Piceni: un popolo dal genoma cosmopolita

Museo Archeologico Nazionale delle Marche pettorale da Numana

Le analisi sul DNA antico di individui vissuti in centro Italia dall’età del Ferro alla caduta dell’impero Romano hanno permesso di ricostruire l’origine, gli intrecci, gli sviluppi di 1000 anni di storia della penisola Italica, in equilibrio tra identità e globalizzazione

I Piceni. Definiti da Plinio il Vecchio “il popolo del picchio”, definiti da Massimo Pallottino nel 1975 “un fantasma”. Giocando a intrecciare le definizioni ci si rispecchia in un totem dal significato nascosto, in un mistero, in qualcosa di limitatamente osservabile, solo parzialmente comprensibile.

Grazie all’analisi del DNA antico, “il fantasma” viene svelato e si aggiungono nuovi significati al “totem” rappresentante la storia del popolo. Ce ne parla la dottoressa dott.ssa Eugenia D’Atanasio, Cnr-Ibpm, tra le autrici di uno studio internazionale sui Piceni pubblicato Genome Biology. Lo studio è stato coordinato da Sapienza Università di Roma e Cnr-Ibpm e guidato da Beniamino Trombetta, professore del dipartimento di biologia e biotecnologie di Sapienza, Università degli studi di Roma.

“Abbiamo cominciato a studiare questa popolazione dell’età del Ferro, che è particolarmente importante. Forse è un po’ meno nota rispetto ai romani e agli etruschi, ma in realtà ha una cultura materiale molto ricca e interessante. La necropoli di Novilara, da cui poi noi abbiamo preso i nostri individui, è una tra le più studiate, più caratterizzate in Italia centrale. Nonostante il forte interesse rimanevano ancora misteriose le origini, gli intrecci, le relazioni con altre popolazioni dei Piceni. Grazie alle possibilità offerte dal DNA antico, abbiamo cominciato l’analisi di questi resti ossei, per un totale di 71 campioni. L’idea era di capire le origini e i legami dei Piceni con le altre popolazioni durante l’età del Ferro. Età caratterizzata da un’estrema ricchezza culturale. Volevamo capire inoltre, se la diversità culturale fosse rispecchiata dalla diversità genetica.”

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Ubicazione dei siti analizzati in questo studio. A sinistra, una mappa dell’Italia con l’area picena evidenziata in rosso. A destra, l’ingrandimento dell’Italia centrale che mostra la posizione, il periodo e il numero di campioni per ciascuna necropoli analizzata in questo studio. Immagine: dalla pubblicazione

Le origini, tra somiglianze e differenze

Analizzando il genoma, si nota che le differenze rispecchiano solo in parte la ricchezza culturale, indicando ipoteticamente un’origine comune a tutte le popolazioni del centro Italia e una variegata rete di scambi. Spiega la ricercatrice:

“Altri studi dell’età del Ferro italiana mostrano che questa diversità culturale non era necessariamente accompagnata da diversità genetica. Dopo un confronto dei nostri dati con i dati già pubblicati vediamo che Piceni, Etruschi, Romani appartengono allo stesso background genetico. Questo può essere dovuto a due fattori concomitanti: un’origine comune dalle popolazioni precedenti all’età del Ferro, quindi dell’età del bronzo, che si sono evolute nelle culture dell’età del ferro e scambi genetici tra le popolazioni. Ad esempio si vede anche con gli Etruschi che pur mantenendo una lingua al momento definita non indo-europea, diversa dalle altre popolazioni, mantengono però una certa omogeneità con i loro contemporanei. Quindi diciamo, il substrato genetico è lo stesso e le differenze che ci sono si riducono su piccola scala, localizzate.”

Tuttavia le popolazioni sono dinamiche. Si muovono, si intrecciano, interagiscono, lasciando traccia nei geni. Piccole differenze possono raccontare dettagli significativi. Prosegue la dott.ssa D’Atanasio:

“Di fronte ad una certa omogeneità genetica che può indicare un’origine comune si osserva anche una certa diversità, dovuta alle dinamiche di popolazione avvenuto nel tempo. Quello che noi vediamo è che sulla parte Adriatica della penisola italiana c’è una maggiore proporzione di una componente genetica originaria delle steppe e del Caucaso rispetto alla parte Tirrenica. Probabilmente si può spiegare con due scenari, che non si escludono a vicenda. Durante l’Età del Bronzo, questa componente è arrivata probabilmente entrando dalle Alpi orientali, è scesa in Italia diffondendosi in tutta la penisola italiana. Però si è diffusa più facilmente nella parte in cui non ha dovuto scavalcare le montagne, gli Appennini. Altra ipotesi altrettanto valida sostiene che l’aumento della componente delle Steppe arrivi dall’Adriatico. Date le ridotte dimensioni dell’Adriatico, i movimenti da una sponda all’altra erano abbastanza facili e questo viene anche supportato dalle evidenze archeologiche, perché si ritrovano beni materiali che sono chiaramente di origine balcanica.”

È quindi probabile che si verificassero scambi commerciali, culturali e genetici. Una proporzione maggiore di questa componente delle steppe si sia aggiunta a una presenza originaria attraverso scambi con i Balcani, dove questa componente era già presente in proporzioni maggiori.

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Scenari proposti per l’evoluzione genetica dell’età del ferro italica. Le differenze osservate tra le popolazioni adriatiche e tirreniche dell’età del ferro italica, principalmente rappresentate da diverse proporzioni di ascendenza legata alla cultura Yamnaya (colore blu nei grafici a torta), potrebbero essere spiegate da due scenari: (1) arrivo differenziato dell’ascendenza Yamnaya (frecce blu); (2) connessione genetica transadriatica (frecce rosse). I gradienti verdi indicano l’area ipotetica di origine degli individui con diverse ascendenze genetiche identificate tra le popolazioni dell’età del ferro. Immagine: dalla pubblicazione

Roma: la globalizzazione che integra le differenze

Durante l’età imperiale le barriere e le differenze hanno assunto toni più sfumati, ma non sono scomparse. Se da un alto si nota un attenuarsi tra la sponda Tirrenica e Adriatica in favore di una omogeneizzazione genetica, dall’altro si evidenzia un vero e proprio cambio di rotta, uno spostamento verso la genetica del medio oriente di tutta la popolazione della penisola. Quasi una sistematica integrazione.

Dopo la conquista romana si vede quello che noi chiamiamo uno shift verso il Medio Oriente. Dal punto di vista genetico i motivi di questo shift sono ancora oggetto di dibattito. Questo shift si mantiene tale anche dopo la caduta dell’Impero romano finché poi con il Medioevo, si osserva piano piano un nuovo shift verso l’Europa centrale dovuto all’arrivo delle popolazioni germaniche. Quindi questa è la macro struttura osservabile anche sul versante Adriatico nel periodo post romano, grazie alla nostra necropoli di Pesaro che è successiva alla caduta dell’Impero. Quello che noi osserviamo, anche in confronto agli studi già pubblicati, è che con la romanizzazione questo shift non si limita alla capitale dell’Impero, ma è abbastanza omogeneo in tutta la penisola. Questo è dovuto a diversi motivi, incluso anche il fatto che veniva promossa un’ immigrazione dalle province mediorientali.”

Parallelamente compare un’altissima variabilità all’interno dei singoli siti. Tendenza già presente prima della romanizzazione che acquista nel tempo un carattere più ampio, tipico di ogni società aperta, cosmopolita.

“La variabilità a quel punto è diventata molto più forte all’interno dei singoli siti. Si nota dalle analisi una componente omogenea di fondo derivante dal medioriente, ma ogni centro presenta una variabilità elevata Una tendenza già in corso che assume carattere “sistemico” con le vie, i commerci, le rotte, le strade, gli scambi dell’Impero Romano. Un impero ricco di centri cosmopoliti.”

Cosmopoliti prima di Roma

A confermare la tendenza cosmopolita pre-romana delle piccole società, come i Piceni, alcuni individui che sono geneticamente distinti dal resto della popolazione, ma presenti in quel territorio, molto probabilmente arrivati “dall’estero”.

“Possiamo osservare dalle analisi che alcuni individui non ricadono nei parametri comuni ai Piceni, ma hanno un profilo genetico diverso. Seppur presenti e ritrovati in territorio Piceno, non appartengono geneticamente alla popolazione. Le origini probabili sono diverse, dalla Sardegna, al Nord Africa, al centro Europa. Da tutto il mondo conosciuto all’epoca. Queste analisi confermano la presenza di una vasta rete di scambi commerciali e di una mobilità costante di individui attraverso il Mediterraneo.Le popolazioni pre-romane tra cui i Piceni erano sicuramente società aperte al mondo, non richiuse su se stesse. Tutto il mondo poteva incontrarsi in un piccolo centro, cosmopolita, ancor prima della globalizzazione romana.”

Globalizzazione di ieri e di oggi

Ipotizzando un confronto storico alla luce delle nuove possibilità d’analisi genetica, la dott.ssa D’Atanasio conclude:

Gli studi su DNA antico dimostrano chiaramente l’alta mobilità degli individui Italiani ed oserei dire, Europei. Dimostrano chiaramente una mescolanza tra individui, anche distanti tra loro. Gli individui nel corso della storia si sono mossi e messi in relazione, da sempre. Diverse sono le conclusioni dal punto di vista culturale perché risulta più difficile distinguere un processo di integrazione da un processo di dominazione. Quanto questi scambi siano avvenuti più o meno pacificamente possono dirlo i documenti storici, non la genetica. Ma se dovessi comunque concentrarmi su un messaggio dato dalla genetica nella storia, mi concentrerei su come siano complementari i concetti apparentemente opposti di locale e globale, di diversità e somiglianza, di omogeneità e diversità, di identità e estraneità, di confine e apertura. La genetica mette in evidenza come l’equilibrio di queste tendenze apparentemente opposte abbia plasmato le popolazioni nel corso della storia, senza escluderle in contrapposizione, ma convivendo le une nelle altre.

Nell’equilibrio di spinte diverse, di tendenze opposte, sovrapposte le une sulle altre, come un totem dai significati eterogenei, sembra definirsi una visione uniforme per affrontare una complessità ricca di fantasmi da svelare.

Riferimenti:

Ravasini, F., Kabral, H., Solnik, A., de Gennaro, L., Montinaro, F., Hui, R., …Trombetta, B. (2024). The genomic portrait of the Picene culture provides new insights into the Italic Iron Age and the legacy of the Roman Empire in Central Italy. Genome Biol., 25(1), 1–27. doi: 10.1186/s13059-024-03430-4

Immagine in apertura: Pettorale piceno proveniente da Numana ed esposto all’Antiquarium statale di Numana. Scansione della foto pubblicato nel 1976 nella guida di Roberto Vighi L’Antiquarium di Numana, edito da Longo. Pubblico dominio, via Wikimedia Commons