Lo studio del polline fossile ridisegna la portata della Peste Nera in Europa
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L’analisi di pollini fossili provenienti da 19 paesi europei ha dimostrato che la peste nera non colpì tutte le regioni del vecchio continente, ma si diffuse a macchia di leopardo. I risultati sono pubblicati sulla rivista Nature Ecology and Evolution
Tuttavia una recente ricerca della Sapienza e del Max Planck Institute for the Science of Human History, pubblicata sulla rivista Nature Ecology and Evolution, confuta le ricostruzioni storiche passate e dimostra che la mortalità della Peste Nera in Europa non è stata dappertutto così elevata. La sua diffusione nel vecchio continente sarebbe infatti avvenuta a macchia di leopardo, colpendo duramente alcune regioni e in misura minore delle altre.
A questi risultati i ricercatori sono arrivati grazie all’analisi del polline fossile proveniente da 261 siti (laghi, torbiere e paludi) in 19 Paesi dell’Europa. Lo studio del polline ha consentito di comprendere i cambiamenti nei paesaggi e nelle attività agricole intercorsi tra il 1250 e il 1450 d.c., cioè 100 anni prima e 100 anni dopo la pandemia.
Il team internazionale di studiosi guidato dal gruppo Paleo-Science and History del Max Planck Institute for the Science of Human History e coordinato da Alessia Masi, ricercatrice del Dipartimento di Biologia ambientale e dallo storico Adam Izdebski, ha utilizzato un nuovo approccio, chiamato Big-data paleocology (BDP).
Il gruppo di ricerca ha analizzato 1634 campioni contenenti polline per osservare le tipologie e quantità di piante cresciute, nonché determinare l’entità delle attività agricole e della presenza di piante spontanee prima e dopo la pandemia. Infatti, lo sfruttamento del territorio dovuto alle attività agricole e di diboscamento in epoca preindustriale dipendeva dalla disponibilità di forza lavoro: terreni molto coltivati attestano la presenza di popolazioni consistenti; al contrario aree incolte ne dimostrano l’assenza.
Dai risultati emerge una grande variabilità nell’uso del territorio e quindi nei tassi di mortalità. In particolare, regioni come la Scandinavia, la Francia, la Germania sud-occidentale, la Grecia e l’Italia centrale presentano un forte declino agricolo a riprova degli alti tassi di mortalità già attestati in numerose fonti medievali. Al contempo, molte aree, tra cui gran parte dell’Europa centrale e orientale e dell’Europa occidentale come l’Irlanda e la penisola iberica, hanno registrato una continuità se non addirittura una crescita nelle attività sul territorio.
La ricerca dimostra che, per studiare il tasso di mortalità in una specifica regione e misurare il cambiamento dei paesaggi, è importante utilizzare nuovi approcci, come ad esempio la BDP.
Finora, molte delle fonti utilizzate per quantificare il fenomeno provenivano da aree urbane dove era certamente più facile raccogliere informazioni e tenere registri ma che allo stesso tempo si caratterizzavano per affollamento e scarse condizioni igieniche. Tuttavia, verosimilmente, a metà del XV secolo, più del 75% della popolazione in ogni regione europea era rurale.
“La significativa variabilità nella mortalità che il nostro approccio BDP identifica rimane da spiegare, ma i contesti culturali, demografici, economici, ambientali e sociali locali devono aver influenzato la prevalenza, la morbilità e la mortalità data da Y. pestis”, afferma Laura Sadori, coautrice dello studio insieme a Cristiano Vignola del Dipartimento di Biologia ambientale e a Lucrezia Masci del Dipartimento di Scienze della Terra.
Le differenze nella mortalità in Europa evidenziano che la Peste Nera era una malattia dinamica, con fattori culturali, ecologici, economici e climatici che influivano sulla sua diffusione e sul suo impatto.
“Non esiste un unico modello di pandemia che possa essere applicato a qualsiasi luogo, in qualsiasi momento, indipendentemente dal contesto”, sostiene Adam Izdebski che aggiunge “Le pandemie sono fenomeni complessi che hanno storie regionali e locali. Abbiamo visto questo con COVID-19, ora lo abbiamo dimostrato con la Peste Nera”.
Riferimenti:
Izdebski, A., Guzowski, P., Poniat, R., Masci, L., Palli, J., Vignola, C., …Masi, A. (2022). Palaeoecological data indicates land-use changes across Europe linked to spatial heterogeneity in mortality during the Black Death pandemic. Nature Ecology & Evolution, 1–10. doi: 10.1038/s41559-021-01652-4
Immagine: una miniatura della metà del XIV secolo illustra la sepoltura dei morti di peste a Tournai (belgio); Pierart dou Tielt (fl. 1340-1360), Public domain, attraverso Wikimedia Commons
Fonte: Comunicato stampa università Sapienza