Il prisma dei processi migratori attraverso “Ambienti e migrazioni umane”

Pikaia ha letto per voi “Ambienti e migrazioni umane”, dove i processi migratori sono la cartina al tornasole di articolate dinamiche socio-culturali. La scienza e la filosofia ci permettono di indagarle.

La complessità delle interazioni nelle società umane si è imposta agli occhi di tutti in particolare a partire dall’ultimo biennio. L’inasprirsi dell’emergenza sanitaria, della crisi climatica e, più recentemente, delle tensioni politiche su scala mondiale, ne sono un chiaro segnale. Tra i tanti processi che hanno causato (e talvolta conseguono da) questi eventi vi sono i flussi migratori. Per tale ragione, una loro attenta analisi può fornire preziose informazioni per un’adeguata comprensione degli scenari attuali.

È proprio questa analisi il centro di Ambienti e migrazioni umane: una storia di ecosistemi, il volume curato da Elena Gagliasso, Giulia Iannucci e Leonardo Ursillo, affiliati all’Università Sapienza di Roma. Attraverso i contributi di storici della scienza, filosofi e paleoantropologi, il saggio restituisce un’esaustiva panoramica dei fenomeni migratori, con l’intento di chiarirne le cause, le conseguenze, e le istanze che essi sollevano.

 

Migrazioni ed evoluzione umana

Iniziamo col dire che, se è vero che le migrazioni sono comuni a moltissime specie animali, nella nostra specie raggiungono un elevato grado di complessità. E non si tratta certo di un fenomeno moderno. Come ben si evidenzia, sarebbe più corretto – nella storia delle popolazioni umane – riferirsi ad eventi di diffusione. Il termine ‘diffusione’, infatti,  definisce in maniera più adeguata quei processi popolazionali caratterizzanti già le prime traiettorie Out of Africa del genere Homo. Di fatto, non si tratta di migrazioni in senso stretto, perché il record fossile non descrive spostamenti lineari di gruppi umani da un punto A a un punto B. Al contrario, si tratta di un ramificarsi di nuclei secondari da uno o più nuclei originari, da cui derivarono molteplici ondate espansive, nello spazio e nel tempo.

Questa immagine rende ragione di un record paleontologico e archeologico sempre più ricco e articolato. In tal modo, diviene possibile comprendere come più specie dello stesso genere, o generi diversi, possano aver interagito ripetutamente nel corso dell’evoluzione umana.

Oggi ne sappiamo molto di più rispetto a centocinquanta anni fa, quando lo studio dell’origine dell’uomo era una scienza in embrione. Sulla scorta del dibattito fra monogenisti e poligenisti, la comunità scientifica giunse a proporre un ampio spettro di teorie sui centri d’origine e di diffusione della specie umana. Tra queste, ebbero notevole peso le ipotesi generatesi in seno all’evoluzionismo anti-darwiniano negli Stati Uniti (Pikaia ne ha parlato qui). Tra queste la teoria dell’origine centro-asiatica della specie umana, promossa da Henry Fairfield Osborn, che ad inizio Novecento incontrò il favore degli eugenisti e di coloro che intendevano screditare un’origine africana delle ‘razze europee’. Erano proprio i flussi migratori, dunque, al centro di queste formulazioni teoriche che, seppur errate, godevano di una solida base empirica. Del resto, a causa di una concezione anti-darwiniana e dell’influenza di una ben consolidata idea di evoluzione progressiva (biologica e culturale), diveniva difficile interpretare correttamente le evidenze scientifiche.

 

Intermezzo: scienza e politica nell’era online

Nonostante i progressi paleoantropologici, tuttavia, i tragici eventi dell’ultimo secolo hanno mostrato come i rapporti tra scienza e politica possano talvolta avere effetti disastrosi. Nell’era dei media digitali possiamo sì fruire rapidamente di informazioni su ogni tipo di argomento. Il rischio, però, è quello che le informazioni rimangano pericolosamente tali. Perché si traducano in conoscenza c’è sempre più bisogno di un’educazione all’impiego critico di questi dati grezzi, un’educazione che purtroppo manca in molti casi.

Si pensi alla proliferazione incontrollata di fake news tra ampi strati della popolazione. È sufficiente un click per leggere e divulgare una mole sterminata di notizie false.

Studiare e documentarsi correttamente, si sa, è fatica; è molto più semplice assorbire senza giudizio qualsiasi cosa passi in rete. Grazie anche ad una serie di bias cognitivi, risultati dalla nostra evoluzione, si innesca così un circolo vizioso che fa leva sull’istinto di ‘tribalismo’ e sulle paure più ataviche. I social network ne sono un esempio: la selezione dei contatti fa sì che si creino delle bolle in cui il dibattito critico diminuisce fino a scomparire. Si ha così la dissoluzione della competenza individuale, e si lascia spazio alla superficialità di giudizio a portata di tutti. È un discorso complesso, che qui non possiamo affrontare.

 

Un fenomeno complesso

Ci limiteremo a segnalare come proprio queste nuove forme di socialità online siano il crocevia di quel delicato rapporto tra scienza e politica. Per tornare al tema di Ambienti e migrazioni umane, è esattamente sui fenomeni migratori che dominano il mondo contemporaneo che la politica ha speculato a proprio vantaggio, attraverso una pessima gestione delle piattaforme social. Facendo leva sui timori della gente comune, l’individuazione di un’indefinita dimensione altra ha permesso di acuire i conflitti tra nazioni e all’interno delle stesse nazioni. Si è così giunti ad una iper-semplificazione di un fenomeno che richiederebbe analisi estremamente approfondite e caute.

Qual è il cuore dei fenomeni migratori? Quali sono le con-cause scatenanti, quali conseguenze hanno e su quali livelli? Una prospettiva evoluzionistica è necessaria a situare questi problemi in una prospettiva di ampio respiro.

Tale prospettiva si fa più urgente in una società aperta come la nostra, in cui alla comprensione dei fenomeni migratori dovrebbero seguire adeguate politiche di integrazione, che allo stesso tempo rispettino la diversità culturale delle comunità accolte; in questa direzione si svolgono i contributi dedicati al multiculturalismo e alla preservazione degli idiomi stranieri.

È un tema, questo, ben definibile alla luce di un altro nucleo teorico del saggio, quello inerente alle relazioni ecologiche che fanno da sfondo ai processi migratori. Già Darwin, del resto, si era reso conto dell’importanza di una visione ecologica sulle dinamiche evolutive. Se comprendiamo come le comunità umane siano strutturate secondo un fitta rete di nicchie biologiche e culturali, diverrà possibile render conto della problematicità di un fenomeno attuale e ricco di ricadute teoriche e pragmatiche.

Ancora una volta, anche in questo saggio, scienza, storia e filosofia si incontrano per raccontare un altro tassello essenziale della nostra evoluzione.

Riferimenti:

Gagliasso, E., Iannucci, G. e Ursillo, L. (2022), Ambienti e migrazioni umane: una storia di ecosistemi, Roma: Franco Angeli