Una vita senza zampe: evoluzione e diffusione della fisionomia serpentiforme nei rettili
La selezione naturale ha premiato più volte l’evoluzione di un corpo simile a quello dei serpenti, cioè allungato e privo di arti. Ecco un breve ripasso
Nella nostra vita quotidiana diamo spesso per scontato quanto dipendiamo dai nostri arti: le gambe che ci permettono di camminare fino all’ufficio o anche solo da una stanza all’altra della casa, le braccia e le mani che usiamo letteralmente per qualunque attività. Lo stesso vale per innumerevoli specie animali che fanno ricorso ai loro arti per le azioni più disparate (correre, nuotare, volare, arrampicarsi, scavare, ecc…). Eppure, l’evoluzione ha ripetutamente prodotto animali (non solo serpenti) che riescono a fare tutto questo pur con zampe di dimensioni e funzionalità estremamente ridotte o addirittura completamente privi di arti.
Nella stragrande maggioranza dei casi, ciò si accompagna a marcati cambiamenti nelle proporzioni del corpo, che si sviluppa notevolmente in lunghezza assottigliandosi sempre di più in larghezza. Tra i vertebrati, l’esempio più lampante e studiato sono senza dubbio i serpenti e altri membri dell’ordine Squamata (lucertole e anfisbene), che vantano almeno 26 episodi evolutivi che hanno dato origine a corpi serpentiformi. Ma come si evolve e quali benefici potrà mai garantire una fisionomia del genere? Per scoprirlo, dobbiamo concentrarci sulle due caratteristiche più evidenti di questa fisionomia: l’allungamento del corpo e la perdita degli arti. Questione di sviluppo
Una massiccia mole di studi e ricerche ha ormai appurato che l’elongazione della colonna vertebrale negli animali può avvenire tramite due processi: l’allungamento delle vertebre preesistenti o il progressivo aumento del numero di vertebre. Quest’ultimo è di gran lunga il più comune negli squamati, come dimostra l’esorbitante numero di vertebre (200-500) che compongono la colonna vertebrale dei serpenti. Ma come può la colonna vertebrale incrementare il numero di vertebre che la compongono fino a questi livelli? Stando a quanto riportano svariate ricerche condotte sui serpenti, tutto dipende da un meccanismo di sviluppo embrionale noto come eterocronia, vale a dire differenze nei tempi o nella durata di un processo di sviluppo tra diversi organi od organismi. Negli umani come in molti altri vertebrati, ad esempio, la formazione delle vertebre avviene secondo un “orologio molecolare” che regola lo sviluppo di ogni vertebra in un intervallo di tempo specifico; nei serpenti, i “rintocchi” di questo orologio sono molto più veloci, formando così molte più vertebre nello stesso lasso di tempo. Veniamo ora alla seconda caratteristica più distintiva della fisionomia serpentiforme, ovvero la riduzione o perdita degli arti. Già, perché nemmeno i serpenti sono “nati” senza zampe: i (pochi) reperti fossili di serpenti ancestrali (100-70 milioni di anni fa) rivelano infatti come molti di essi avessero mantenuto gli arti posteriori, perdendo solamente quelli anteriori. Nei serpenti, dunque, la perdita degli arti è il risultato di un processo lungo e graduale, le cui basi genetiche e anatomiche hanno a lungo affascinato gli scienziati; un fondamentale studio pubblicato nel 1999 ha dimostrato come il mancato sviluppo degli arti nei serpenti sia dovuto al silenziamento di alcuni geni responsabili per la formazione di zampe e dita in altri animali — primo tra tutti il gene sonic hedgehog (shh), che curiosamente prende il nome dal protagonista della nota serie di videogiochi giapponese Sonic. Non solo serpenti
Oltre ai serpenti, molti altri vertebrati presentano arti estremamente ridotti o del tutto mancanti. Questo fenomeno è piuttosto comune anche tra le lucertole — basti pensare ai tanti sauri privi di zampe diffusi in tutto il mondo, tra cui l’orbettino italiano (Anguis veronensis) diffuso nel nostro Paese. Non sempre, poi, questi animali seguono lo stesso percorso dei serpenti per quanto riguarda l’evoluzione degli arti: nelle lucertole senza zampe, infatti, di solito sono gli arti posteriori a scomparire per primi, come testimoniato sia da reperti fossili che da specie tuttora esistenti. Lo stesso vale per le anfisbene, enigmatici rettili fossori arti anteriori sviluppati ma privi di zampe posteriori oppure completamente apodi. Tuttavia, il recentissimo ritrovamento paleontologico di un rettile appartenente al gruppo ormai estinto dei recumbirostri e battezzato Nagini mazonense, privo di zampe anteriori ma con arti posteriori ben visibili, dimostra come, già 300 milioni di anni fa anche altri rettili oltre ai serpenti possano perdere gli arti anteriori prima di quelli posteriori. Non tutto è perduto, né lo è per sempre…
È inoltre importante notare come le categorie osservate nelle lucertole non si limitino ai due estremi (quattro zampe ben sviluppate o assenza di arti), ma comprendano molti stadi “intermedi” quali zampe presenti ma con dita ridotte o solo arti anteriori rimasti. Diversi studi hanno evidenziato che queste possibilità non sono semplicemente momenti di passaggio verso la perdita totale degli arti, ma vengono invece mantenuti anche per milioni di anni dalla selezione naturale. La perdita degli arti, peraltro, è addirittura reversibile: in più occasioni, infatti, alcuni rami dell’albero evolutivo degli squamati che erano andati incontro a riduzione o perdita delle zampe le hanno poi riacquisite anche milioni di anni dopo. Un adattamento che rende versatili Per quanto possa sembrarci paradossale che l’evoluzione abbia favorito un allungamento tanto marcato della spina dorsale e soprattutto la riduzione o addirittura scomparsa degli arti in così tante specie di squamati, un corpo serpentiforme presenta vantaggi non indifferenti. Per un animale fossorio, ad esempio, è più facile infilarsi in fessure e cunicoli stretti con un corpo sottile e senza zampe da dover piegare. Nei serpenti, inoltre, la mancanza di arti facilita notevolmente attività quali la costrizione delle prede in molte specie non velenose (con il serpente che si avvolge intorno alla sua vittima) e l’assenza di ossa scapolari e pelviche permette di ingoiare prede grandi anche più del serpente stesso estendendo a dismisura muscoli e organi interni.
Il fatto che tutto questi ci sembri così alieno dimostra perfettamente quanto ancora l’evoluzione sia in grado di sorprenderci. Riferimenti Bergmann, P. J., Mann, S. D. W., Morinaga, G., Freitas, E. S., & Siler, C. D. (2020). Convergent evolution of elongate forms in craniates and of locomotion in elongate squamate reptiles. Integrative and Comparative Biology, 60(1), 190–201. https://doi.org/10.1093/icb/icaa015 Brandley, M. C., Huelsenbeck, J. P., & Wiens, J. J. (2008). RATES AND PATTERNS IN THE EVOLUTION OF SNAKE-LIKE BODY FORM IN SQUAMATE REPTILES : EVIDENCE FOR REPEATED RE-EVOLUTION OF LOST DIGITS AND LONG-TERM PERSISTENCE OF INTERMEDIATE BODY FORMS. 1–23. https://doi.org/10.1111/j.1558-5646.2008.00430.x Camaiti, M., Evans, A. R., Hipsley, C. A., & Chapple, D. G. (2021). A farewell to arms and legs: a review of limb reduction in squamates. Biological Reviews, 96(3), 1035–1050. https://doi.org/10.1111/brv.12690 Cohn, M. J., & Tickle, C. (1999). Developmental basis of limblessness and axial patterning in snakes. Nature, 399(6735), 474–479. https://doi.org/10.1038/20944 Garberoglio, F. F., Gómez, R. O., Apesteguía, S., Caldwell, M. W., Sánchez, M. L., & Veiga, G. (2019). A new specimen with skull and vertebrae of Najash rionegrina (Lepidosauria: Ophidia) from the early Late Cretaceous of Patagonia. Journal of Systematic Palaeontology, 17(18), 1533-1550. Iens, J. O. H. N. J. W., & Lingluff, J. A. L. S. (2001). HOW LIZARDS TURN INTO SNAKES : A PHYLOGENETIC ANALYSIS OF BODY-FORM EVOLUTION IN ANGUID LIZARDS. 55(11), 2303–2318. Mann, A., Pardo, J. D., & Maddin, H. C. (2022). Snake-like limb loss in a Carboniferous amniote. Nature Ecology & Evolution, 6(5), 614-621. https://www.nature.com/articles/s41559-022-01698-y Vonk, F. J., Richardson, M. K., & Silcox, J. (2008). NEWS & VIEWS Serpent clocks tick faster Spot the atom. Nature, 454(July), 282–283. https://www.nature.com/articles/454282a
Immagine in apertura: jggrz da Pixabay
Nella stragrande maggioranza dei casi, ciò si accompagna a marcati cambiamenti nelle proporzioni del corpo, che si sviluppa notevolmente in lunghezza assottigliandosi sempre di più in larghezza. Tra i vertebrati, l’esempio più lampante e studiato sono senza dubbio i serpenti e altri membri dell’ordine Squamata (lucertole e anfisbene), che vantano almeno 26 episodi evolutivi che hanno dato origine a corpi serpentiformi. Ma come si evolve e quali benefici potrà mai garantire una fisionomia del genere? Per scoprirlo, dobbiamo concentrarci sulle due caratteristiche più evidenti di questa fisionomia: l’allungamento del corpo e la perdita degli arti. Questione di sviluppo
Una massiccia mole di studi e ricerche ha ormai appurato che l’elongazione della colonna vertebrale negli animali può avvenire tramite due processi: l’allungamento delle vertebre preesistenti o il progressivo aumento del numero di vertebre. Quest’ultimo è di gran lunga il più comune negli squamati, come dimostra l’esorbitante numero di vertebre (200-500) che compongono la colonna vertebrale dei serpenti. Ma come può la colonna vertebrale incrementare il numero di vertebre che la compongono fino a questi livelli? Stando a quanto riportano svariate ricerche condotte sui serpenti, tutto dipende da un meccanismo di sviluppo embrionale noto come eterocronia, vale a dire differenze nei tempi o nella durata di un processo di sviluppo tra diversi organi od organismi. Negli umani come in molti altri vertebrati, ad esempio, la formazione delle vertebre avviene secondo un “orologio molecolare” che regola lo sviluppo di ogni vertebra in un intervallo di tempo specifico; nei serpenti, i “rintocchi” di questo orologio sono molto più veloci, formando così molte più vertebre nello stesso lasso di tempo. Veniamo ora alla seconda caratteristica più distintiva della fisionomia serpentiforme, ovvero la riduzione o perdita degli arti. Già, perché nemmeno i serpenti sono “nati” senza zampe: i (pochi) reperti fossili di serpenti ancestrali (100-70 milioni di anni fa) rivelano infatti come molti di essi avessero mantenuto gli arti posteriori, perdendo solamente quelli anteriori. Nei serpenti, dunque, la perdita degli arti è il risultato di un processo lungo e graduale, le cui basi genetiche e anatomiche hanno a lungo affascinato gli scienziati; un fondamentale studio pubblicato nel 1999 ha dimostrato come il mancato sviluppo degli arti nei serpenti sia dovuto al silenziamento di alcuni geni responsabili per la formazione di zampe e dita in altri animali — primo tra tutti il gene sonic hedgehog (shh), che curiosamente prende il nome dal protagonista della nota serie di videogiochi giapponese Sonic. Non solo serpenti
Oltre ai serpenti, molti altri vertebrati presentano arti estremamente ridotti o del tutto mancanti. Questo fenomeno è piuttosto comune anche tra le lucertole — basti pensare ai tanti sauri privi di zampe diffusi in tutto il mondo, tra cui l’orbettino italiano (Anguis veronensis) diffuso nel nostro Paese. Non sempre, poi, questi animali seguono lo stesso percorso dei serpenti per quanto riguarda l’evoluzione degli arti: nelle lucertole senza zampe, infatti, di solito sono gli arti posteriori a scomparire per primi, come testimoniato sia da reperti fossili che da specie tuttora esistenti. Lo stesso vale per le anfisbene, enigmatici rettili fossori arti anteriori sviluppati ma privi di zampe posteriori oppure completamente apodi. Tuttavia, il recentissimo ritrovamento paleontologico di un rettile appartenente al gruppo ormai estinto dei recumbirostri e battezzato Nagini mazonense, privo di zampe anteriori ma con arti posteriori ben visibili, dimostra come, già 300 milioni di anni fa anche altri rettili oltre ai serpenti possano perdere gli arti anteriori prima di quelli posteriori. Non tutto è perduto, né lo è per sempre…
È inoltre importante notare come le categorie osservate nelle lucertole non si limitino ai due estremi (quattro zampe ben sviluppate o assenza di arti), ma comprendano molti stadi “intermedi” quali zampe presenti ma con dita ridotte o solo arti anteriori rimasti. Diversi studi hanno evidenziato che queste possibilità non sono semplicemente momenti di passaggio verso la perdita totale degli arti, ma vengono invece mantenuti anche per milioni di anni dalla selezione naturale. La perdita degli arti, peraltro, è addirittura reversibile: in più occasioni, infatti, alcuni rami dell’albero evolutivo degli squamati che erano andati incontro a riduzione o perdita delle zampe le hanno poi riacquisite anche milioni di anni dopo. Un adattamento che rende versatili Per quanto possa sembrarci paradossale che l’evoluzione abbia favorito un allungamento tanto marcato della spina dorsale e soprattutto la riduzione o addirittura scomparsa degli arti in così tante specie di squamati, un corpo serpentiforme presenta vantaggi non indifferenti. Per un animale fossorio, ad esempio, è più facile infilarsi in fessure e cunicoli stretti con un corpo sottile e senza zampe da dover piegare. Nei serpenti, inoltre, la mancanza di arti facilita notevolmente attività quali la costrizione delle prede in molte specie non velenose (con il serpente che si avvolge intorno alla sua vittima) e l’assenza di ossa scapolari e pelviche permette di ingoiare prede grandi anche più del serpente stesso estendendo a dismisura muscoli e organi interni.
Il fatto che tutto questi ci sembri così alieno dimostra perfettamente quanto ancora l’evoluzione sia in grado di sorprenderci. Riferimenti Bergmann, P. J., Mann, S. D. W., Morinaga, G., Freitas, E. S., & Siler, C. D. (2020). Convergent evolution of elongate forms in craniates and of locomotion in elongate squamate reptiles. Integrative and Comparative Biology, 60(1), 190–201. https://doi.org/10.1093/icb/icaa015 Brandley, M. C., Huelsenbeck, J. P., & Wiens, J. J. (2008). RATES AND PATTERNS IN THE EVOLUTION OF SNAKE-LIKE BODY FORM IN SQUAMATE REPTILES : EVIDENCE FOR REPEATED RE-EVOLUTION OF LOST DIGITS AND LONG-TERM PERSISTENCE OF INTERMEDIATE BODY FORMS. 1–23. https://doi.org/10.1111/j.1558-5646.2008.00430.x Camaiti, M., Evans, A. R., Hipsley, C. A., & Chapple, D. G. (2021). A farewell to arms and legs: a review of limb reduction in squamates. Biological Reviews, 96(3), 1035–1050. https://doi.org/10.1111/brv.12690 Cohn, M. J., & Tickle, C. (1999). Developmental basis of limblessness and axial patterning in snakes. Nature, 399(6735), 474–479. https://doi.org/10.1038/20944 Garberoglio, F. F., Gómez, R. O., Apesteguía, S., Caldwell, M. W., Sánchez, M. L., & Veiga, G. (2019). A new specimen with skull and vertebrae of Najash rionegrina (Lepidosauria: Ophidia) from the early Late Cretaceous of Patagonia. Journal of Systematic Palaeontology, 17(18), 1533-1550. Iens, J. O. H. N. J. W., & Lingluff, J. A. L. S. (2001). HOW LIZARDS TURN INTO SNAKES : A PHYLOGENETIC ANALYSIS OF BODY-FORM EVOLUTION IN ANGUID LIZARDS. 55(11), 2303–2318. Mann, A., Pardo, J. D., & Maddin, H. C. (2022). Snake-like limb loss in a Carboniferous amniote. Nature Ecology & Evolution, 6(5), 614-621. https://www.nature.com/articles/s41559-022-01698-y Vonk, F. J., Richardson, M. K., & Silcox, J. (2008). NEWS & VIEWS Serpent clocks tick faster Spot the atom. Nature, 454(July), 282–283. https://www.nature.com/articles/454282a
Immagine in apertura: jggrz da Pixabay
Ho conseguito una laurea triennale in biologia e scienze dell’ambiente allo University CollegeUtrecht, seguita da una laurea magistrale sempre in biologia all’Università di Leiden. Al momentolavoro come assistente di ricerca all’Università Tecnica della Danimarca e ho scritto per la testataonline Science Nordic oltre che per Pikaia.