Robert Fortune, lo 007 inglese che sottrasse le piante di tè ai cinesi

Immagine che contiene stoviglie, Stoviglie, tazza di caffè, piattino Descrizione generata automaticamente

Nel XIX secolo il botanico Robert Fortune riuscì a carpire ai cinesi il segreto della coltivazione del tè: ecco la sua storia

Si narra che fu Caterina di Braganza, principessa del Portogallo, a far conoscere il tè nella casa reale inglese. Quando nel 1661 si sposò con re Carlo II, portò in dono una scatola di tè che arrivava dalla Cina. Il gesto fu molto apprezzato a corte e si diffuse una nuova moda. Un lusso esotico che divenne ben presto la bevanda preferita tra l’alta società britannica. Ma il tè era monopolio della Cina in quanto, nonostante un secolo di approcci diplomatici inglesi, i cinesi non avevano mai svelato i segreti nascosti dietro la manifattura di questa bevanda, neanche in cambio dell’oppio che consumavano a profusione. Nascondevano proprio le piante agli, impedendo loro di entrare in territorio cinese. Occorreva trovare un uomo speciale per tentare questa ricerca; doveva essere un botanico, un plant hunter, dotato di notevole coraggio e spirito di avventura: fu Robert Fortune, uno scozzese! Non si conosce molto di lui: nacque il 12 settembre del 1812, nella contea scozzese del Berwickshire e precisamente nel comune di Edrom; sappiamo che nella scuola locale gli fu impartito lo stesso genere di istruzione di base dei suoi numerosi compatrioti botanici.
La sua prima presenza registrata è come giardiniere a Moredun, vicino a Edimburgo. La svolta che avrebbe cambiato la sua vita per sempre avvenne nel 1840, all’età di 28 anni, quando ottenne un posto al Giardino botanico di Edimburgo, di cui era responsabile William McNab. Fu proprio questi che, due anni dopo, lo raccomandò per la posizione di sovrintendente alle serre del giardino della Horticultural Society of Chiswick. Si era nel 1842, l’anno della firma del Trattato di Nanchino, che pose fine alla Prima Guerra dell’Oppio e la Horticultural Society cercò subito di trarre vantaggio dall’apertura (sebbene limitata solo ai porti) della Cina agli occidentali.

Il primo viaggio in Cina

Fortune si amalgamava bene con persone di qualunque estrazione sociale, gli piaceva scherzare. I passaggi più entusiastici dei suoi libri descrivono però il suo piace­re davanti alle bellezze della natura. Il fatto che Fortune prendesse il suo lavoro seriamente e fosse preparato a sopportare le difficoltà, dove e quando necessario, non faceva di lui uno sprovveduto. Certo quando la Horticultural Society gli propose di farlo partire armato solo di un “salva vita” (una specie di manganello appesantito da piombo) chiese ed ottenne un fucile da caccia e due pistole. I membri della Società erano sicuramente dei taccagni; stabilirono la retribuzione di Fortune in 100 sterline annue, uguale a quella che aveva ricevuto Francis Masson dai Kew Gardens settant’anni prima! Un po’ più di generosità gli fu dimostrata concedendogli una somma di 500 sterline per le spe­se. Così il trentenne Fortune si imbarcò sull’Emu il 26 feb­braio 1843, esattamente sei mesi dopo la firma del trattato di Nanchino. La sua missione in Cina era quella di studiare e riportare in patria rare piante d’oriente. Scegliere Fortune si rivelò un successo: dopo tre anni in Cina (1843-1846), egli riportò numerose informazioni e moltissime nuove specie botaniche.
Fortunei

Taken by Fanghong, CC BY-SA 3.0, via Wikimedia Commons

Erano Campanu­la grandiflora e una “nuova” specie di arbusto ornamentale del genere Abelia, Abelia rupestris, che successivamente giungeranno vive e vitali in Inghilterra, e fioriranno nel giardino della Horticultural Society. Tra le piante che Fortune trovò ci sono diverse specie di palme, compresa quella che diverrà nota come Trachycarpus fortunei, o palma di Chusan, oggi comune in giardini ove la temperatura scende sotto lo zero. Successivamente, inviò numerose piante di questa specie come dono alla regina Vittoria e al principe consorte Alberto, a Osborne House, sull’isola di Wight. L’albero, piantato per celebrare il trentaduesimo compleanno della Regina nel maggio del 1851, vive ancora oggi. Può sopravvivere a temperature invernali inferiori a -20 ° C e forti nevicate. È anche tollerante alle fresche temperature estive, rendendolo adatto alle regioni temperate.

La grande scoperta

Nel 1843, mentre era in Cina, Fortune fece una scoperta clamorosa. Linneo era erroneamente convinto che il tè verde e il tè nero provenissero da due piante differenti, e fino a quel momento si era sempre pensato che le piante di tè fossero due ovvero la Thea viridis (per il tè verde) e la Thea bohea (per il tè nero). Fortune scoprì invece che la pianta di tè, in realtà, era una sola: Camellia sinensis e che la differenza tra tè verde e tè nero era data solo dai processi di lavorazione. Direi che ora urgono informazioni tassonomiche …
tè fiore

Fiore della pianta di tè. Foto: Patrizia Martellini

Ovunque si cerchi ora il nome scientifico del tè si trova: Camellia sinensis (L.), Kuntze, 1881. Il nome della specie sinensis in latino significa cinese. Camellia deriva invece dal nome latinizzato del reverendo Georg Joseph Kamel (1661-1706), un gesuita cecoslovacco, che fu sia missionario nelle Filippine sia celebre botanico. Tuttavia, non fu Kamel a scoprire la pianta. Fu infatti l’ineffabile Carlo Linneo, l’uomo che inventò la Tassonomia, a  descrivere per primo la pianta, attribuendole il nome di Thea sinensis. Come spesso accade nella tassonomia, la stessa specie è stata poi riclassificata da Kuntz sotto un altro genere, Camellia, che lo stesso Linneo aveva peraltro stabilito in onore al contributo che il gesuita diede alla scienza. Mi è venuto in mente che gli ornitologi americani stanno cambiando il nome a 65 uccelli, che hanno eponimi legati a personaggi storici che vorrebbero rimuovere a causa delle ingiustizie a cui sono legati. A questo punto mi chiedo ma questo gesuita, Kamel era un tipo a posto? Sai mai che dobbiamo cambiare il genere al tè? Scherzavo!
pianta di tè in vaso

Pianta di tè in vaso. Foto: Patrizia Martellini

Ed ecco la descrizione della pianta del tè! Si tratta di un arbusto eretto, dalle foglie ovali di colore verde-chiaro lucente, a margine dentellato; i fiori semplici sono di colore bianco, portano numerosi stami color giallo-oro e fioriscono dai primi di dicembre in poi. Attenzione però … il tè non si ricava dai semi, ma dai giovani germogli della pianta

La Compagnia delle Indie Orientali e il tè indiano

La Compagnia delle Indie Orientali tentò per anni di coltivare tè nella provincia dell’Assam in India, è lì infatti che il tè indiano fu inizialmente scoperto intorno al 1815. Negli anni seguenti la Compagnia investì in esperimenti per la coltivazione del tè locale nel tentativo di produrre un tè qualitativamente buono. In effetti riuscì a coltivare un tè dalle foglie simili a quelle del tè cinese, ma il sapore non era altrettanto gradevole. Ciò significava che il tè dell’Assam non avrebbe mai raggiunto gli alti prezzi del tè cinese sul mercato mondiale e si decise dunque di rivolgere l’attenzione verso la coltivazione del tè dell’Himalaya. Quest’ultimo richiedeva le stesse condizioni di crescita del tè cinese e lo spazio per una potenziale coltivazione non mancava. Ma le grandi Compagnie, come la Twinings, dissero che il tè himalayano era di alta qualità ma che c’era un problema: mancava di fragranza. Il motivo era che i semi di questo tè provenivano da Canton, ovvero da una zona cinese in cui veniva prodotto tè di bassa qualità. Nel 1846 la Compagnia aveva coltivato circa 600 acri nei Giardini dell’Himalaya, ma per salire di livello necessitava sia di semi della migliore qualità cinese sia delle conoscenze dei coltivatori cinesi. Procurarsi ciò sarebbe stato impossibile agendo attraverso i normali canali diplomatici e l’unico modo per ottenere tè di qualità sarebbe stato rubarlo…

La proposta a Robert Fortune e il secondo viaggio in Cina

Nella primavera del 1848 Robert Fortune si trovava come curatore presso il Chelsea Physic Garden, un paradiso verde situato lungo le sponde del Tamigi, intento a riorganizzare il giardino officinale secondo le linee guida del sistema di classificazione di Linneo. Nel maggio di quell’anno il Dr. John Forbes Royle, in qualità di consulente Orticultore della Compagnia delle Indie Orientali, fece visita a Fortune per parlare di tè. Royle credeva che il tè potesse crescere in modo proficuo sulle alte quote dell’Himalaya e aveva una proposta per Fortune…tornare in Cina in nome della Compagnia delle Indie Orientali come cacciatore di tè. Il suo compito sarebbe stato quello di raccogliere semi di tè cinese e farli arrivare in India abbastanza sani da poter essere coltivati. Qualunque altro tipo di pianta trovata sarebbe stata sua di diritto. Dopo averne parlato con la moglie Jane, Fortune accettò. Diciamo subito che questo viaggio si presentava molto pericoloso, perché Fortune avrebbe dovuto entrare nel territorio cinese e non rimanere solo nelle città costiere. Aveva bisogno di servi personali che lo difendessero, in quanto la Cina era diventata un luogo pericoloso. L’incremento del numero degli Europei lungo le coste aveva irritato i Cinesi e, soprattutto nel sud del paese, frequenti erano gli attacchi nei confronti degli stranieri, chiamati “Figli del Diavolo” (Kweitsz). E poi ovviamente necessitava di traduttori, Fortune non parlava il cinese! Non poteva certo presentarsi in una piantagione e dire, come avrebbe fatto lo 007 di Jan Fleming … My name is Fortune, Robert Fortune!
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Immagine: Wellcome CollectionPublic Domain Mark. Source: Wellcome Collection.

Decise allora di trasformarsi in un cinese, grazie al suo servitore Wang : indossò un abito elegante, calzò scarpe adatte, si rasò tutti i capelli e poi mise un cappello con un lungo codino posticcio. Ovviamente il viso non era proprio consono, ma la Cina era così vasta da contenere popolazioni con aspetto molto differente dal “classico” fenotipo cinese. Il suo servitore lo presentava come: “Un forestiero civilizzato proveniente da oltre la Grande Muraglia”.
Fortune scelse di partire subito alla ricerca del tè verde nelle province dello Zhejiang e Anhui in quanto il tè verde sarebbe stato meno complicato da raggiungere, rispetto al tè nero per il quale sarebbe dovuto salire sulle alte montagne del Fujian. Nell’ottobre del 1848, grazie a Wang, arrivò in una fabbrica di tè verde lungo le rive del fiume Yangzi. Dato il travestimento, egli fu accolto con gentilezza ed onori dal proprietario della fabbrica. Durante la visita Fortune cercò di raccogliere il maggior numero di informazioni possibili sulla coltivazione e produzione del tè verde. In seguito, visitò altre piantagioni dove acquistò piantine e semi di tè.

La sfida della spedizione di tè

Dopo aver visitato altri tre celebri distretti di tè verde, Fortune arrivò a Shangai nel 1849, proprio durante il capodanno cinese. Qui poté usufruire della fabbrica della compagnia a cui era affiliato, la Dent&Co, per prendersi cura delle piante raccolte e prepararle al viaggio. Vennero spediti 13.000 piante e 10.000 semi di tè verso l’Himalaya, impacchettati in fogli di carta o in pezzi di stoffa e divisi in 4 navi. L’esito della prima spedizione fu disastroso: quando arrivarono ai Giardini del tè dell’Himalaya, le piante erano seccate e i semi inutilizzabili. Con l’arrivo della primavera Fortune si spostò verso il Fujian alla ricerca del tè nero. In India fino ad ora era stato coltivato solo tè verde e quindi era indispensabile raccogliere semi per la coltivazione di tè nero. Fortune questa volta trovò un nuovo servo: Sing Hoo, proveniente dal Fujian. Una volta arrivati al monte Wuyi, si ritrovarono nel cuore delle coltivazioni di tè nero e i due furono ospiti in uno dei numerosi templi situati sulla montagna. Qui vennero trattati con alti onori e il monaco ospitante donò a Fortune preziosi semi di tè. Dopo aver fatto scorta di semi e radici, nell’autunno del 1849, i due tornarono verso la civilizzazione di Shanghai dove Fortune venne a conoscenza del totale fallimento della prima spedizione di semi e piante verso l’Himalaya. Senza perdersi d’animo Fortune si impegnò nel cercare un nuovo metodo per far giungere piante e semi in buone condizioni nei giardini himalayani. Finalmente trovò una soluzione: avrebbe spedito i semi all’interno di un terrario in modo da creare una germinazione durante il viaggio e farli arrivare freschi a destinazione.
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Immagine: da On the Growth of Plants in Closely Glazed Cases (1852; page 71). Harvard University, Gray Herbarium Library

Così acquistò delle Scatole di Ward o Wardian case, simili a mini-serre.


La scatola di vetro del dottor Ward è stata l’invenzione che ha cambiato paesaggi, coltivazioni, produzioni, giardini, collezioni botaniche di tutto il mondo, perché questi box trasparenti hanno permesso il trasporto delle piante da un continente all’altro a partire dalla metà del XIX secolo. In questo modo spedì i semi raccolti nel Fujian e nuove piantine di tè verde. Quando il carico giunse a destinazione i germogli erano sani e pronti da coltivare! In questo modo Fortune rivoluzionò il mercato del tè e grazie a lui fu possibile creare in India una qualità di tè pregiata, che pose fine al monopolio del mercato del tè cinese. Alla merce spedita in India, Fortune aggiunse anche tutto l’equipaggiamento necessario alla lavorazione del tè come ad esempio forni, wok e attrezzi per la coltivazione del tè. Inoltre, trovò e ingaggiò cinesi esperti disposti ad insegnare agli indiani come coltivare nel modo corretto un tè di qualità.

Il tè italiano

Si coltiva tè in Italia? Come mai sembra una fake news? Semplice perché l’Italia non ha un clima adatto alla crescita di questa pianta … ma andiamo con ordine. Le piante di tè arrivarono in Italia nel 1928 e si tentò per decenni una coltivazione all’Orto Botanico di Pavia, senza successo. Attualmente in Italia esiste una piccola piantagione a Lucca, iniziata da Guido Cattolica, con una bassa produzione di tè e poi … La coltivazione di Premosello (Verbania), una località posta all’ingresso della Val d’Ossola. Questa piantagione: “Il Tè del Lago Maggiore” è la più grande d’Italia e la seconda in Europa, appartenente alla Famiglia Zacchera, ed è posta nella zona protetta dell’Asta del fiume Toce. Lasciatemi dire che la zona è di una bellezza incredibile, migliaia di piante di tè sono a dimora, tra le rocce e i torrenti della Val Grande, le cui acque pulite irrorano la piantagione, e il Toce che scorre tranquillo tra campi verdissimi, un piccolo Eden Ossolano! Io, come Fortune, ho avuto il piacere di assistere alla preparazione del tè verde e di quello nero, tramite due diverse modalità di essicazione. È stata un’esperienza unica, che solo un botanico può capire!
piantagione tè italia

Foto: Patrizia Martellini

In giardino
Robert Fortune ha contribuito a riempire i nostri giardini di viburno, forsizie, weigela, caprifogli, glicini, magnolie, bambù, cornioli, canne, peonie, azalee, crisantemi e rododendri. Tra i suoi contributi, il delizioso Jasminium nudiflorum (gelsomino d’inverno o di San Giuseppe), che aiuta i giardinieri a superare i bui giorni invernali. Molte piante portano il suo nome. Il Cyrtomium fortunei, dalle foglie venate, l’Eunoymous fortunei (fusaggine), Hosta fortunei e una delle piante preferite nei giardini, la Mahonia fortunei.
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Immagine: Wuzur, CC BY-SA 3.0, da Wikimedia Commons

Forse la più graziosa, la più delicatamente suggestiva delle piante che Fortune ha portato nei nostri giardini è la Dicentra spectabilis (ora Lamprocapnos spectabilis), dal nome comune di Cuore di Maria.

Bibliografia

Fortune scrisse diversi diari di viaggio, tra cui ricorderei:
  • Three Years’ Wandering in the Northern Provinces of China, A Visit to the Tea, Silk, and Cotton Countries, with an account of the Agriculture and Horticulture of the Chinese, New Plants. (1847, John Murray)
  • A Journey To The Tea Countries Of China; Including Sung-Lo And The Bohea Hills; With A Short Notice Of The East India Company’s Tea Plantations In The Himalaya Mountains (1852, John Murray), libro molto gradevole e ben scritto.

(Ricordo che John Murray era l’Editore di Charles Darwin, si saranno incontrati?) -il secondo libro è stato incredibilmente tradotto in italiano col titolo La via del tè (2018, Elliot)

  • Sara Rose, For All the Tea in China: Espionage, Empire and the Secret Formula for the World’s Favourite Drink (Cornerstone Digital, 2013). Lettura molto interessante, la consiglio.