Formiche che imitano e imitatori di formiche
Questa estate è stata scoperta una nuova specie di formiche che, a quanto sembra, si è evoluta per imitarne un’altra. Ma la tendenza a imitare la morfologia o il comportamento delle formiche è una pratica diffusa anche tra altri insetti e artropodi. E dalla comprensione dei meccanismi che guidano una colonia potremmo guadagnare molto anche noi
“Si fa presto a dire formica, ma di modi di essere formica ce ne sono oltre 13200 e molti altri restano da scoprire”
Così scriveva Donato Grasso nel suo libro Il formicaio intelligente (Zanichelli, 2018), commentando la varietà di questo gruppo. Nel frattempo le specie conosciute sono diventate quasi 14000, e da questa estate ne possiamo aggiungere una più. La nuova specie, scoperta proprio dall’autore e dal suo gruppo di ricerca, si chiama Colobopsis imitans. Si tratta, infatti, di una formica che ne imita un’altra, per la precisione Crematogaster scutellaris. E si nascondeva sotto i nostri occhi: fino ad oggi era stata confusa con Colobopsis truncata, la specie da cui si è nel tempo separata. C. truncata, però, imita una specie diversa, chiamata Dolichoderus quadripunctatus.
A ognuna il suo modello
La scoperta è stata pubblicata sulla rivista Zoological Journal of the Linnean Society, e in un’intervista a Pikaia Grasso ha raccontato in dettaglio come, dalla prime osservazioni, è stato possibile capire che erano effettivamente specie diverse. Gli autori hanno usato la tassonomia integrativa, cioè hanno considerato un insieme di dati diversi. Dalla morfologia e colorazione (più rossiccia nel capo rispetto al torace, nel caso di C. imitans) al comportamento (C. imitans segue le piste di foraggiamento del suo modello, Crematogaster), fino all’ecologia e biogeografia. Gli autori hanno infatti scoperto che Colobopsis imitans è distribuita (secondo le attuali conoscenze) solo in Sicilia, Maghreb e Spagna meridionale. Sono tutte zone dove c’è Crematogaster e manca o è poco presente Dolichoderus, cioè il modello imitato dalla sua specie sorella, Colobopsis truncata. Quando c’è Dolichoderus, indipendentemente dalla presenza di C. scutellaris, si trova solo Colobopsis truncata, che invece ha una diffusione molto ampia, dall’Europa meridionale all’Asia occidentale. Per questo gli autori suppongono che, in assenza di Dolichoderus, la pressione selettiva alla fine abbia portato delle popolazioni di Colobopsis truncata a seguire Crematogaster e a diventare, nel tempo, più simili a loro. Le analisi genetiche, condotte sul DNA mitocondriale, non hanno invece indicato una separazione netta tra le due specie, probabilmente perché la separazione (comunque confermata dagli altri dati) è molto recente. L’entomologo Brian Fisher (California Academy of Sciences), intervistato sulla ricerca da Nature Italy, ha osservato che il mimetismo è molto diffuso tra le formiche, e che il lavoro da “detective” condotto dai ricercatori italiani apre la porta alla scoperta di nuove specie che usano strategie simili.Molti altri animali imitano le formiche
Perché le formiche imitano altre specie di formica? Per rispondere a questa domanda è ancora presto, ha spiegato Grasso. Visto che Crematogaster è una formica aggressiva e velenosa, un’ipotesi è che C. imitans la imiti per proteggersi dai predatori che si sono evoluti per riconoscere ed evitare le formiche con quell’aspetto. Un’altra possibilità è che gli individui di C. imitans, seguendo le piste di foraggiamento di Crematogaster, abbiano meno probabilità di essere attaccati semplicemente perché sono circondati da molti individui di un’altra specie a cui somigliano. Le formiche si imitano tra loro, ma in moltissimi casi sono imitate anche da altri organismi. In questo caso si parla di mirmecomorfismo. Molte specie di artropodi, dalle cavallette alle cimici, hanno l’aspetto e i movimenti delle formiche che vivono nello stesso ambiente. Spesso è una strategia evolutiva per scoraggiare i predatori, tra i quali figurano proprio le formiche, che contengono sostanze tossiche e in alcuni casi sono dotate di pungiglioni e veleni molto potenti. Ma ci sono anche alcuni ragni che, grazie al mirmecomorfismo, si avvicinano più facilmente alle loro prede (formiche o altri animali che evidentemente non temono le formiche). I casi di mirmecomorfismo possono essere molto raffinati. Per esempio, se fate un giro a Entomodena, una grande mostra di insetti, potete ammirare degli insetti foglia molto comuni tra gli appassionati, chiamati Extatosoma tiaratum. Questi insetti (assieme ad altre specie affini), sono originari dell’Australia e depongono uova che hanno l’aspetto di semi; le formiche raccolgono queste uova e le portano nel formicaio. In questo ambiente protetto le uova si schiudono e nascono i piccoli fasmidi. Questi, però, non assomigliano ai genitori, ma alle formiche che hanno portato le uova nel nido (genere Leptomyrmex), e proprio per questa ragione non sono attaccati quando lasciano il formicaio. Ricapitolando: un insetto che da adulto sembra una foglia, fa uova che sembrano semi, da cui si schiudono individui che sembrano formiche. In questo caso per le formiche imitate c’è anche un guadagno. L’uovo del fasmide infatti ha una specie di cappuccio (capitulum) ricco di grassi, che le formiche possono mangiare. Questa ricompensa è del tutto simile all’elaiosoma, una struttura ricca di nutrienti che si trova sui semi (veri) delle piante che usano le formiche per diffondersi.Anche noi copiamo le formiche, o meglio: impariamo da loro
Le formiche sono uno dei gruppi animali di maggior successo: sono diffuse quasi in ogni ambiente e costituiscono fino a un quarto della biomassa animale. Non deve stupire se tanti organismi si sono evoluti per imitarle. Per lo stesso motivo sono moltissime anche le specie mirmecofile, cioè che stabiliscono con loro delle simbiosi mutualistiche (come nel caso di Extatosoma e delle piante che le usano per disperdere i semi, ma ci sono molti altri esempi). E gli esseri umani? Non abbiamo bisogno di travestirci da formiche, ma da un po’ di tempo questi animali aiutano gli scienziati a risolvere problemi pratici. La parola chiave in questo caso è biomimetica: lo studio della natura per sviluppare nuove tecnologie ispirate a essa. Per le formiche, gli esempi più interessanti riguardano la loro organizzazione sociale. Una colonia di formiche è un superorganismo, cioè un organismo diviso in più corpi. Una singola formica è insignificante senza le sue sorelle: solo se le consideriamo nel loro insieme le formiche sono capaci dei complessi comportamenti che osserviamo. Il formicaio è intelligente, spiega Grasso nel libro, perché le formiche che lo costituiscono sono “programmate” per seguire poche, semplici regole. Ma collettivamente da queste poche e semplici regole emerge una complessità comportamentale più grande della somma delle parti. Facciamo un esempio: quando le formiche trovano una fonte di cibo, in breve stabiliscono il percorso più breve per giungere al formicaio. Come ci riescono? Questo succede perché nel percorso lasciano una scia di feromoni, che le compagne sanno seguire. Questa scia nel tempo evapora e scompare, a meno che altre formiche non marchino a loro volta il percorso. Le formiche che, per caso, seguono una via più diretta, lasceranno una traccia di feromoni che tende a essere sempre più forte, perché su quel percorso l’andirivieni delle compagne (che rilasciano a loro volta feromoni) è più veloce. Le vie più lunghe, e quindi meno efficienti, alla fine sono abbandonate, perché il feromone che evapora non è rimpiazzato con la stessa frequenza. Le formiche quindi non sanno decidere razionalmente la via più breve, ma la trovano perché seguono semplici regole come “segui il feromone”. Che cosa c’entra allora la biomimetica? Ogni giorno noi usiamo (consapevolmente o meno) programmi informatici costituiti da algoritmi, cioè insiemi di regole per risolvere un problema. Le formiche sono quindi un ottimo modello per sviluppare programmi di ottimizzazione: per esempio, per scegliere la via più breve per trasmettere dati da un nodo a un altro di una rete, o per regolare meglio il traffico, o anche per programmare robot e droni che agiscano collettivamente. Un giorno, forse, avremo anche robot-scavatori ispirati alle formiche: è infatti notizia recente che questi incredibili animali riescono a costruire tunnel che non collassano proprio grazie a questo tipo di algoritmi comportamentali, anche questi tutti da copiare.Questo video del Caltech mette in luce alcune delle strategie adottate dalle formiche per la costruzione dei loro tunnel:
Pubblicato originariamente su Aula di scienze Zanichelli il 13 settembre 2021
Giornalista e comunicatore scientifico, mi sono formato all’Università di Bologna e alla Sissa di Trieste. Scrivo o ho scritto per le seguenti testate o siti: Il Tascabile, Wonder Why, Aula di Scienze Zanichelli, Wired.it, OggiScienza, Le Scienze, Focus, SapereAmbiente, Rivista Micron, Treccani Scuola. Curo la collana di divulgazione scientifica Zanichelli Chiavi di Lettura. Collaboro dalla fondazione con Pikaia, dal 2021 ne sono caporedattore.