Le strategie dell’uomo del paleolitico per prevenire l’endogamia
Analisi genetiche effettuate su quattro individui di Homo sapiens rinvenuti a Sunghir (Russia) suggeriscono che essi mettessero in atto complesse strategie sociali per evitare le unioni tra consanguinei, simili a quelle delle odierne tribù nomadi di raccoglitori e cacciatori
Già 34.000 anni fa, i primi esseri umani evitavano di accoppiarsi con i parenti più prossimi, grazie a reti sociali attraverso le quali erano connessi con altre comunità, facilitando lo scambio di partner e di conseguenza il flusso genico. Sono queste le conclusioni di uno studio condotto dalle Università di Cambridge (Regno Unito) e Copenaghen (Danimarca) e pubblicato su Science.
I ricercatori hanno utilizzato per la ricerca alcuni fossili provenienti da Sunghir, sito archeologico russo presumibilmente abitato nel Paleolitico Superiore (40.000-10.000 anni fa). I resti, attribuibili a 34.000 anni fa, costituiscono reperti molto importanti soprattutto per la scarsità di informazioni disponibili circa il periodo in questione. Si tratta di resti appartenenti ad umani anatomicamente moderni: un individuo maschio adulto e due più giovani, insieme ad un altro esemplare i cui resti sono incompleti e modificati, probabilmente simbolicamente. I quattro erano sepolti insieme, e poiché rinvenuti insieme si suppone avessero vissuto nello stesso luogo e allo stesso tempo.
Gli scienziati hanno sequenziato il genoma dei quattro individui, dimostrando, contro le previsioni iniziali, che essi non erano strettamente imparentati tra loro: erano, al massimo, cugini di secondo grado. Secondo Eske Willerslev, leader del gruppo di ricerca, ciò potrebbe significare che, nonostante gli individui ritrovati a Sunghir vivessero in piccoli gruppi costituiti da 25-30 individui, essi mettevano in atto una serie di strategie per limitare al minimo le unioni tra consanguinei.
Questi piccoli gruppi erano probabilmente legati ad altre comunità, il che avrebbe potuto facilitare lo scambio di partner e mantenere tra le singole tribù buoni livelli di diversità genetica. La presenza di oggetti rituali e gioielli, rinvenuti Insieme ai corpi, suggerirebbe la presenza di regole, cerimonie e rituali che avrebbero potuto essere volti ad accompagnare il passaggio di partner da una comunità all’altra. Secondo i ricercatori, gli oggetti avrebbero potuto costituire anche elementi distintivi di particolari gruppi culturali, nonché indicazioni volte ad indentificare chi potesse essere scelto come partner e chi no. In accordo con Willerslev, gli ornamenti sono unici e non esiste nulla di simile ad essi tra i Neanderthal o altre specie del genere Homo.
L’organizzazione sociale di Homo sapiens nel Paleolitico Superiore apparirebbe così molto simile a quella delle odierne tribù nomadi di raccoglitori e cacciatori (Pikaia ne ha già parlato qui), caratterizzata da gruppi sociali organizzati in vari livelli, fondamentali, insieme alla cooperazione diffusa tra gruppi non uniti da legami di sangue, per sostenere una popolazione di maggiori dimensioni e limitare al massimo l’endogamia all’interno dello stesso gruppo.
Sembra certo che i primi H. sapiens, come anche altri gruppi di ominidi, ad esempio H. neanderthalensis, vivessero in piccole comunità, nelle quali la riproduzione tra consanguinei, anche a causa delle dimensioni ridotte dei gruppi, era la sola via possibile. Ad un certo punto però, ciò ha smesso di essere la norma. Il “quando” ciò avvenne rimane ancora poco chiaro. Per confronto con le indagini effettuate sui campioni di Sunghir, l’analisi genetica di un neanderthaliano di circa 50.000 anni fa rinvenuto sui monti Altaj, ha mostrato che l’endogamia era ancora la norma.
Ciò ha portato i ricercatori a ipotizzare che i primi tentativi di limitare l’endogamia potrebbero avere aiutato gli esseri umani a prosperare, rispetto agli ominidi ancora presenti in quel periodo. È necessario però essere cauti: non sappiamo infatti perché i gruppi di Neanderthal dei monti Altaj fossero dediti all’inincrocio: è possibile che essi fossero isolati, o che non fossero riusciti a stabilire connessioni con altre comunità. Saranno quindi necessari ulteriori dati provenienti da diverse popolazioni di Neanderthal per riuscire, perlomeno in parte, a fare luce sulla questione.
I comportamenti messi in atto da Homo sapiens, insieme alla presenza dei manufatti rinvenuti a Sunghir, di elevato valore artistico, rappresentano senza dubbio prove di una cultura superiore rispetto ai congenerici, e non è da escludere che essi fossero addirittura consapevoli dei rischi derivanti dall’accoppiamento con i parenti più prossimi.
Riferimento:
Martin Sikora, Andaine Seguin-Orlando, Vitor C. Sousa, Anders Albrechtsen, Thorfinn Korneliussen, Amy Ko, Simon Rasmussen, Isabelle Dupanloup, Philip R. Nigst, Marjolein D. Bosch, Gabriel Renaud, Morten E. Allentoft, Ashot Margaryan, Sergey V. Vasilyev, Elizaveta V. Veselovskaya, Svetlana B. Borutskaya, Thibaut Deviese, Dan Comeskey, Tom Higham, Andrea Manica, Robert Foley, David J. Meltzer, Rasmus Nielsen, Laurent Excoffier, Marta Mirazon Lahr, Ludovic Orlando, Eske Willerslev. Ancient genomes show social and reproductive behavior of early Upper Paleolithic foragers. Science, 2017 DOI: 10.1126/science.aao1807
Immagine da Wikimedia Commons