The Tale of Tal: intervista agli autori
Vita, morte e lotta per la sopravvivenza. Questi sono i temi trattati in The Tale of Tal, un fumetto muto che racconta la storia di un Neanderthal e un orso delle caverne nella steppa a mammut del Pleistocene. Ne parliamo in questa conversazione con gli autori Gianpaolo di Silvestro e Luca Vergerio
La preistoria rappresenta il periodo più ampio nella storia dell’uomo, eppure è probabilmente il meno rappresentato di tutti all’interno dei media. Ad arricchire questo novero, è in arrivo The Tale of Tal (da qui in poi abbreviato in TTOT), un fumetto muto realizzato col patrocinio di Pikaia. In TTOT la comunicazione scientifica accurata e documentata si fonde con la narrazione, scendendo a volte a compromessi che però l’aiutano a svolgere al meglio il suo ruolo divulgativo. Questo e altro sono stati gli argomenti di una conversazione con gli autori: il Dr. Gianpaolo di Silvestro, paleontologo e curatore della documentazione scientifica, e Luca Vergerio, illustratore e fumettista che si è occupato della parte artistica e narrativa.
Com’è nato TTOT?
Gianpaolo: Partiamo dalla genesi: il bisogno di realizzare un prodotto comunicativamente efficace, semplice, ma allo stesso tempo in grado di raccontare qualcosa di scientificamente valido. I Neanderthal sono i nostri cugini, è una tematica molto facile da presentare al grande pubblico. Durante la pandemia, io e Luca ci siamo sentiti e abbiamo deciso di fare qualcosa. Luca: L’idea base era di creare un fumetto per raccontare la scienza. Valutando gli argomenti abbiamo deciso che i Neanderthal erano un dei modi più semplici per arrivare al grande pubblico. Gianpaolo: Uno dei primi problemi che abbiamo affrontato è la domanda: cosa raccontiamo? L’era glaciale è sì Neanderthal e lotta per la sopravvivenza, ma anche Megaloceros, mammut, orso delle caverne e così via; ci pareva bello raccontare una storia d’interazione con il mondo ostico dell’epoca. E, dato che sia gli umani che Ursus spelaeus erano specie frequentatrici di grotte, la scelta dell’orso come co-protagonista ci è parsa molto più logica rispetto a un mammut. Io e Luca abbiamo passato letteralmente delle settimane a discutere di queste cose.
L’Uomo di Neanderthal riesce sempre ad affascinare il pubblico. Così vicino a noi a livello evolutivo, pur senza essere un nostro antenato diretto; senza contare che ha convissuto con la nostra specie, in Europa, per alcune migliaia di anni. Di questa convivenza però avete deciso di non parlare in TTOT, come mai? Luca: Da un punto di vista narrativo non sarebbe servito a nulla. In TTOT ci sono le storie di un uomo di Neandethal e di un orso delle caverne. La convivenza con Homo sapiens, benché interessante a livello scientifico, per il lettore sarebbe stata solo un’aggiunta che avrebbe complicato le cose senza portare avanti la storia. Gianpaolo: L’aggiunta di Homo sapiens, anche solo nella vignetta finale, come avevamo ipotizzato a un certo punto, avrebbe significato infilarci in un ginepraio. Intanto si sarebbe trattato di una quantità enorme di documentazione scientifica in più, inoltre si rischiava di far passare il messaggio, errato, che i Sapiens fossero più moderni rispetto ai Neanderthal. Questo non vuol dire che io e Luca non abbiamo usato qualche escamotage narrativo: ad esempio, in una scena l’orso delle caverne pesca salmoni come farebbe un grizzly moderno. Non sappiamo se lo facesse davvero, si tratta di un ragionamento puramente speculativo, ma dovevamo fargli fare qualcosa che rappresentasse la lotta per la sopravvivenza. Il senso era mettere a confronto due specie, l’essere umano e l’orso, nel percorso della loro vita: nascere, crescere, riprodursi e morire, un sistema lineare che accomuna un po’ tutti gli esseri viventi. Hai appena accennato alla presenza di elementi speculativi e puramente immaginati all’interno del fumetto: quanti sono questi elementi? Quanto c’è di immaginato rispetto allo scientificamente documentato? Gianpaolo: Abbiamo cercato di fondere due tipi di conoscenze diverse. Siamo partiti dall’aspetto artistico e comunicativo, quindi dallo storyboard di Luca, e per ogni vignetta scritta da Luca io facevo da revisore, anche se è un brutto termine. Per esempio, in una scena il piccolo orso gioca con una farfalla e sorride, cosa che ovviamente è inventata. La mente scientifica dice che l’orso non può avere un’espressione, quella creativa invece dice di sì, altrimenti il fumetto si trasforma in un documentario. Abbiamo cercato di bilanciare proprio questo: quando la storia progrediva, andavo a inserire fisicamente riferimenti scientifici. Il Neanderthal pescava? Sì, abbiamo dei siti dai quali si evince che utilizzasse la pesca come mezzo di sostentamento. Dopodiché, se pescasse salmoni, trote o lucci, è difficile da dire. Ma come pescava? Noi non lo sappiamo. Gli abbiamo dato un arpione tridentato. È possibile? Sì. Plausibile? Sì. Certo? No, e probabilmente non potremo saperlo mai, ma in qualche modo noi nella storia dovevamo farlo pescare. Sappiamo che utilizzavano il salice piangente, quindi lo abbiamo inserito anche se la storia si svolge in un ambiente pedemontano dove quell’albero normalmente non crescerebbe. Bisogna saper bilanciare. È anche per questo che Luca ha avuto l’idea geniale di ambientare la storia in una valle immaginaria, senza darle riferimenti geografici di alcun tipo. Un mondo totalmente immaginato, sul quale poi vengono attaccate tutta una serie di conoscenze scientifiche che lo rendono plausibile. Un’altra genialata pensata tutta da Luca è stata quella di fornire di cicatrici simili i due protagonisti, l’orso e l’umano, anche come modo per distinguerli dagli altri personaggi, visto che non parlano. Luca: È una cosa che si fa in qualunque fumetto. È il motivo per cui il protagonista di un fumetto va sempre in giro con gli stessi vestiti. Sono un sistema visivo di identificazione. Poi, naturalmente, c’è la questione narrativa: viste le circostanze per cui le loro vite si toccano, e si procurano le loro cicatrici, sia Uomo che Orso vivono le loro vite in parallelo senza saperlo. È un modo per far avvicinarli e far dire al lettore “Oh, ma guarda, che buffo il destino.” E poi, nel momento in cui si incontreranno, faranno la stessa scelta, guidati da motivi simili, senza sapere di essere stati resi “fratelli” dagli eventi.
La storia che avete scritto è “muta”, non ci sono né fumetti né suoni onomatopeici, un tocco delicato che conferisce a TTOT sia una maggiore sensibilità che una maggiore potenza. Da cos’è nata questa decisione? Quanto di questa decisione è dato da un aspetto artistico e quanto da quello scientifico? Luca: Da quando abbiamo iniziato a immaginare questo progetto, io ho detto a Gianpaolo che volevo fare un fumetto muto. Da un lato, la scelta di un fumetto muto comporta delle grosse difficoltà, come l’impossibilità di sbrogliare in un attimo un problema di sceneggiatura usando una didascalia; d’altro canto, però, ci sono anche dei notevoli vantaggi. Intanto, un fumetto muto viene di solito interpretato come più “delicato” rispetto a uno parlato. Può essere letto da chiunque al mondo senza bisogno di un traduttore, che non è poco. E, dal punto di vista scientifico, ci toglie di mano la patata bollente del “come usavano la parola?”. Inoltre io sono grande appassionato di fumetti muti. Gianpaolo: Abbiamo avuto più di una discussione sul mettere o meno dei suoni onomatopeici, per mostrare la presenza almeno dei rumori, se non delle parole. In questo caso però abbiamo deciso che fosse la scienza a doversi piegare all’arte. Anche perché i suoni onomatopeici non sono gli stessi ovunque, possono cambiare da una nazione all’altra, per cui la lingua sarebbe diventata di nuovo un ostacolo. Sotto molte delle tavole si possono trovare asterischi con riferimenti alla bibliografia: se al lettore interessa, può andare ad approfondire sulle pubblicazioni, altrimenti è libero di fruire TTOT come un semplice fumetto. La cosa importante è che viene data una scelta su come approcciarsi, senza la limitazione dell’obbligo alla lettura, che è un fattore limitante. Penso ad esempio a tutte le persone dislessiche. Abbiamo ricevuto degli ottimi feedback dagli insegnanti cui abbiamo mostrato TTOT come “test reading”, ci hanno detto che è un ottimo strumento per i ragazzini dislessici. Nel fumetto si fa uso di nudità, una scelta immagino nata sia da motivi artistici che scientifici. Gianpaolo: Abbiamo raccontato anche la consanguineità nelle loro popolazioni, il fatto che all’interno del clan fossero sempre loro. D’altronde, se la nudità funziona in un certo modo tra di noi, doveva farlo anche tra i Neanderthal. Abbiamo cercato di raccontarlo in maniera sottile ma priva di malizia. La consanguineità è anche una delle teorie sulle cause della loro estinzione. Ma parliamo anche di cure verso gli anziani, anche queste provate dai ritrovamenti; chi non lo sa lo vedrà come un aspetto normale, la cura del padre anziano, mentre gli “addetti ai lavori” si accorgeranno del dettaglio scientifico. Poi, magari, tra 6 mesi, verranno fuori altre pubblicazioni che renderanno inesatto quello che abbiamo raffigurato in TTOT. Ma il bello della scienza è anche questo. E poi molto sta anche all’immaginazione di chi sta leggendo. E noi ci siamo divertiti a ficcarci dentro tutta una serie di easter eggs; Luca, ad esempio, ha citato alcune scene da fumetti di Conan il Barbaro. Questo non vuole essere un fumetto che racconta la scienza in maniera tout court, ma un prodotto in grado di dare un piccolo momento di gioia e riflessione. E, se riusciamo a instillare in qualche bambino, genitore, insegnate o scienziato, l’idea che questo tipo di comunicazione può creare un legame tra varie discipline, allora avremo raggiunto il nostro scopo.
Voi utilizzate un linguaggio innovativo, molto pop, per raccontare la scienza, “svecchiandola” per i fruitori moderni. Ma, per voi, qual è l’importanza di comunicare la Preistoria al grande pubblico? Luca: Per esempio, da un punto di vista artistico, anche solo far vedere le pitture rupestri in TTOT è molto importante: in fondo, fino a non tanti anni fa, si dava per scontato che l’arte rupestre fosse affare solo di Homo sapiens. Per me che sono un disegnatore, poter sapere che questi, che erano nostri cugini, avevano uno spirito artistico, è una cosa molto importante. Gianpaolo: Da un punto di vista scientifico ti rispondo con una frase ad effetto: conoscere il passato per capire il presente e prevedere il futuro. Ogni volta che ci poniamo delle domande, apriamo come dei “cassetti”, che ci portano a porci delle altre domande, e così via. Poter pensare a qualcosa cui prima non si era pensato, e che forse non si sarebbe pensato mai. E poi, raccontare una storia come l’abbiamo fatto io e Luca, può essere uno spunto per dire che anche la comunicazione può evolvere. In fondo, alla fine, abbiamo fatto la stessa identica cosa che facevano i Neanderthal quando facevano disegni e incisioni sulle pareti di una grotta, sono cambiate solo le tecnologie. Luca: D’altronde il fumetto è solo l’ultimo rappresentante di quello che abbiamo iniziato a fare con le pitture rupestri, raccontare una storia usando delle immagini Gianpaolo: Raccontiamo una storia antichissima usando gli stessi sistemi che avevano allora, se ci pensi è fighissimo. Cambiano i tempi, ma alla fine siamo sempre ancorati a questa nostra voglia ancestrale di raccontare una storia. Luca: Questo misto di moderno e antico, o almeno old school, si riflette anche nella realizzazione del fumetto. Le matite sono state disegnate in digitale, essenziali vista l’enorme quantità di modifiche che sapevo avrei dovuto fare in corso d’opera. Una volta che tutte le tavole sono state confermate, le ho fatte stampare su carta da acquerello, su cui poi ho applicato inchiostri e colori a mano. Un misto di tecniche attuali e tradizionali, anche qui un andirivieni tra passato e presente.
In TTOT i Neanderthal vengono, giustamente, raffigurati senza i pregiudizi che spesso sono loro affibbiati dalla cultura popolare, che li vede come scimmioni rozzi, brutali e primitivi. Voi invece li raccontate con tutta la gamma di sentimenti ed emozioni che contraddistingue anche la nostra specie. Gianpaolo: Ad esempio, nelle prime vignette, la sepoltura è palesemente copiata da quella rinvenuta nella grotta di Shanidar, in Iraq. Rendiamoci conto, i Neanderthal avevano già il culto dei morti. Luca: Un aspetto che già da solo rende chiaro quanto i Neanderthal fossero progrediti come specie. Quali sono i lavori da cui avete tratto più ispirazione per la realizzazione di TTOT? Luca: È già stato citato uno dei fumetti di Conan il Barbaro, ma ad esempio le tavole in cui l’Orso combatte col vecchio Alfa, sono prese pari pari dalla prima versione di Tarzan di Joe Kubert, dalle scene in cui Tarzan lotta contro un gorilla. A parte questo non mi viene in mente altro, tranne l’apprezzamento del fumetto muto in qualità di appassionato di Graphic Novel. Gianpaolo: L’idea di scrivere i riferimenti scientifici sotto ogni, o quasi, vignetta, l’abbiamo presa da Mio Caro Neanderthal, di Silvana Condemi. E, naturalmente, Il Più Grande Uomo Scimmia del Pleistocene, di Roy Lewis. Queste sono le due ispirazioni più grandi, ma leggendo libri e pubblicazioni, tutto viene assimilato. Anche le illustrazioni di Tom Bjorklund (una di queste illustrazioni è stata utilizzata come copertina di questo pezzo su Pikaia, n.d.a.) ci sono state di grande ispirazione, soprattutto per dettagli come le pellicce usate come vesti. Luca: Più che i vestiti, a livello di disegno, la difficoltà è stata dover realizzare degli esseri umani con proporzioni del tutto diverse da quelle cui sono abituato, stravolgendo gli schemi soprattutto per il viso. All’inizio è stato difficile. La barba è stata un ottimo espediente per non dover disegnare il mento sporgente. Cosa vorreste dire a chi si approccia a TTOT? Gianpaolo: Non approcciatelo come se fosse un trattato. Sappiamo che alcune delle cose che abbiamo raffigurato non sono corrette, ma sono scelte fatte per raccontare al meglio la storia, e con essa comunicare al meglio la scienza. La comunicazione della scienza dovrebbe essere in grado di tagliuzzare alcuni argomenti, anche in maniera stereotipata, perché altrimenti possono essere difficili da riportare. Bisogna mantenere i capisaldi allentando però alcune briglie. Se riesci a far fare “wow” a un bambino hai già vinto. Luca: Prendetevi la calma per guardare ogni vignetta e capire il procedere della storia. Si tratta di un fumetto muto che richiede un’attenzione in più (ma è anche in grado di regalare un appagamento in più n.d.a.). Deve essere un piccolo momento di piacere da gustare con tranquillità, anche mentre si beve una tazza di thé. Uno slow reading.
Arricchito dalle introduzioni dei Prof. David Caramelli e Mauro Mandrioli, e dei Ph.D. Fabio Bona e Fabio Fusco, oltre che da un’ampia bibliografia consultabile, TTOT è un fumetto dotato di solide basi scientifiche. A parere personale è anche molto di più: un fumetto muto dotato allo stesso tempo di grande sensibilità e delicatezza, ma anche di una potenza narrativa che non può lasciare indifferenti. Non appena sarà disponibile, sulla piattaforma Kickstarter, non lasciatevelo scappare.
Immagini: Gianpaolo Di Silvestro e Luca Vergerio
Com’è nato TTOT?
Gianpaolo: Partiamo dalla genesi: il bisogno di realizzare un prodotto comunicativamente efficace, semplice, ma allo stesso tempo in grado di raccontare qualcosa di scientificamente valido. I Neanderthal sono i nostri cugini, è una tematica molto facile da presentare al grande pubblico. Durante la pandemia, io e Luca ci siamo sentiti e abbiamo deciso di fare qualcosa. Luca: L’idea base era di creare un fumetto per raccontare la scienza. Valutando gli argomenti abbiamo deciso che i Neanderthal erano un dei modi più semplici per arrivare al grande pubblico. Gianpaolo: Uno dei primi problemi che abbiamo affrontato è la domanda: cosa raccontiamo? L’era glaciale è sì Neanderthal e lotta per la sopravvivenza, ma anche Megaloceros, mammut, orso delle caverne e così via; ci pareva bello raccontare una storia d’interazione con il mondo ostico dell’epoca. E, dato che sia gli umani che Ursus spelaeus erano specie frequentatrici di grotte, la scelta dell’orso come co-protagonista ci è parsa molto più logica rispetto a un mammut. Io e Luca abbiamo passato letteralmente delle settimane a discutere di queste cose.
L’Uomo di Neanderthal riesce sempre ad affascinare il pubblico. Così vicino a noi a livello evolutivo, pur senza essere un nostro antenato diretto; senza contare che ha convissuto con la nostra specie, in Europa, per alcune migliaia di anni. Di questa convivenza però avete deciso di non parlare in TTOT, come mai? Luca: Da un punto di vista narrativo non sarebbe servito a nulla. In TTOT ci sono le storie di un uomo di Neandethal e di un orso delle caverne. La convivenza con Homo sapiens, benché interessante a livello scientifico, per il lettore sarebbe stata solo un’aggiunta che avrebbe complicato le cose senza portare avanti la storia. Gianpaolo: L’aggiunta di Homo sapiens, anche solo nella vignetta finale, come avevamo ipotizzato a un certo punto, avrebbe significato infilarci in un ginepraio. Intanto si sarebbe trattato di una quantità enorme di documentazione scientifica in più, inoltre si rischiava di far passare il messaggio, errato, che i Sapiens fossero più moderni rispetto ai Neanderthal. Questo non vuol dire che io e Luca non abbiamo usato qualche escamotage narrativo: ad esempio, in una scena l’orso delle caverne pesca salmoni come farebbe un grizzly moderno. Non sappiamo se lo facesse davvero, si tratta di un ragionamento puramente speculativo, ma dovevamo fargli fare qualcosa che rappresentasse la lotta per la sopravvivenza. Il senso era mettere a confronto due specie, l’essere umano e l’orso, nel percorso della loro vita: nascere, crescere, riprodursi e morire, un sistema lineare che accomuna un po’ tutti gli esseri viventi. Hai appena accennato alla presenza di elementi speculativi e puramente immaginati all’interno del fumetto: quanti sono questi elementi? Quanto c’è di immaginato rispetto allo scientificamente documentato? Gianpaolo: Abbiamo cercato di fondere due tipi di conoscenze diverse. Siamo partiti dall’aspetto artistico e comunicativo, quindi dallo storyboard di Luca, e per ogni vignetta scritta da Luca io facevo da revisore, anche se è un brutto termine. Per esempio, in una scena il piccolo orso gioca con una farfalla e sorride, cosa che ovviamente è inventata. La mente scientifica dice che l’orso non può avere un’espressione, quella creativa invece dice di sì, altrimenti il fumetto si trasforma in un documentario. Abbiamo cercato di bilanciare proprio questo: quando la storia progrediva, andavo a inserire fisicamente riferimenti scientifici. Il Neanderthal pescava? Sì, abbiamo dei siti dai quali si evince che utilizzasse la pesca come mezzo di sostentamento. Dopodiché, se pescasse salmoni, trote o lucci, è difficile da dire. Ma come pescava? Noi non lo sappiamo. Gli abbiamo dato un arpione tridentato. È possibile? Sì. Plausibile? Sì. Certo? No, e probabilmente non potremo saperlo mai, ma in qualche modo noi nella storia dovevamo farlo pescare. Sappiamo che utilizzavano il salice piangente, quindi lo abbiamo inserito anche se la storia si svolge in un ambiente pedemontano dove quell’albero normalmente non crescerebbe. Bisogna saper bilanciare. È anche per questo che Luca ha avuto l’idea geniale di ambientare la storia in una valle immaginaria, senza darle riferimenti geografici di alcun tipo. Un mondo totalmente immaginato, sul quale poi vengono attaccate tutta una serie di conoscenze scientifiche che lo rendono plausibile. Un’altra genialata pensata tutta da Luca è stata quella di fornire di cicatrici simili i due protagonisti, l’orso e l’umano, anche come modo per distinguerli dagli altri personaggi, visto che non parlano. Luca: È una cosa che si fa in qualunque fumetto. È il motivo per cui il protagonista di un fumetto va sempre in giro con gli stessi vestiti. Sono un sistema visivo di identificazione. Poi, naturalmente, c’è la questione narrativa: viste le circostanze per cui le loro vite si toccano, e si procurano le loro cicatrici, sia Uomo che Orso vivono le loro vite in parallelo senza saperlo. È un modo per far avvicinarli e far dire al lettore “Oh, ma guarda, che buffo il destino.” E poi, nel momento in cui si incontreranno, faranno la stessa scelta, guidati da motivi simili, senza sapere di essere stati resi “fratelli” dagli eventi.
La storia che avete scritto è “muta”, non ci sono né fumetti né suoni onomatopeici, un tocco delicato che conferisce a TTOT sia una maggiore sensibilità che una maggiore potenza. Da cos’è nata questa decisione? Quanto di questa decisione è dato da un aspetto artistico e quanto da quello scientifico? Luca: Da quando abbiamo iniziato a immaginare questo progetto, io ho detto a Gianpaolo che volevo fare un fumetto muto. Da un lato, la scelta di un fumetto muto comporta delle grosse difficoltà, come l’impossibilità di sbrogliare in un attimo un problema di sceneggiatura usando una didascalia; d’altro canto, però, ci sono anche dei notevoli vantaggi. Intanto, un fumetto muto viene di solito interpretato come più “delicato” rispetto a uno parlato. Può essere letto da chiunque al mondo senza bisogno di un traduttore, che non è poco. E, dal punto di vista scientifico, ci toglie di mano la patata bollente del “come usavano la parola?”. Inoltre io sono grande appassionato di fumetti muti. Gianpaolo: Abbiamo avuto più di una discussione sul mettere o meno dei suoni onomatopeici, per mostrare la presenza almeno dei rumori, se non delle parole. In questo caso però abbiamo deciso che fosse la scienza a doversi piegare all’arte. Anche perché i suoni onomatopeici non sono gli stessi ovunque, possono cambiare da una nazione all’altra, per cui la lingua sarebbe diventata di nuovo un ostacolo. Sotto molte delle tavole si possono trovare asterischi con riferimenti alla bibliografia: se al lettore interessa, può andare ad approfondire sulle pubblicazioni, altrimenti è libero di fruire TTOT come un semplice fumetto. La cosa importante è che viene data una scelta su come approcciarsi, senza la limitazione dell’obbligo alla lettura, che è un fattore limitante. Penso ad esempio a tutte le persone dislessiche. Abbiamo ricevuto degli ottimi feedback dagli insegnanti cui abbiamo mostrato TTOT come “test reading”, ci hanno detto che è un ottimo strumento per i ragazzini dislessici. Nel fumetto si fa uso di nudità, una scelta immagino nata sia da motivi artistici che scientifici. Gianpaolo: Abbiamo raccontato anche la consanguineità nelle loro popolazioni, il fatto che all’interno del clan fossero sempre loro. D’altronde, se la nudità funziona in un certo modo tra di noi, doveva farlo anche tra i Neanderthal. Abbiamo cercato di raccontarlo in maniera sottile ma priva di malizia. La consanguineità è anche una delle teorie sulle cause della loro estinzione. Ma parliamo anche di cure verso gli anziani, anche queste provate dai ritrovamenti; chi non lo sa lo vedrà come un aspetto normale, la cura del padre anziano, mentre gli “addetti ai lavori” si accorgeranno del dettaglio scientifico. Poi, magari, tra 6 mesi, verranno fuori altre pubblicazioni che renderanno inesatto quello che abbiamo raffigurato in TTOT. Ma il bello della scienza è anche questo. E poi molto sta anche all’immaginazione di chi sta leggendo. E noi ci siamo divertiti a ficcarci dentro tutta una serie di easter eggs; Luca, ad esempio, ha citato alcune scene da fumetti di Conan il Barbaro. Questo non vuole essere un fumetto che racconta la scienza in maniera tout court, ma un prodotto in grado di dare un piccolo momento di gioia e riflessione. E, se riusciamo a instillare in qualche bambino, genitore, insegnate o scienziato, l’idea che questo tipo di comunicazione può creare un legame tra varie discipline, allora avremo raggiunto il nostro scopo.
Voi utilizzate un linguaggio innovativo, molto pop, per raccontare la scienza, “svecchiandola” per i fruitori moderni. Ma, per voi, qual è l’importanza di comunicare la Preistoria al grande pubblico? Luca: Per esempio, da un punto di vista artistico, anche solo far vedere le pitture rupestri in TTOT è molto importante: in fondo, fino a non tanti anni fa, si dava per scontato che l’arte rupestre fosse affare solo di Homo sapiens. Per me che sono un disegnatore, poter sapere che questi, che erano nostri cugini, avevano uno spirito artistico, è una cosa molto importante. Gianpaolo: Da un punto di vista scientifico ti rispondo con una frase ad effetto: conoscere il passato per capire il presente e prevedere il futuro. Ogni volta che ci poniamo delle domande, apriamo come dei “cassetti”, che ci portano a porci delle altre domande, e così via. Poter pensare a qualcosa cui prima non si era pensato, e che forse non si sarebbe pensato mai. E poi, raccontare una storia come l’abbiamo fatto io e Luca, può essere uno spunto per dire che anche la comunicazione può evolvere. In fondo, alla fine, abbiamo fatto la stessa identica cosa che facevano i Neanderthal quando facevano disegni e incisioni sulle pareti di una grotta, sono cambiate solo le tecnologie. Luca: D’altronde il fumetto è solo l’ultimo rappresentante di quello che abbiamo iniziato a fare con le pitture rupestri, raccontare una storia usando delle immagini Gianpaolo: Raccontiamo una storia antichissima usando gli stessi sistemi che avevano allora, se ci pensi è fighissimo. Cambiano i tempi, ma alla fine siamo sempre ancorati a questa nostra voglia ancestrale di raccontare una storia. Luca: Questo misto di moderno e antico, o almeno old school, si riflette anche nella realizzazione del fumetto. Le matite sono state disegnate in digitale, essenziali vista l’enorme quantità di modifiche che sapevo avrei dovuto fare in corso d’opera. Una volta che tutte le tavole sono state confermate, le ho fatte stampare su carta da acquerello, su cui poi ho applicato inchiostri e colori a mano. Un misto di tecniche attuali e tradizionali, anche qui un andirivieni tra passato e presente.
In TTOT i Neanderthal vengono, giustamente, raffigurati senza i pregiudizi che spesso sono loro affibbiati dalla cultura popolare, che li vede come scimmioni rozzi, brutali e primitivi. Voi invece li raccontate con tutta la gamma di sentimenti ed emozioni che contraddistingue anche la nostra specie. Gianpaolo: Ad esempio, nelle prime vignette, la sepoltura è palesemente copiata da quella rinvenuta nella grotta di Shanidar, in Iraq. Rendiamoci conto, i Neanderthal avevano già il culto dei morti. Luca: Un aspetto che già da solo rende chiaro quanto i Neanderthal fossero progrediti come specie. Quali sono i lavori da cui avete tratto più ispirazione per la realizzazione di TTOT? Luca: È già stato citato uno dei fumetti di Conan il Barbaro, ma ad esempio le tavole in cui l’Orso combatte col vecchio Alfa, sono prese pari pari dalla prima versione di Tarzan di Joe Kubert, dalle scene in cui Tarzan lotta contro un gorilla. A parte questo non mi viene in mente altro, tranne l’apprezzamento del fumetto muto in qualità di appassionato di Graphic Novel. Gianpaolo: L’idea di scrivere i riferimenti scientifici sotto ogni, o quasi, vignetta, l’abbiamo presa da Mio Caro Neanderthal, di Silvana Condemi. E, naturalmente, Il Più Grande Uomo Scimmia del Pleistocene, di Roy Lewis. Queste sono le due ispirazioni più grandi, ma leggendo libri e pubblicazioni, tutto viene assimilato. Anche le illustrazioni di Tom Bjorklund (una di queste illustrazioni è stata utilizzata come copertina di questo pezzo su Pikaia, n.d.a.) ci sono state di grande ispirazione, soprattutto per dettagli come le pellicce usate come vesti. Luca: Più che i vestiti, a livello di disegno, la difficoltà è stata dover realizzare degli esseri umani con proporzioni del tutto diverse da quelle cui sono abituato, stravolgendo gli schemi soprattutto per il viso. All’inizio è stato difficile. La barba è stata un ottimo espediente per non dover disegnare il mento sporgente. Cosa vorreste dire a chi si approccia a TTOT? Gianpaolo: Non approcciatelo come se fosse un trattato. Sappiamo che alcune delle cose che abbiamo raffigurato non sono corrette, ma sono scelte fatte per raccontare al meglio la storia, e con essa comunicare al meglio la scienza. La comunicazione della scienza dovrebbe essere in grado di tagliuzzare alcuni argomenti, anche in maniera stereotipata, perché altrimenti possono essere difficili da riportare. Bisogna mantenere i capisaldi allentando però alcune briglie. Se riesci a far fare “wow” a un bambino hai già vinto. Luca: Prendetevi la calma per guardare ogni vignetta e capire il procedere della storia. Si tratta di un fumetto muto che richiede un’attenzione in più (ma è anche in grado di regalare un appagamento in più n.d.a.). Deve essere un piccolo momento di piacere da gustare con tranquillità, anche mentre si beve una tazza di thé. Uno slow reading.
Immagini: Gianpaolo Di Silvestro e Luca Vergerio
Dopo la laurea magistrale in Quaternario, Preistoria e Archeologia, conseguita presso l’Università di Ferrara, si iscrive al master in Giornalismo e Comunicazione istituzionale della Scienza, grazie al quale inizia a collaborare con Pikaia. Con l’intenzione di continuare la divulgazione della scienza, in particolare della paleontologia, ha partecipato alla fondazione dell’associazione La Lampada delle Scienze.