Gli scimpanzé usano i suoni per cacciare, un indizio della coevoluzione tra linguaggio e cooperazione nella nostra specie
Una nuova ricerca ha cercato di comprendere se anche le grandi scimmie come gli scimpanzé utilizzano, come noi, la comunicazione vocale per influenzare ed organizzare comportamenti sociali complessi
Gli scimpanzé utilizzano la comunicazione per favorire la cooperazione e incentivare la partecipazione a eventi sociali come la caccia.
È quanto mostra lo studio congiunto dell’università di Zurigo (UZH) e dell’università di Boston (Tufts), che ha analizzato la produzione di latrati di 307 eventi di caccia nell’arco di 23 anni, dal 1996 al 2018, nella comunità di scimpanzé del Parco Nazionale di Kibale, in Uganda.
“Una caratteristica notevole della specie umana è la propensione alla cooperazione flessibile su piccola e grande scala”, un fenomeno sociale, affermano i ricercatori, che sarebbe impossibile senza comunicazione. Se le cose stanno così, prosegue Simon Townsend, professore dell’università di Zurigo e coordinatore della ricerca, è possibile che la comunicazione vocale faciliti in qualche modo la cooperazione di gruppo anche nei nostri parenti più stretti, gli scimpanzé.
La complessità degli studi etologici
In generale, non è mai facile stabilire con certezza se ci si trova di fronte a semplici correlazioni piuttosto che a vere e proprie determinazioni causali. Le cose si complicano ulteriormente se si cercano correlazioni tra la sfera semantica degli atti di comunicazione e quella dei comportamenti sociali come, appunto, la decisione di partecipare a una battuta di caccia. In mancanza di un linguaggio comune e condiviso che ci permetta di raccogliere il report del soggetto studiato, risulta difficile capire come una vocalizzazione possa assumere un significato piuttosto che un altro, ed è altrettanto difficile determinare quali siano le intenzioni e gli obiettivi dietro quell’atto comunicativo. Nel caso del comportamento umano il problema è facilmente aggirabile, poiché il linguaggio garantisce un accesso privilegiato all’esperienza individuale, ovvero alla percezione che l’individuo stesso ha di ciò che fa nel momento in cui lo fa. Poiché le vocalizzazioni prese in esame sono quelle che precedono la caccia, è necessario capire quando l’evento di caccia ha effettivamente inizio. Non potendo per ovvie ragioni intervistare i soggetti, i ricercatori hanno fissato convenzionalmente che l’inizio della caccia coincide col momento in cui il primo scimpanzé raggiunge l’altezza della scimmia più bassa del gruppo predato. Un secondo scoglio da superare è capire se la produzione di latrati sia direttamente correlata alla volontà di coordinare il gruppo e non dipenda piuttosto dalla volontà di informare gli altri, ad esempio, della presenza di condizioni favorevoli alla caccia stessa. La prova maggiore a sostegno della prima ipotesi, affermano gli autori, consiste nel fatto che la produzione di segnali acustici non influisce direttamente sul successo degli abbattimenti, come sarebbe lecito aspettarsi se quei segnali dessero informazioni cruciali sul contesto di caccia. La quantità di abbattimenti dipende piuttosto dal sesso dei partecipanti e dalla presenza di cacciatori d’impatto, il cui numero aumenta in presenza di latrati ma non è strettamente dipendente da esso. Esistono inoltre diversi gradi di cooperazione e non sempre la comunicazione (o, nel caso degli esseri umani, il vero e proprio linguaggio) svolge un ruolo cruciale nella loro realizzazione. Una prima forma è quella che gli autori definiscono “mutualismo sottoprodotto”, nel quale gli individui agiscono separatamente senza comunicare, ottenendo come risultato di questa azione individuale un obiettivo comune. La cooperazione propriamente detta è invece quella che prevede una coordinazione degli individui nello spazio e nel tempo, operazione che, come detto in precedenza, è impossibile senza comunicazione. La scelta della caccia come caso studio
La decisione di concentrarsi sulle battute di caccia degli scimpanzé non è casuale. Essendo energeticamente dispendiosa ed esponendo i partecipanti a un rischio variabile di ferirsi, gli individui non sempre sono incentivati a partecipare, il che rende il contesto di caccia un evento sociale favorevole per l’insorgere di atti comunicativi indirizzati a questo scopo. Un’informazione utile da comunicare agli individui indecisi sarebbe quindi il numero e l’identità dei partecipanti, che può essere efficacemente comunicata mediante vocalizzazioni. Infine, si legge nella ricerca, nei contesti di caccia i latrati vengono emessi prima dell’inseguimento attivo della preda, il che suggerisce una funzione comunicativa del segnale vocale. I risultati
Sebbene con una certa prudenza, i risultati mostrano che l’emissione di caratteristici segnali vocali prima della caccia non è un semplice modo di “pubblicizzare” la propria intenzione di cacciare da parte di un individuo, ma un vero e proprio invito alla partecipazione attiva. È stato osservato che gli eventi di caccia preceduti da latrati comportano una maggiore partecipazione e una maggiore efficienza nella gestione delle tempistiche, sia per quanto riguarda l’attesa iniziale sia per quanto riguarda la latenza tra un’uccisione e l’altra. A loro volta, gli individui che emettono un segnale uditivo in quel contesto sono più propensi a lanciarsi in un inseguimento attivo. Sembra dunque che questi atti di comunicazione servono agli scimpanzé per prendere decisioni pienamente informate all’interno di un contesto nel quale ogni individuo è esposto a una valutazione dei rischi e dei benefici. In generale, per partecipare alla battuta di caccia non è necessario essere esposti ai latrati di altri membri. Nonostante ciò, in loro presenza la partecipazione attiva è maggiore e questo ha effetti enormi sul gruppo, in quanto la caccia esercita sui suoi membri una pressione selettiva dovuta ai rischi di ferite. Uno sguardo al futuro
È ancora poco chiaro quali siano i processi psicologici coinvolti in questo complesso fenomeno sociale. Gli scimpanzé hanno mostrato di essere ricettivi ai latrati, il che indica l’influenza sociale degli atti comunicativi sul comportamento della caccia. Se questo è vero ci troviamo di fronte a una vera e propria interazione poliadica, fenomeno che va ben oltre le interazioni diadiche come il grooming e il gioco. Le ricerche future dovrebbero cercare di comprendere se nella valutazione e nell’interpretazione degli atti comunicativi sono coinvolti meccanismi emotivi (angoscia e allarme), intenzionali (valutazione delle possibilità di successo) o entrambi, nel tentativo di cogliere le somiglianze tra il comportamento cooperativo nell’uomo e nelle grandi scimmie.
Riferimenti: Mine, J. G., Slocombe, K. E., Willems, E. P., Gilby, I. C., Yu, M., Thompson, M. E., …Machanda, Z. P. (2022). Vocal signals facilitate cooperative hunting in wild chimpanzees. Science Advances, 8(30), eabo5553. doi: 10.1126/sciadv.abo5553 Immagine: Rod Waddington, via Flickr
In generale, non è mai facile stabilire con certezza se ci si trova di fronte a semplici correlazioni piuttosto che a vere e proprie determinazioni causali. Le cose si complicano ulteriormente se si cercano correlazioni tra la sfera semantica degli atti di comunicazione e quella dei comportamenti sociali come, appunto, la decisione di partecipare a una battuta di caccia. In mancanza di un linguaggio comune e condiviso che ci permetta di raccogliere il report del soggetto studiato, risulta difficile capire come una vocalizzazione possa assumere un significato piuttosto che un altro, ed è altrettanto difficile determinare quali siano le intenzioni e gli obiettivi dietro quell’atto comunicativo. Nel caso del comportamento umano il problema è facilmente aggirabile, poiché il linguaggio garantisce un accesso privilegiato all’esperienza individuale, ovvero alla percezione che l’individuo stesso ha di ciò che fa nel momento in cui lo fa. Poiché le vocalizzazioni prese in esame sono quelle che precedono la caccia, è necessario capire quando l’evento di caccia ha effettivamente inizio. Non potendo per ovvie ragioni intervistare i soggetti, i ricercatori hanno fissato convenzionalmente che l’inizio della caccia coincide col momento in cui il primo scimpanzé raggiunge l’altezza della scimmia più bassa del gruppo predato. Un secondo scoglio da superare è capire se la produzione di latrati sia direttamente correlata alla volontà di coordinare il gruppo e non dipenda piuttosto dalla volontà di informare gli altri, ad esempio, della presenza di condizioni favorevoli alla caccia stessa. La prova maggiore a sostegno della prima ipotesi, affermano gli autori, consiste nel fatto che la produzione di segnali acustici non influisce direttamente sul successo degli abbattimenti, come sarebbe lecito aspettarsi se quei segnali dessero informazioni cruciali sul contesto di caccia. La quantità di abbattimenti dipende piuttosto dal sesso dei partecipanti e dalla presenza di cacciatori d’impatto, il cui numero aumenta in presenza di latrati ma non è strettamente dipendente da esso. Esistono inoltre diversi gradi di cooperazione e non sempre la comunicazione (o, nel caso degli esseri umani, il vero e proprio linguaggio) svolge un ruolo cruciale nella loro realizzazione. Una prima forma è quella che gli autori definiscono “mutualismo sottoprodotto”, nel quale gli individui agiscono separatamente senza comunicare, ottenendo come risultato di questa azione individuale un obiettivo comune. La cooperazione propriamente detta è invece quella che prevede una coordinazione degli individui nello spazio e nel tempo, operazione che, come detto in precedenza, è impossibile senza comunicazione. La scelta della caccia come caso studio
La decisione di concentrarsi sulle battute di caccia degli scimpanzé non è casuale. Essendo energeticamente dispendiosa ed esponendo i partecipanti a un rischio variabile di ferirsi, gli individui non sempre sono incentivati a partecipare, il che rende il contesto di caccia un evento sociale favorevole per l’insorgere di atti comunicativi indirizzati a questo scopo. Un’informazione utile da comunicare agli individui indecisi sarebbe quindi il numero e l’identità dei partecipanti, che può essere efficacemente comunicata mediante vocalizzazioni. Infine, si legge nella ricerca, nei contesti di caccia i latrati vengono emessi prima dell’inseguimento attivo della preda, il che suggerisce una funzione comunicativa del segnale vocale. I risultati
Sebbene con una certa prudenza, i risultati mostrano che l’emissione di caratteristici segnali vocali prima della caccia non è un semplice modo di “pubblicizzare” la propria intenzione di cacciare da parte di un individuo, ma un vero e proprio invito alla partecipazione attiva. È stato osservato che gli eventi di caccia preceduti da latrati comportano una maggiore partecipazione e una maggiore efficienza nella gestione delle tempistiche, sia per quanto riguarda l’attesa iniziale sia per quanto riguarda la latenza tra un’uccisione e l’altra. A loro volta, gli individui che emettono un segnale uditivo in quel contesto sono più propensi a lanciarsi in un inseguimento attivo. Sembra dunque che questi atti di comunicazione servono agli scimpanzé per prendere decisioni pienamente informate all’interno di un contesto nel quale ogni individuo è esposto a una valutazione dei rischi e dei benefici. In generale, per partecipare alla battuta di caccia non è necessario essere esposti ai latrati di altri membri. Nonostante ciò, in loro presenza la partecipazione attiva è maggiore e questo ha effetti enormi sul gruppo, in quanto la caccia esercita sui suoi membri una pressione selettiva dovuta ai rischi di ferite. Uno sguardo al futuro
È ancora poco chiaro quali siano i processi psicologici coinvolti in questo complesso fenomeno sociale. Gli scimpanzé hanno mostrato di essere ricettivi ai latrati, il che indica l’influenza sociale degli atti comunicativi sul comportamento della caccia. Se questo è vero ci troviamo di fronte a una vera e propria interazione poliadica, fenomeno che va ben oltre le interazioni diadiche come il grooming e il gioco. Le ricerche future dovrebbero cercare di comprendere se nella valutazione e nell’interpretazione degli atti comunicativi sono coinvolti meccanismi emotivi (angoscia e allarme), intenzionali (valutazione delle possibilità di successo) o entrambi, nel tentativo di cogliere le somiglianze tra il comportamento cooperativo nell’uomo e nelle grandi scimmie.
Riferimenti: Mine, J. G., Slocombe, K. E., Willems, E. P., Gilby, I. C., Yu, M., Thompson, M. E., …Machanda, Z. P. (2022). Vocal signals facilitate cooperative hunting in wild chimpanzees. Science Advances, 8(30), eabo5553. doi: 10.1126/sciadv.abo5553 Immagine: Rod Waddington, via Flickr
Laureato in Filosofia presso l’Università degli Studi di Milano, sto completando un Master in comunicazione ambientale presso l’Università degli Studi dell’Insubria. Il mio interesse è rivolto alla filosofia della biologia, all’ambiente e alla filosofia della mente in riferimento alle questioni neuroscientifiche.