L’orango Rakus e le origini evolutive della cura delle ferite
Il comportamento di Rakus, l’orango indonesiano che nel giugno del 2022 si è “automedicato” una ferita facciale, ci potrebbe suggerire le origini evolutive della cura delle ferite nella nostra specie
La cura delle ferite è menzionata per la prima volta su un tavoletta d’argilla sumera del 2200 a.C. Prevedeva la pulizia, la realizzazione di bende e la fasciatura utilizzando prodotti come olio, erbe, vermi, birra, aceto, vino, vernice verde contenente rame e miele. Al di là dell’efficacia, questo è un esempio di “trattamento attivo” della ferita: non ci si limita a pulirla e a proteggerla, ma si interviene anche con sostanze che hanno l’obiettivo di favorire la guarigione.
Anche altri primati si prendono cura delle proprie ferite. A partire dagli anni ‘60 Jane Goodall documentò questo comportamento negli scimpanzé, i quali per esempio si pulivano le ferite usando delle foglie. Essendo animali altamente sociali, si presume che queste conoscenze possano essere state tramandate culturalmente. Pulire una ferita non è proprio la stessa cosa di medicarla, cioè non è un “trattamento attivo”, ma recentemente gli etologi hanno documentato un gruppo di scimpanzé che sembra usare un particolare insetto a questo scopo. Questi scimpanzé posizionano sulle loro ferite, o su quelle dei compagni, particolari insetti (di specie ignota), e si presume che lo facciano a scopo medico (ne abbiamo parlato su Pikaia).
Ora un altro episodio simile ha attirato molta attenzione, ma questa volta il protagonista è un orango maschio adulto di nome Rakus, che si aggira da circa 35 anni per il Parco Nazionale di Gunung Leuser (nel sud di Aceh, Sumatra).
Dottor Rakus?
Nell’estate del 2022 il gruppo di ricerca guidato da Isabelle B. Laumer, biologa cognitiva all’Istituto di comportamento animale Max Planck, in Germania, ha osservato che Rakus si era ferito alla faccia. Molto probabilmente era il risultato di uno scontro con un altro orango maschio, ma la cosa sorprendente è che l’orango sembrava medicarsi con le foglie di una pianta della specie Fibraurea tinctoria. Conosciuta dai locali con diversi nomi, tra cui Akar Kuning, è nota per le sue proprietà analgesiche, antinfiammatorie, antipiretiche, diuretiche, antisettiche, antiossidanti e anticancerogene. In particolare contiene furanoditerpenoidi e alcaloidi protoberberine, sostanze chimiche utili per la guarigione delle ferite. Laumer e colleghi hanno recentemente pubblicato i loro dati sulla rivista Scientific Reports.
Il processo di “automedicazione”
L’orango ha strappato selettivamente le foglie di Akar Kuning, e dopo averle masticate ne ha applicato il succo sulla ferita. Il gesto è stato ripetuto per 7 minuti, poi l’animale ha sigillando il tutto usando la pianta masticata (che quindi non aveva ingerito), realizzando una specie di impacco, forse per proteggere la ferita dalle mosche che già cominciavano a posarsi.
Tutte le osservazioni sono state annotate da Arif Rahman, biologo dell’Universitas Nasional di Giacarta e coautore dell’articolo, che ha documentato anche con foto e video il comportamento di Rakus dal 22 giugno al 25 agosto 2022.
Il giorno dopo la possibile automedicazione Rakus si è anche nutrito della stessa pianta e ha poi riposato il 50% del tempo nei giorni successivi, forse per velocizzare il processo di guarigione. Il 19 luglio la ferita era praticamente guarita e rimaneva solo una leggera cicatrice.
Intenzionalità o casualità?
In questa specie è la prima volta che viene documentato un comportamento del genere.
Ciò che ora gli studiosi e i curiosi si domandano è se possa essere considerato o meno intenzionale o, per meglio dire, se Rakus ha agito in quel modo con gli obiettivi che noi immaginiamo. Gli autori, anche se con cautela, propendono per questa interpretazione. Mentre si cibava delle foglie di quella particolare pianta, un orango come Rakus potrebbe essersi toccato una ferita, cospargendo un po’ di succhi della pianta. Sperimentato l’effetto analgesico, l’animale avrebbe stabilito un collegamento e imparato a utilizzarla.
È però complesso dimostrare l’intenzionalità di tale attività, come ha spiegato Elisabetta Palagi, etologa e docente del Dipartimento di biologia dell’Università di Pisa, in un’intervista a Radio3 Scienza (che è possibile riascoltare). Le grandi scimmie come Rakus sono delle pianificatrici, ma al momento la presunta automedicazione è limitata a un episodio, e in nessun altro esemplare appartenente alla specie. Per Palagi quindi non è possibile, per ora, trarre delle conclusioni.
Sicuramente ogni informazione è importante per capire. Se questa fosse la prima documentazione sistematica del presunto “trattamento attivo” di ferite con una sostanza vegetale negli oranghi, potrebbe suggerirci come una simile capacità si è sviluppata negli esseri umani.
Riferimenti:
Laumer, I.B., Rahman, A., Rahmaeti, T., Azhari, U., Hermansyah, Atmoko, S.S.U., Schuppli, C. Active self-treatment of a facial wound with a biologically active plant by a male Sumatran orangutan. Sci Rep 14, 8932 (2024). doi: https://doi.org/10.1038/s41598-024-58988-7
In apertura: Rakus che si nutre di foglie di Fibraurea tinctoria (foto scattata il 26 giugno 2022, il giorno successivo alla medicazione della ferita). Dalla pubblicazione
Laureata in Scienze Biologiche presso l’Università degli studi Roma Tre, proseguo nella stessa università con il corso di laurea magistrale in Biologia Molecolare, Cellulare e della Salute. Durante la stesura della tesi triennale che ha come argomento l’evoluzione umana, mi appassiono al tema e ne voglio sapere di più, e, se possibile, scriverne. Amo la scienza, la natura, l’arte, la scrittura.