I fossili raccontano la fine di un’era glaciale di 300 milioni di anni fa

Ricostruzione artistica della deglaciazione avvenuta nel Permiano Inferiore causata da un rapido incremento della CO2, avvenuta circa 294 milioni di anni fa (realizzato da Dawid Adam Iurino)

Un viaggio nel passato remoto della Terra svela come un improvviso aumento di CO2 abbia trasformato il pianeta, offrendo lezioni cruciali per il nostro futuro climatico

Durante la sua lunga storia, la Terra ha sperimentato condizioni climatiche molto diverse dal presente, alternando fasi glaciali a periodi di riscaldamento globale che hanno plasmato il pianeta e influenzato l’evoluzione degli organismi. Ancor prima della comparsa dei dinosauri, durante il tardo Paleozoico (circa 300 milioni di anni fa) ebbe luogo una delle glaciazioni più estese, terminata con una fase di riscaldamento che portò alla scomparsa quasi completa dei ghiacciai e delle calotte polari con importanti conseguenze sulla biodiversità.

La comunità scientifica concorda che l’innesco di questi fenomeni sia da attribuire alla concentrazione di anidride carbonica (CO2) e metano (CH4) in atmosfera. Tuttavia, quantificare con precisione le variazioni di questi gas in atmosfera nel passato geologico risulta molto complesso. Oggi, analogamente a quanto avvenuto 300 milioni di anni fa, la riduzione dei ghiacciai e delle calotte polari è più che evidente. La glaciazione del tardo Paleozoico e il suo declino seguito da un considerevole aumento delle temperature, rappresenta quindi un ottimo caso studio per comprendere meglio i cambiamenti climatici attualmente in atto e le loro conseguenze.

I ricercatori dell’Università di St. Andrews in Scozia, con i colleghi di Roma Sapienza, Milano Statale e altri sei partner internazionali (che comprendono sia università che enti di ricerca), hanno studiato l’atmosfera durante e dopo la glaciazione del tardo Paleozoico per comprenderne i meccanismi e le variazioni. I risultati, pubblicati sulla rivista internazionale Nature Geoscience, ricostruiscono per la prima volta i livelli atmosferici di CO2 lungo un arco temporale di 80 milioni di anni.

Leggere gli archivi del tempo profondo

L’atmosfera del passato viene spesso studiata attraverso l’analisi di piccole bolle l’aria inglobate nelle calotte polari grazie alle quali siamo capaci di ricostruire con precisione le variazioni climatiche fino a circa 800 mila anni fa. La sfida affrontata dagli studiosi è stata quella di sviluppare metodologie in grado di risalire a un intervallo compreso tra 340 e 260 milioni di anni fa.

“I fossili e le caratteristiche geochimiche dei loro resti sono una preziosa fonte di informazioni che ci permette di ricostruire il clima e gli ambienti in cui questi organismi sono vissuti, anche nel tempo profondo” afferma la Prof.ssa Lucia Angiolini dell’Università degli Studi di Milano.

La prof. Lucia Angiolini osserva e campiona materiale fossile da alcuni affioramenti rocciosi del Carbonifero
in Scozia (foto: comunicato stampa)
La prof. Lucia Angiolini osserva e campiona materiale fossile da alcuni affioramenti rocciosi del Carbonifero
in Scozia.

I fossili oggetto dello studio sono brachiopodi, invertebrati marini con una conchiglia costituita da carbonato di calcio, molto abbondanti durante il Paleozoico e tutt’ora rappresentati da alcune specie viventi.

“Mentre l’organismo cresce, la sua conchiglia si espande e incorpora numerosi elementi e composti chimici che vanno a costituire una sorta di archivio per tutto il suo ciclo vitale” sottolinea il Prof. Claudio Garbelli di Roma Sapienza. Infatti è noto come questi elementi siano legati alla composizione dell’acqua marina e alla variazione di molteplici parametri tra cui la temperatura e l’acidità (pH).

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Un brachiopode fossile, chiamato Pachycyrtella, proveniente dal Permiano inferiore dell’Oman.

“Alcuni elementi presenti nel carbonato di calcio delle conchiglie sono determinati dai valori di pH dell’acqua marina che, a sua volta, dipende dalla quantità di CO2 atmosferica” aggiunge la Dr. Hana Jurikova dell’Università di St. Andrews e prima autrice dello studio. Prosegue, “Misurando alcuni degli elementi contenuti nelle conchiglie fossili (quali ad esempio il boro e lo stronzio) e con l’ausilio di sofisticati modelli matematici, siamo stati in grado di ricostruire con una certa precisione la quantità di CO2 presente in atmosfera lungo un arco temporale di 80 milioni di anni, tra 340 e 260 milioni di anni fa”.

L’anidride carbonica al timone dei cambiamenti climatici antichi e moderni

I risultati ottenuti, dimostrano come i livelli di CO2 fossero intimamente connessi all’evoluzione della glaciazione e alla sua fine. I ricercatori hanno infatti misurato bassi livelli di CO2 concomitanti alla formazione di estese calotte polari. Viceversa, l’incremento di CO2, che fu il prodotto di un’intensa attività vulcanica, è risultato concomitante a una riduzione globale dei ghiacciai e a un incremento della temperatura superficiale media degli oceani fino a 4 gradi centigradi.

Fig. 2

Studi come questo, oltre a evidenziare l’importanza dei fossili come archivi di informazioni utili per comprendere le dinamiche dei cambiamenti climatici e ambientali avvenuti nel passato, rappresentano una fonte di dati indispensabile per sviluppare modelli predittivi dei cambiamenti climatici attualmente in atto e del loro impatto sulla biodiversità.

Riferimenti:

Jurikova, H., Garbelli, C., Whiteford, R., Reeves, T., Laker, G. M., Liebetrau, V., …Angiolini, L. (2025). Rapid rise in atmospheric CO2 marked the end of the Late Palaeozoic Ice Age. Nat. Geosci., 18, 91–97. doi: 10.1038/s41561-024-01610-2

Immagine in apertura: Ricostruzione artistica della deglaciazione avvenuta nel Permiano Inferiore causata da un rapido incremento della CO2, avvenuta circa 294 milioni di anni fa (realizzato da Dawid Adam Iurino)

Fonte e immagini: comunicato stampa