La vita sociale segreta dei virus e il loro “arbitrium”
Alla scoperta della sociovirologia
Freud riteneva che il pensiero moderno abbia inflitto una serie di ferite narcisitiche all’uomo, allontandolo dalla privilegiata posizione di centro dell’universo: Copernico ci allontanò dal centro dell’universo astronomico, Darwin da quello dell’universo biologico relegandoci a uno dei tanti rami dell’albero della vita, e Freud stesso ritenne di averci cacciato dal centro del nostro universo psichico cosciente, dominato invece da pulsioni inconsce. Nonostante ciò, le nostre manie di protagonismo sono dure a morire e ancora ci rendono inclini a pensare che, per qualche motivo, dobbiamo essere unici. Ad esempio spesso pensiamo che la cooperazione e l’altruismo siano caratteristiche esclusivamente umane, figlie delle nostre “elevate” facoltà morali o magari delle nostre menti “razionali”, superiori qualitativamente a quelle degli altri esseri viventi che abitano la Terra.
Niente di più sbagliato. La cooperazione tra individui della stessa specie, e a volte tra individui di specie diverse (si parla allora di mutualismo), è un fenomeno molto diffuso in natura e antico quanto la vita stessa. Gli insetti eusociali come le formiche e le api, definiti superorganismi dal biologo Edward O. Wilson, sono campioni di cooperazione e altruismo, e arrivano a sacrificare la vita dell’individuo per il bene del gruppo. La cellula eucariotica, quella dotata di nucleo, mattoncino fondamentale di tutta la vita del regno animale, vegetale e fungino, è nata dalla simbiosi tra un batterio e una cellula che oggi si pensa fosse priva di nucleo. I batteri stessi, oltre a scambiarsi frammenti di DNA, si servono di un sistema di segnali molecolari, chiamato quorum sensing, che veicola informazioni sull’ambiente circostante e permette di abbreviare i tempi di risposta adattativa della colonia.
Studiando i meccanismi di difesa del sistema immunitario dei batteri è stato scoperto Crispr-Cas9, rivoluzione nel mondo delle biotecnologie: funziona come una forbice molecolare programmabile per tagliare il genoma di un qualsiasi organismo in qualsiasi punto. Crispr è un meccanismo presente, in natura, nel sistema immunitario di gran parte dei batteri e degliArchaea. Viene impiegato per difendersi dai virus batteriofagi, più comunemente detti fagi.Assomigliano a un lecca-lecca e funzionano come delle siringhe: si attaccano al batterio e vi iniettano all’interno il proprio DNA, per riprodursi e poi mangiarselo dall’interno. Il meccanismo di difesa dei batteri serve allora a sminuzzare il DNA del virus per impedirne la riproduzione.
Come nella guerra fredda, virus e batteri cercano di essere sempre un passo avanti all’avversario, dando vita a una corsa agli armamenti evolutiva (arms race), dove la posta in gioco è la sopravvivenza.
L’ultimo pezzo di artiglieria, di cui non eravamo a conoscenza fino due anni fa, è stato svelato da Rotem Sorek, genetista del Weizmann Institute of Science a Rehovot, in Israele. La scoperta è avvenuta, come spesso accade, per caso. L’obiettivo dell’esperimento era studiare il modo in cui i batteri compiono le loro “scelte” difensive, individualmente o collettivamente. Sorek aveva perciò infettato la sua colonia batterica con dei virus. Ma quando lui e il suo gruppo sono andati in laboratorio a “intercettare” i messaggi in codice trasmessi sul campo di battaglia, hanno scoperto che venivano dai virus e non dai batteri.
Nella fattispecie il messaggero era una piccola proteina, lunga solo 6 aminoacidi, rilasciata ogniqualvolta un fago infettava una cellula batterica: era come se il virus volesse dire “ne ho preso uno!”. Mano a mano che aumentavano le infezioni, aumentava anche il segnale proteico, indicando che le cellule da infettare stavano progressivamente diminuendo. Oltre una certa soglia i fagi arrestavano gli attacchi che portavano alla disgregazione cellulare (lisi), e rimanevano dormienti all’interno del batterio (stato lisogeno).
Nel 2017 il gruppo israeliano aveva così scoperto un sistema di comunicazione e cooperazione tra virus, che Sorek ha deciso di chiamare arbitrium, e che funziona in maniera analoga proprio al quorum sensing dei batteri.
Ma addirittura si è scoperto che la socialità dei virus arriva anche a far loro compiere il gesto biologico estremo dell’altruismo: il sacrificio individuale per il vantaggio del gruppo. Ricercatori dell’università della California a San Francisco e dell’università di Exeter nel Regno Unito, hanno osservato in laboratorio una prima falange di virus gettarsi alla carica, sacrificandosi, per indebolire le difese immunitarie batteriche. Era l’impiego di una proteina anti-Crispr nel primo attacco a risultare decisiva per il successo della seconda ondata virale.
Negli ultimi mesi sono stati pubblicati diversi lavori che hanno perfezionato la conoscenza delle basi molecolari di arbitrium, e si è capito che quella piccola proteina può essere implicata in diverse funzioni. È aumentato anche il numero noto di virus che ricorrono alla medesima strategia comunicativa, pur sfruttando proteine diverse. Inoltre, è stato scoperto che i virus possono anche “origliare” (eavesdropping) quello che si dicono i batteri: sfruttano le informazioni veicolate dal quorum sensing, per decidere quando iniziare l’attacco, la riproduzione e la moltiplicazione.
I virus che attaccano il batterio del colera (Vibrio cholerae) sono molto bravi a spiare i loro nemici, e all’università di Princeton sono riusciti a ingegnerizzare dei fagi-spia in grado di intercettare il segnale di qualsiasi microbo, inclusi gli Escherichia coli e il batterio della forma tifoidea della salmonella (Salmonella typhimurium), per poi infettarlo. Così come Crispr è divenuto la biotecnologia in grado di modificare a piacimento qualsiasi porzione di genoma, in linea di principio è possibile ingegnerizzare questi virus per attaccare e neutralizzare qualsiasi batterio.
La scoperta di una intensa e finora sconosciuta vita sociale dei virus è di quelle potenzialmente rivoluzionarie, nei termini kuhniani di cambio di paradigma. Samuel Díaz-Muñoz, biologo evoluzionista dell’università della California a Davis, ritiene che i pilastri della virologia siano stati scossi, e insieme ad altri due colleghi ha coniato un nuovo termine, sociovirologia, per offrire una cornice concettuale a un filone di ricerca che si annuncia promettente.
Dal 20 al 24 giugno si è tenuto a San Francisco il congresso dell’American Society for Microbiology e per la prima volta c’è stato un workshop interamente dedicato alla sociovirologia.
Imparare a parlare il linguaggio con cui comunicano i virus può aprire nuove strade alle cure di molte infezioni, l’epatite, la polio, il morbillo, l’influenza, e contribuire allo sviluppo di nuove terapie contro il cancro. Potrebbe aiutare a comprendere come facciano certi virus a eludere le armi del sistema immunitario batterico, e dunque affinare la messa appunto delle biotecnologiederivanti da Cirspr. E potrà anche aiutare a combattere la capacità di un microbo di resistere agli effetti dei farmaci, la resistenza antibiotica, fenomeno che negli anni a venire sarà destinato a scalare la classifica delle minacce alla salute globale.
Da Il Bo Live