Formiche con la sindrome di Stoccolma
La formica parassita Temnothorax americanus “rapisce” dai nidi individui di T. longispinosus e li rende schiavi della propria colonia. La reazione degli ospiti agli attacchi dipende dall’efficacia del parassitismo nella zona: nelle aree in cui è molto diffuso non vi è quasi difesa, dove invece la pressione da parte dei parassiti è inferiore gli ospiti reagiscono in modo aggressivo
Temnothorax americanus (famiglia Formicidae) è una formica dell’America Nordorientale che appartiene ad una particolare categoria di parassiti noti come parassiti sociali: essi, invece di danneggiare in modo diretto l’organismo dei loro ospiti, ne manipolano il comportamento sociale o quello relativo alla cura della nidiata. In particolare, questa specie non alleva direttamente la propria prole né si dedica alla ricerca attiva di cibo. Invece, depreda i nidi di un’altra specie, T. longispinosus, di cui “rapisce” larve e pupe per portarle nel proprio nido. Una volta raggiunta l’età adulta, le formiche “rapite” si occupano della nidiata e degli adulti parassiti, andando alla ricerca del cibo e nutrendoli, oltre a difenderne il nido. Una colonia di T. americanus, costituita da una regina e da 2–5 operaie, può catturare tra i 30 e i 60 “schiavi”.
I parassiti sociali e i loro ospiti sono impegnati in una sorta di corsa agli armamenti coevolutiva: da un lato i parassiti perfezionano le strategie di attacco e sfruttamento dei loro ospiti, dall’altro gli ospiti sviluppano migliori strategie di difesa. In uno studio, un team di biologi dell’Institute for Organismic and Molecular Evolution (iOME) della Johannes Gutenberg University ha esaminato proprio la particolare relazione che lega T. americanus e T. longispinosus. Gli scienziati hanno raccolto colonie di ospiti in otto diverse aree dell’America Nordorientale, in cinque delle quali hanno rilevato anche la presenza delle formiche parassite.
L’osservazione del comportamento delle due specie ha condotto ad un’interessante scoperta: sulla capacità di difendersi da parte delle formiche influisce in modo determinante il fatto che i “rapitori” provengano da un’area in cui sia presente una popolazione parassita di maggiore o minore successo. Quando gli intrusi provengono da un sito in cui la pressione da parte dei parassiti è bassa, T. longispinosus reagisce in modo aggressivo di fronte agli invasori, con un combattimento coordinato; al contrario, nei siti in cui il parassitismo è più diffuso, gli ospiti non riconoscono gli aggressori e, di conseguenza, non reagiscono in modo aggressivo. Le formiche si identificano a vicenda mediante molecole che ricoprono lo strato esterno della loro cuticola: i parassiti “di successo” riescono a nascondersi agli ospiti limitando la quantità di queste sostanze usate per l’identificazione.
Questo comportamento trova riscontro anche nell’attività dei geni associati all’aggressività presenti nel cervello delle formiche ospiti, la cui espressione non è determinata tanto dalla provenienza degli ospiti stessi quanto dal successo del parassita aggressore nel suo ambiente di origine: se si tratta di un esemplare proveniente da un’area in cui il parassitismo è diffuso, l’attività dei geni nelle formiche ospiti non subisce modifiche e i “rapitori” possono intrufolarsi non visti e non ostacolati nel nido degli ospiti.
Le interazioni tra parassiti sociali e ospiti rappresentano un interessante modello per lo studio delle dinamiche di adattamento nel percorso di coevoluzione legato allo sviluppo di strategie di attacco e di difesa: i comportamenti descritti nello studio, in particolare, indicano che la variabilità nell’efficacia di attacco da parte dei parassiti è molto più influente nell’interazione tra le due specie rispetto alle abilità di difesa degli ospiti.
Riferimenti:
R. Kaur, S. Foitzik et al. Ant behaviour and brain gene expression of defending hosts depend on the ecological success of the intruding social parasite. Philosophical Transactions of the Royal Society B: Biological Sciences, 2019. DOI: 10.1098/rstb.2018.0192
Credit immagine: Susanne Foitzik, iOME, JGU