Orangutan is the new blacki
Gli oranghi sono gli ultimi parenti viventi di Gigantopithecus blacki, scimmia gigante vissuta in Asia centinaia di migliaia di anni fa. La scoperta è avvenuta grazie ad avveniristiche ricerche genetiche
Tramite il sequenziamento di proteine antiche un team di ricerca internazionale è riuscito a ricostruire informazioni genetiche da un molare vecchio di 1,9 milioni di anni proveniente dal sud della Cina. Il dente appartiene a Gigantopithecus blacki, un primate estinto da alcune centinaia di migliaia di anni e considerato la più grande scimmia mai esistita. Il risultato dello studio pubblicato su Nature ha permesso di identificare l’orangutan (inteso come l’intero genere Pongo, oggi composto da tre specie) come suo parente più prossimo ancora vivente.
Il risultato è molto importante, perché è la prima volta che si riesce a estrarre informazioni genetiche così antiche da zone a clima caldo e umido. Basti pensare che prima di questo risultato il limite maggiore raggiunto era di 10.000 anni.
In cosa consiste questa ricerca? Il lavoro dei ricercatori è consistito nell’estrazione, dallo smalto dentale del gigantopiteco, di sequenze di proteoma (cioè l’insieme di tutte le proteine frutto del genoma) analizzate poi tramite apparecchiature all’avanguardia. Quello che è stato scoperto è che il grande primate estinto è imparentato con gli attuali oranghi, e che il loro ultimo antenato comune risale a circa 12 milioni di anni fa.
Il futuro per questa ricerca è molto promettente. La maggior parte dei resti dei nostri antenati proviene infatti da zone a clima sub-tropicale. L’applicazione di questa nuova metodologia potrebbe permettere di ricostruire la rete di parentele tra la nostra e le altre specie di ominidi da reperti fino a 2 milioni di anni fa.
Gigantopithecus blacki è un misterioso gigante del Pleistocene. È conosciuto solo tramite resti dentari e mandibole, dato che, purtroppo, negli 84 anni passati dalla sua scoperta (avvenuta nel 1935) non sono stati identificati né resti del cranio né del resto dello scheletro. L’aspetto fisico del grande primate è quindi impossibile da ricreare, ma lo studio delle proporzioni dei pochi resti disponibili ha permesso di farsi un’idea delle sue dimensioni. Si trattava di un autentico colosso, in grado di raggiungere i 3 metri di altezza e un peso di circa 600 chili (anche se stime recenti diminuiscono il peso di circa la metà). Il suo dominio sulle foreste dell’Asia è durato per più di un milione di anni (stime temporali precise non sono ancora possibili), e per alcune centinaia di migliaia di anni deve aver convissuto col nostro parente Homo erectus.
Forse non sapremo mai qual era l’aspetto del gigantopiteco. Questo studio ha però permesso di mettere in luce la sua parentela con l’ultima delle grandi scimmie asiatiche, gli attuali oranghi.
Riferimenti:
Frido Welker, Jazmín Ramos-Madrigal, Martin Kuhlwilm, Wei Liao, Petra Gutenbrunner, Marc de Manuel, Diana Samodova, Meaghan Mackie, Morten E. Allentoft, Anne-Marie Bacon, Matthew J. Collins, Jürgen Cox, Carles Lalueza-Fox, Jesper V. Olsen, Fabrice Demeter, Wei Wang, Tomas Marques-Bonet, Enrico Cappellini. Enamel proteome shows that Gigantopithecus was an early diverging pongine. Nature, 2019; DOI: 10.1038/s41586-019-1728-8
Immagine: David Arvidsson [CC BY 2.0], via Wikimedia Commons
Dopo la laurea magistrale in Quaternario, Preistoria e Archeologia, conseguita presso l’Università di Ferrara, si iscrive al master in Giornalismo e Comunicazione istituzionale della Scienza, grazie al quale inizia a collaborare con Pikaia. Con l’intenzione di continuare la divulgazione della scienza, in particolare della paleontologia, ha partecipato alla fondazione dell’associazione La Lampada delle Scienze.