La biodiversità al centro | ep. 6 | Rotiferi: la biodiversità in una goccia d’acqua

Cosa ci insegnano i rotiferi sulla sopravvivenza, il DNA e l’evoluzione senza sesso? Diego Fontaneto, ecologo del CNR e ricercatore nello spoke 3 del NBFC, ci guida nel mondo invisibile della biodiversità microscopica
Nel nuovo episodio di La biodiversità al centro, torniamo a parlare delle attività dello spoke 3 del National Biodiversity Future Center, che si occupa di biodiversità terrestre. Lo facciamo con Diego Fontaneto, ecologo e dirigente di ricerca presso il CNR-IRSA di Verbania, da anni impegnato nello studio della biodiversità microscopica, in particolare quella dei rotiferi.
Organismi invisibili a occhio nudo, i rotiferi popolano ambienti acquatici e umidi di ogni tipo: pozze, laghi, muschi, licheni e persino i ghiacciai. Eppure, nonostante la loro presenza ubiquitaria e il loro ruolo cruciale negli ecosistemi, restano tra gli organismi meno studiati.
“A zoologia durante i corsi universitari si studiano – c’è una mezza paginetta su di loro – ma poi nessuno se li ricorda”, osserva Diego con un sorriso.
Da entomologo a “rotiferologo”
Come spesso accade, anche il percorso di ricerca di Diego è nato da una svolta imprevista. Dopo la laurea in Scienze Naturali e alcune esperienze come libero professionista come entomologo, ha vinto un dottorato a Milano. Voleva continuare a occuparsi di insetti, ma si è trovato invece davanti a una scelta inaspettata: studiare i denti dei rotiferi o le braccia delle stelle di mare.
“Non conoscevo niente di entrambi i gruppi, e la mia scelta è stata basata solo sul fatto che le stelle di mare stanno solo al mare, i rotiferi un po’ dappertutto, anche al mare. E quindi ho scelto i rotiferi.”
Da allora li ha studiati ovunque: in laboratorio, in natura e nei contesti più estremi, dalla Groenlandia ai denti dei coccodrilli.
Che cosa sono i rotiferi?
I rotiferi sono piccoli animali acquatici, spesso lunghi meno di mezzo millimetro, ma dotati di tutti gli apparati tipici degli animali: digerente, nervoso, riproduttivo.

CNX OpenStax, CC BY 4.0, via Wikimedia Commons
“Sono animali veri e propri, ultra-miniaturizzati”, spiega Diego.
La loro evoluzione non è stata del tutto chiarita, perché i fossili sono quasi inesistenti. Si sono differenziati forse nel Giurassico, ma non il problema è aperto e le stime variano molto.
Nonostante le dimensioni, hanno un ruolo fondamentale negli ecosistemi: filtrano batteri, alghe e lieviti, aiutano a riciclare la materia organica e costituiscono una fonte di nutrimento per molti altri organismi. Alcune specie di rotiferi vengono perfino allevate per l’acquacoltura, dove servono come cibo per i pesci nelle prime fasi di vita, quando sono troppo piccoli per nutrirsi con mangimi tradizionali.
A oggi sono note circa 2.000 specie di rotiferi in tutto il mondo, e quasi la metà sono state segnalate in Italia. Non perché l’Italia sia particolarmente ricca di rotiferi, ma perché è uno dei pochi Paesi dove ci sono studiosi come Diego che se ne occupano. In altre parole, la biodiversità dei rotiferi è quasi del tutto ignota, a dispetto della loro ubiquità. Il ricercatore ci racconta che un suo collega, in Belgio, ha scoperto una specie nuova semplicemente osservando al microscopio l’acqua che usciva dal rubinetto di casa.
La citizen science potrebbe dare una mano. Diego ricorda la prima volta che ha caricato una foto di rotifero su iNaturalist, la piattaforma per la citizen science di cui abbiamo già parlato:
“Ero convinto di essere il primo a farlo, finché ho scoperto che erano presenti migliaia e migliaia di foto di appassionati microscopisti, e molte di queste specie sono ancora da descrivere. Quindi, c’è ancora molto lavoro da fare, anche grazie alla citizen science.”
Rotiferi estremi: dai ghiacciai alla medicina (e oltre)
Negli ultimi anni Diego ha partecipato a campagne di campionamento in ambienti estremi, come i ghiacciai della Groenlandia. Qui è stata osservata una notevole varietà di rotiferi, spesso endemici:
“In un unico ghiacciaio abbiamo trovato fino a dieci specie diverse, tutte mai osservate altrove.”
Diversa la situazione sui ghiacciai italiani, dove le specie individuate risultano numericamente inferiori e meno caratteristiche di questo tipo di ambiente.
L’interesse scientifico per i rotiferi, tuttavia, non riguarda solo la loro distribuzione: mostrano infatti caratteristiche molto rare nel mondo animale. Per esempio, sono in grado di sopravvivere a condizioni ambientali estreme: possono resistere al congelamento e alla completa disidratazione, rimanere inattivi per lunghi periodi e poi riprendere la propria attività una volta ristabilite le condizioni favorevoli. Nel 2021, in Siberia, sono stati estratti dei rotiferi vivi da permafrost vecchio 24.000 anni.
“Ogni volta che vanno a secco e poi tornano in acqua, ringiovaniscono un pochino”, osserva Diego, riferendosi alla capacità dei rotiferi di riparare i danni accumulati al DNA durante i periodi di inattività.
A questa strategia si affianca la capacità di incorporare nel proprio genoma frammenti di DNA provenienti da altre fonti, come batteri, funghi e alghe. Il fenomeno, noto come trasferimento genico orizzontale, è ancora oggetto di ricerca e potrebbe essere correlato alla loro resilienza.
L’insieme di queste caratteristiche ha portato all’inclusione dei rotiferi in esperimenti condotti nello spazio. Alcuni esemplari sono stati inviati sulla Stazione Spaziale Internazionale ed esposti direttamente ai raggi cosmici. I risultati non hanno mostrato differenze sostanziali rispetto ai controlli rimasti a terra, confermando la straordinaria tolleranza di questi organismi a condizioni estreme.
Non è finita qui: la riproduzione dei rotiferi bdelloidei (una delle classi del gruppo), è molto particolare. Questi organismi non fanno sesso e si riproducono per partenogenesi da milioni di anni.
“Negli anni ’70 sono stati considerati uno scandalo dal punto di vista evolutivo.”
La ricombinazione sessuale è infatti importante per mantenere alta la diversità genetica e per limitare l’accumulo di mutazioni dannose: oggi si pensa che i rotiferi bdelloidei riescano a farne a meno proprio grazie alle loro capacità di riparare il DNA e appropriarsi di sequenze esterne.
Le capacità dei rotiferi, attualmente oggetto di studio, potrebbero offrire spunti per applicazioni mediche, poiché molte malattie nascono proprio da errori nel DNA, a partire dal cancro. Purtroppo, ci spiega Diego, è molto difficile studiarli dal punto di vista molecolare perché non esistono ancora dei protocolli adeguati.
Tra archivi digitali e ambienti inesplorati
Accanto alle attività sul campo, Diego partecipa a un progetto di digitalizzazione delle informazioni disponibili sui rotiferi:
“Stiamo cercando di recuperare tutte le informazioni scritte nel passato, renderle digitali con coordinate e dati aggiuntivi, e caricarle su portali online come il Global Biodiversity Information Facility.”
Questo lavoro, svolto nell’ambito dello spoke 3 del National Biodiversity Future Center, rappresenta uno degli obiettivi chiave del centro: rendere la biodiversità, anche quella meno visibile, pienamente accessibile e valorizzata all’interno delle infrastrutture scientifiche nazionali e internazionali.

Resta ancora molto da scoprire. Per esempio, pare che normalmente non ci siano rotiferi nelle grotte. Le rare volte che sono stati trovati in questi ambienti, erano stati probabilmente trasportati recentemente all’interno della grotta da alluvioni. Un’ipotesi, ci spiega Diego, è che la luce sia fondamentale per produrre qualche tipo di particolato di cui si nutrono. D’altra parte si trovano rotiferi vivi nel terreno a diversi metri di profondità, come si spiega?
“Prima di fare ipotesi sulla loro assenza vorrei prima essere sicuro che non ce ne sono. Quindi, andiamo a esplorare un po’ di grotte…”
Una goccia d’acqua, un intero universo
Le ricerche sui rotiferi portate avanti anche grazie al contributo del National Biodiversity Future Center mostrano come organismi di dimensioni microscopiche possano offrire spunti non solo per comprendere meglio la biodiversità terrestre, ma anche per lo sviluppo di applicazioni in ambiti scientifici più ampi. I progetti promossi nell’ambito dello spoke 3 si inseriscono in una strategia più ampia di conoscenza, conservazione e valorizzazione del vivente in tutte le sue forme.
Dopo aver parlato con Diego, non guarderemo mai più una goccia d’acqua nello stesso modo.
Project funded by the European Union – NextGenerationEU
