Dai Denisova, un “cappotto” genetico per conquistare il mondo…
Una variante di un gene per un trasportatore dello zinco, forse ereditata dai Denisova, potrebbe aver aiutato le popolazioni asiatiche ed europee nell’adattamento ai climi freddi ai tempi in cui gli Homo sapiens moderni andavano diffondendosi fuori dall’Africa.
Di che varianti geniche dovrei vestirmi per uscire di casa oggi? Questa è una domanda che, per l’individuo, ha ben poco senso; potrebbe (quasi) aver senso se applicata su popolazioni, generazioni e milioni di anni di adattamento. Di sicuro, nessun dubbio del genere ha sfiorato la mente degli Homo sapiens del Pleistocene mentre si espandevano verso nuovi territori, nuovi climi, o mentre “scambiavano varianti” con le altre specie di ominini del passato, innanzitutto Neanderthal e Denisova. Tali azioni avrebbero contribuito a plasmare le popolazioni umane a venire in modi che stiamo ancora scoprendo.
Secondo uno studio uscito su PLOS Genetics e svolto dall’Istituto di Biologia Evoluzionistica e dall’Università Pompeu Fabra di Barcellona, ibridazioni con gli uomini di Denisova avrebbero arricchito la variabilità genetica umana di una variante del gene SLC30A9 che, in seguito, sarebbe stata selezionata positivamente con la nostra diffusione in Europa; lo studio, firmato tra gli altri da Ana Roca-Umbert, Jorge Garcia-Calleja, Rubén Vicente ed Elena Bosch, ipotizza che la variante sia stata selezionata perché forniva un vantaggio nell’adattamento alle basse temperature. La stessa variante, tuttavia, è associata statisticamente a maggiore rischio per diverse patologie neuropsichiatriche.
Riferimenti:
Roca-Umbert A, Garcia-Calleja J, Vogel-González M, Fierro-Villegas A, Ill-Raga G, et al. (2023) Human genetic adaptation related to cellular zinc homeostasis. PLOS Genetics 19(9): e1010950.
Immagine in apertura: Tom Bjorklund
Il gene SLC30A9
Quello di Roca-Umbert e colleghi si pone in un filone di studi che tentano di collegare fenotipi umani alle pressioni selettive determinanti nel selezionarli, e in generale di ricostruire gli effetti dell’adattamento selettivo sul nostro patrimonio genetico odierno. Studi del genere avevano già indicato che il gene umano SLC30A9, con la regione vicina di DNA, portava i segni di una passata selezione positiva; è stato questo a far decidere a Roca-Umbert e colleghi di dedicarvi il proprio studio. SLC30A9 codifica per un trasportatore ubiquitario (ovvero, presente in tutte le cellule umane) che regola la fuoriuscita di zinco dalla cellula. Qual è la funzione dello zinco nel nostro metabolismo? In breve, ha diversi ruoli strutturali, catalitici e di regolazione, motivo per cui la sua quantità nelle cellule deve essere strettamente controllata.La strada delle varianti
Innanzitutto, Roca-Umbert e colleghi hanno riesaminato i dati in letteratura sulla regione di SLC30A9: in accordo con studi precedenti, è emersa una precisa distribuzione geografica di due varianti del gene, o meglio dei loro aplotipi (gruppi di varianti che tendono a essere ereditate insieme). Le due varianti erano già sospettate di aver influito sulla distribuzione dei rispettivi aplotipi; esse differiscono per una sola base azotata, un’adenina al posto di una guanina, che risulta nella sostituzione di un solo amminoacido a un’estremità della proteina. La variante con adenina, che da qui chiameremo A per semplicità, è diffusa nelle popolazioni africane; la variante con guanina, che chiameremo G, ha una frequenza alta in Asia orientale e intermedia in Europa, America e Asia meridionale. Roca-Umbert e colleghi hanno quindi esaminato il gene SLC30A9 in genomi sequenziati di Neanderthal e Denisova, trovando ancora una netta divisione: i tre genomi di Neanderthal esaminati erano omozigoti per la variante A, mentre il genoma denisovano era omozigote per la variante G. Grazie ad analisi statistiche, i ricercatori hanno trovato evidenze indicative di introgressione arcaica, vale a dire che l’aplotipo di G nelle popolazioni attuali sarebbe stato ereditato proprio dai Denisova. A supportare queste evidenze, i ricercatori hanno trovato aplotipi evolutivamente vicini, con tanto di variante G, anche in genomi di popolazioni melanesiane già note per le loro discendenze denisovane. Gli antichi sapiens, quindi, avrebbero incorporato la variante di G nel proprio patrimonio genetico in seguito a ibridazioni con gli uomini di Denisova. La variante si sarebbe poi diffusa, sostituendo la variante ancestrale A, perché vantaggiosa per umani che andavano diffondendosi in Europa e Asia dopo l’uscita dall’Africa. Che sia stato proprio il clima più freddo di questi continenti a selezionare la variante?L’effetto della selezione
I ricercatori hanno studiato la funzione delle due varianti potenziando l’espressione di una o dell’altra in colture cellulari, e osservando se risultavano differenze nel metabolismo dello zinco. Anche se le quantità di zinco cellulare rimanevano analoghe, è stato notato che cambiava la gestione dello zinco a livello di reticolo endoplasmatico e mitocondri; in questi, la variante G aumentava la quantità di zinco pur evitandone l’accumulo, con conseguenze per il metabolismo mitocondriale. “Il mitocondrio è la centrale elettrica della cellula”, echeggiano lontane le voci degli insegnanti di scienze; Roca-Umbert e colleghi hanno sottolineato in particolare la loro importanza per il metabolismo dei muscoli scheletrici, a loro volta essenziali per la nostra termoregolazione. I ricercatori hanno ipotizzato che la variante G abbia aiutato i nostri avi nell’adattamento a climi più freddi di quelli che avevano abitato i loro avi. Ogni adattamento, però, può portare con sé molti effetti, non tutti vantaggiosi: studi genomici di associazione hanno mostrato un’associazione statistica tra la variante G e diversi disturbi neuropsichiatrici, in particolare depressione maggiore e schizofrenia. Bisogna tenere a mente, però, che studi simili mostrano proprio questo, un’associazione statistica, ben diversa da una relazione causale: la relazione tra la variante G e patologie neuropsichiatriche è ancora tutta da definire. Anche nel percorso di selezione del gene SLC30A9 rimangono ancora diverse aree grigie, che secondo Roca-Umbert si potranno chiarire solo con nuovi studi.Riferimenti:
Roca-Umbert A, Garcia-Calleja J, Vogel-González M, Fierro-Villegas A, Ill-Raga G, et al. (2023) Human genetic adaptation related to cellular zinc homeostasis. PLOS Genetics 19(9): e1010950.
Immagine in apertura: Tom Bjorklund
Ho un master in Giornalismo e comunicazione istituzionale della scienza dell’Università di Ferrara, e ho scritto per le riviste online Il Tascabile e Agenda17, oltre che per Pikaia. Sono medico e lavoro come specializzando in Genetica medica con l’Università di Pavia. Scrivo anche narrativa, e ho pubblicato due racconti nelle raccolte dei concorsi Caratteri di uomo e di donna del 2018 e Oltre il velo del reale del 2022.