiracchiamento simultaneo di muscoli e articolazioni), simile a quando noi umani ci stiracchiamo. Si poteva osservare un abbassamento della coda e uno stiramento delle pinne dorsali e ventrali. E così come quando in seguito ad uno sbadiglio ed uno stiracchiamento noi ci attiviamo e cambiamo posizione corporea, anche i pesci cambiavano improvvisamente direzione del nuoto.”
Si sbadiglia insieme
A questo punto, osservato lo sbadiglio, restava da verificare se ci fosse contagio oppure no. Dopo aver addestrato l’intelligenza artificiale a riprodurre lo sbadiglio dei pesci precedentemente ripreso, sono stati creati dei video sperimentali e di controllo. I pesci sono stati isolati. Ad un pesce alla volta venivano proiettati i video e, incredibilmente, il pesce sbadigliava molto di più quando aveva accesso ad un video sperimentale contenente la serie di sbadigli.
Racconta il prof. Andreazzoli:
“Abituato alle classiche analisi molecolari, osservare questi dati è stato a dir poco sorprendente. Per la prima volta si dimostrava non solo lo sbadiglio, ma anche la presenza del contagio in una specie eteroterma. Sicuramente indagini future cercheranno di comprendere la fisiologia e la biologia molecolare di questo comportamento. Al momento le correlazioni tra il comportamentale ed il molecolare sono sconosciute, è un bel gap e siamo solo all’inizio.”
Evoluzione ed empatia
Ci troviamo all’inizio anche di nuovi interrogativi riguardanti l’origine e l’evoluzione dello sbadiglio e del contagio. Soprattutto per quanto riguarda il contagio. Se si considera che lo zebrafish ha circa 200 milioni di anni di storia evolutiva, dunque lo sbadiglio e il contagio nascono con esso, 200 milioni di anni fa. Tuttavia, specie con un’origine più recente come il gorilla, hanno perso la caratteristica del contagio. Le teorie possibili sono due: un’origine comune con perdita del carattere in alcune specie, oppure un caso di evoluzione convergente con origini indipendenti su linee evolutive differenti. Possiamo però descrivere alcuni dei vantaggi evolutivi ipotizzabili, dovuti allo sbadiglio e al contagio.
I vantaggi sono: allineare i comportamenti, aumentare lo stato di vigilanza, sincronizzare un gruppo dal punto di vista motorio, creare empatia. Funzioni che permetterebbero maggiore possibilità di sopravvivenza, basti pensare alla difesa dai predatori, e maggiore successo riproduttivo in coerenza con una forte coesione sociale. In sintesi, l’empatia necessaria per sopravvivere. Spiega la dott.ssa Palagi
“Il contagio emotivo – una forma base di empatia – lungi da essere un fenomeno culturale, è prima un fenomeno biologico, fisiologico basato sullo stimolo, sulla percezione e sul riconoscimento dello stimolo attraverso l’imitazione inconscia del comportamento. Si crea così una risonanza motoria ed una condivisione emotiva che sostengono dinamiche collaborative all’interno del gruppo sociale”
Concludono i due ricercatori
“In maniera del tutto speculativa, è molto probabile che lo sbadiglio e il contagio abbiano seguito dinamiche evolutive strettamente connesse allo sviluppo della socialità piuttosto che allo sviluppo della complessità cerebrale. Da questo punto di vista siamo simili ai pesci. In fondo, non c’è bisogno di essere filosofi per rispondere allo sbadiglio altrui”
Riferimenti:
Galotti, A., Manduca, G., Digregorio, M., Ambrosini, S., Romano, D., Andreazzoli, M., & Palagi, E. (2025). Diving back two hundred million years: yawn contagion in fish. Commun. Biol., 8(580), 1–9. doi: 10.1038/s42003-025-08004-z
Immagine: fornita dagli autori

Biologo molecolare, ha svolto attività di ricerca per un breve periodo pubblicando su importanti riviste di settore. Attirato dalla comunicazione ha lavorato per aziende farmaceutiche e infine ha trovato la sua consona espressione nell’insegnamento e nella divulgazione scientifica. Per certificare le competenze di divulgazione ho svolto un corso con Feltrinelli con docenti S.I.S.S.A. Scrive di scienza in diversi ambiti.