Sempre più DNA virale in quello umano
Altri 19 frammenti di DNA retrovirale si aggiungono a quelli già noti costituire il genoma umano
Il genoma umano si configura sempre più come una chimera di DNA provenienti da altre specie. La Dott.ssa Wildshuttle e il suo gruppo di ricercatori della University of Michigan Medical School hanno infatti esaminato il DNA di uno vasto campione di individui (circa 2500 genomi umani differenti) provenienti da varie parti del mondo, rilevando frammenti di DNA retrovirale antico in circa il 50% di essi. In particolare, tramite sofisticate tecniche di analisi molecolare, è stato possibile confrontare ognuno di questi genomi con un genoma umano “di riferimento”, e determinare che alcuni tratti del genoma umano sarebbero di origine retrovirale.
I frammenti di DNA esogeno in questione sarebbero ben 19 e apparterrebbero ad antichi retrovirus HERVs. Nel complesso, la porzione di DNA umano di origine virale sale all’8%. La diffusione di questi retrovirus all’interno del genoma umano sarebbe avvenuto in seguito all’inserimento del DNA virale in quello dell’ospite, come sempre accade per questi virus. I retrovirus utilizzano infatti l’apparato replicativo dell’ospite per moltiplicarsi. È possibile che nel corso dell’evoluzione, i retrovirus HERVs abbiano acquisito alcuni tratti vantaggiosi per l’ospite, che li avrebbe quindi mantenuti all’interno del proprio genoma. Sembra infatti che in alcuni casi le sequenze combinate di HERVs abbiano svolto un preciso ruolo adattativo, tra cui la protezione del feto durante la gravidanza dalla penetrazione di pericolose tossine.
Lo studio, pubblicato su PNAS, ha inoltre rilevato l’intero genoma virale del “provirus Xq21”, rinvenuto intero dai ricercatori nel cromosoma X. Xq21 pare essere solamente il secondo genoma virale intero presente all’interno del DNA umano. Ancora non è possibile determinare se Xq21 possa riprodursi all’interno del genoma umano, ma altri studi hanno precedentemente confermato la possibilità di influenza di retrovirus simili sugli esseri umani che li possiedono nel proprio DNA.
Riferimenti:
Discovery of unfixed endogenous retrovirus insertions in diverse human population. Julia Halo Wildschuttea, Zachary H. Williamsb, Meagan Montesionb, Ravi P. Subramanianb, Jeffrey M. Kidda,c, and John M. Coffinb. Pnas, Published Online: 21 March 2016.
Immagine: Marie Dewannieux et al.
I frammenti di DNA esogeno in questione sarebbero ben 19 e apparterrebbero ad antichi retrovirus HERVs. Nel complesso, la porzione di DNA umano di origine virale sale all’8%. La diffusione di questi retrovirus all’interno del genoma umano sarebbe avvenuto in seguito all’inserimento del DNA virale in quello dell’ospite, come sempre accade per questi virus. I retrovirus utilizzano infatti l’apparato replicativo dell’ospite per moltiplicarsi. È possibile che nel corso dell’evoluzione, i retrovirus HERVs abbiano acquisito alcuni tratti vantaggiosi per l’ospite, che li avrebbe quindi mantenuti all’interno del proprio genoma. Sembra infatti che in alcuni casi le sequenze combinate di HERVs abbiano svolto un preciso ruolo adattativo, tra cui la protezione del feto durante la gravidanza dalla penetrazione di pericolose tossine.
Lo studio, pubblicato su PNAS, ha inoltre rilevato l’intero genoma virale del “provirus Xq21”, rinvenuto intero dai ricercatori nel cromosoma X. Xq21 pare essere solamente il secondo genoma virale intero presente all’interno del DNA umano. Ancora non è possibile determinare se Xq21 possa riprodursi all’interno del genoma umano, ma altri studi hanno precedentemente confermato la possibilità di influenza di retrovirus simili sugli esseri umani che li possiedono nel proprio DNA.
Riferimenti:
Discovery of unfixed endogenous retrovirus insertions in diverse human population. Julia Halo Wildschuttea, Zachary H. Williamsb, Meagan Montesionb, Ravi P. Subramanianb, Jeffrey M. Kidda,c, and John M. Coffinb. Pnas, Published Online: 21 March 2016.
Immagine: Marie Dewannieux et al.