“Il ladro di piume”: la vera storia di un’inestimabile collezione ornitologica trasformata in esche da pesca
Il museo Tring era pieno di rari esemplari di uccelli le cui splendide piume valevano incredibili somme di denaro per gli uomini che condividevano la stessa ossessione di Edwin Trist, il “ladro di piume”: l’arte vittoriana di creare sugli ami riproduzioni di insetti per la pesca dei salmoni.
Le fatiche attraverso cui Wallace riuscì a scovare, classificare, raccogliere e trasferire quegli esemplari animali dall’Asia insulare (dopo che i primi reperti di pelli, piante, insetti dall’Amazzonia erano andati persi), essenziali per comprendere la selezione naturale e offrire spunti alle dinamiche di speciazione, sono una mirabolante avventura: in parte da lui stesso ricostruita e narrata, in parte materia di centinaia di volumi storici, in parte oggetto di migliaia di contributi scientifici. Alla conservazione di quei campioni molto contribuì un ricco rampollo dei Rothschild, proprio quando nelle ultime tre decadi dell’Ottocento centinaia di milioni di uccelli maschi vennero uccisi per usare le loro piume nel mondo e nel mercato della moda. L’abolizione del commercio delle piume, attraverso lo statunitense Migratory Bird Treaty Act del 1918 e la Convenzione internazionale sulla conservazione di fauna e flora del 1933 furono poi una vittoria soprattutto di movimenti delle donne. Arrivarono poco dopo, però, alcuni pescatori con gli elaborati ami, artistici e colorati grazie alle piume. L’ossessionato Rist era bravissimo a costruire e vendere queste esche. Un curioso scrittore andava a pesca a mosca con gli amici, ne conobbe il furto e cominciò a ossessionarsi per capirne il perché e il come. Il poco più che quarantenne sceneggiatore e giornalista (laureato in Lingue e Civiltà del Medio Oriente) Kirk Wallace Johnson (West Chicago, 1980), già funzionario della cooperazione allo sviluppo e fondatore dell’organizzazione no-profit di aiuto al reinsediamento dei rifugiati iracheni, nell’estate 2011 si trovava e pesca nelle acque del Red River (New Mexico), quando il mentore e amico Spencer Seim gli parlò di Edwin Rist, che aveva voluto mettere le mani sugli uccelli necessari per creare le mosce che entrambi usavano, appena quattro mesi dopo la sentenza sul furto. Quel crimine lo stregò, iniziò a studiare l’arte vittoriana di creare sugli ami riproduzioni di insetti per la pesca dei salmoni e a entrare in un sottobosco di fanatici e di venditori di piume sgargianti, di drogati e di appassionati di caccia grossa, di ex detective e dentisti dalla dubbia fama.
Seguirono oltre cinque anni sfibranti di sacrifici, capillari ricerche d’archivio e sul campo, frequentazioni e incontri, trasferte e simposi, molte interviste a distanza e in presenza (spesso o a lungo rifiutate), compresa quella con il “ladro di piume” in persona, avvenuta il 26 maggio 2015, finché non è arrivato questo interessante affascinante volume, uno splendido saggio narrato come un romanzo giallo noir con tutti i relativi espedienti letterari. Nella prima parte l’autore racconta le premesse dell’evento, il travagliato percorso scientifico che aveva condotto le piume al museo e le motivazioni commerciali dell’infatuazione per le piume da parte di gruppi di sapiens. Nella seconda parte l’attenzione si concentra sul ladro (da cui il titolo), la nascita e l’adolescenza statunitensi, il trasferimento musicale in Inghilterra, la passione per il flauto e la mania per gli ami a mosca, il furto meticolosamente preparato e poi l’uso della refurtiva, la lunga indagine poliziesca e la casuale soluzione del caso, l’arresto e il processo, l’accoglimento della “Asperger’s defense” e il rilascio di fatto senza una pena e senza aver rintracciato larga parte delle pelli e delle piume trafugate. La terza parte riguarda la ricerca dell’autore stesso per darci qualche elemento in più sulla verità, descriverci la situazione attuale di permanente dubbia legalità e perorare un punto di vista scientifico sulle umane ossessioni. In mezzo, un ricco esplicativo inserto fotografico. In fondo una nota sulle fonti, la bibliografia e l’indice analitico.
Valerio Calzolaio è giornalista e saggista. Già deputato per quattro legislature, dal 1996 al 2001 è stato sottosegretario al Ministero dell’Ambiente, rappresentando il governo italiano ai principali appuntamenti ambientali internazionali (da Kyoto a l’Aja, da Nairobi a New York). Ha svolto per anni attività di consulente Onu per il segretariato della Convenzione per la lotta alla siccità e alla desertificazione. È stato professore a contratto di Diritto Costituzionale all’Università di Macerata. Ha pubblicato, con Telmo Pievani, Libertà di migrare (Einaudi, 2016), i suoi libri più recenti sono La specie meticcia (People, 2019), Migrazioni (Doppiavoce, 2019) e Isole carcere (Edizioni Gruppo Abele), 2022.