Il metabolismo rivela quanto la vita fosse prolifera già 3,5 miliardi di anni fa
Tre miliardi e mezzo di anni fa la Terra permetteva alla vita di sopravvivere a malapena oppure di proliferare? Un nuovo studio sul metabolismo microbico registrato in miliardi di anni nei record fossili mostra che la vita prosperava già 3,5 miliardi di anni fa
La vita complessa è stata preceduta per miliardi di anni dai microbi come batteri e archeobatteri. Gli organismi microbici, a differenza degli organismi più complessi con strutture rigide e dimensioni considerevoli, non si fossilizzano bene; tuttavia hanno lasciato alcune prove fisiche della loro presenza nell’antica documentazione geologica (Pikaia ne ha parlato qui). Gli scienziati usano quindi metodi basati sui rapporti isotopici per capire se e quanto la vita fosse presente nelle diverse registrazioni geologiche.
Gli isotopi sono atomi dello stesso elemento (stesso numero di protoni nel nucleo) con un numero di neutroni differente. Mentre molti isotopi sono radioattivi e quindi decadono in altri elementi (perdono la carica nel corso del tempo), alcuni non subiscono tali reazioni; questi sono noti come isotopi “stabili”. Ad esempio, gli isotopi stabili del carbonio (C) includono carbonio 12 (scritto come 12C, possiede 6 protoni e 6 neutroni) e carbonio 13 (13C, con 6 protoni e 7 neutroni).
Tutti gli esseri viventi si nutrono ed espellono sostanze di scarto. I microbi assimilano spesso composti semplici disponibili nell’ambiente. Ad esempio, alcuni sono in grado di assorbire il biossido di carbonio (CO2, l’anidride carbonica) come fonte di carbonio per costruire le proprie cellule. La CO2 presente in natura ha un rapporto abbastanza costante tra 12C e 13C. Tuttavia, la 12CO2 è circa il 2% più leggera della 13CO2, quindi le molecole 12CO2 si diffondono e reagiscono leggermente più velocemente; questo fenomeno porta i microbi stessi a metabolizzare più 12C rispetto a 13C e quando muoiono e lasciano i loro resti nella documentazione fossile, la loro firma isotopica stabile rimane ed è misurabile. La composizione isotopica, o “firma”, di tali processi può essere molto specifica per i microbi che li producono e quindi di grande aiuto per gli scienziati.
Lo studio, condotto dall’Earth-Life Science Institute (ELSI) of Tokyo e l’Institute of Technology (Tokyo Tech) e pubblicato su Nature Communication, pone l’attenzione sul metabolismo dello zolfo microbico (Pikaia ne ha parlato qui) e cerca di chiarire quali sono i processi cellulari che portano ai diversi rapporti degli isotopi di zolfo (Pikaia ne ha parlato qui). L’elemento zolfo (S), con 16 protoni, ha tre isotopi stabili naturalmente abbondanti: 32S (con 16 neutroni), 33S (con 17 neutroni) e 34S (con 18 neutroni). Molti microbi sono in grado di utilizzare i solfati (SO4) come nutrimento e durante il metabolismo espellono solfuri (derivati dell’acido solfidrico H2S composti da zolfo legato a metalli). Questi scarti, contenenti zolfo, dell’antico metabolismo microbico vengono quindi memorizzati nel registro geologico e i loro rapporti isotopici possono essere misurati analizzando minerali come la pirite (FeS2). Ciò consente agli scienziati di collegare il metabolismo agli isotopi: conoscendo il modo in cui il metabolismo modifica i rapporti isotopici stabili, gli scienziati possono verificare a quali organismi corrispondono le diverse firme isotopiche che si lasciano alle spalle.
I risultati indicano che le tracce di isotopi dello zolfo lasciati dai microbi sono state registrate a partire da circa 3,5 miliardi di anni fa, indicando come queste forme di vita fossero più che semplici comparse in quel periodo. La grande attività metabolica riscontrata già oltre 3 miliardi di anni or sono suggerisce pertanto che la vita fosse effettivamente fiorente negli antichi oceani e non costretta alla mera sopravvivenza. Secondo il professore Shawn McGlynn, autore dello studio, questo lavoro apre un nuovo campo di ricerca: l’”enzimologia evolutiva ed isotopica”. Utilizzando questo tipo di dati, gli scienziati possono ora proseguire gli studi con altri elementi, come carbonio e azoto, e collegare più in maniera più completa il record geochimico con le condizioni cellulari e l’ecologia attraverso una comprensione dell’evoluzione degli enzimi e della storia della Terra.
Fonti
Min Sub Sim, Hideaki Ogata, Wolfgang Lubitz, Jess F. Adkins, Alex L. Sessions, Victoria J. Orphan, Shawn E. McGlynn. Role of APS reductase in biogeochemical sulfur isotope fractionation. Nature Communications, 2019; 10 (1) DOI: 10.1038/s41467-018-07878-4
Immagine: Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA) [Public domain], via Wikimedia Commons