Stesso genoma, diverse malattie genetiche?
I retrotrasposoni sono sequenze genetiche mobili in grado di muoversi all’interno di un genoma, andando ad integrarsi all’interno di geni di cui alterano il funzionamento, tanto che almeno 70 diverse malattie genetiche sono state associate alla interruzione di geni da parte di questi elementi. Questi eventi sono stati sinora spiegati per lo più come spostamenti avvenuti a livello delle cellule […]
Questi eventi sono stati sinora spiegati per lo più come spostamenti avvenuti a livello delle cellule germinali, mentre nel corso degli ultimi anni è stata presa in considerazione con sempre maggiore attenzione la possibilità che i retrotrasposoni possano muoversi anche a livello somatico, andando ad alterare il funzionamento di alcuni geni in diversi tessuti/organi del nostro corpo.
L’ultimo numero di Science riporta una interessante dimostrazione del fatto che la retrotrasposizione di alcuni elementi genetici mobili può avvenire anche nel corso della vita di un singolo individuo a livello di alcune regioni del nostro cervello. In particolare nell’articolo intitolato “Somatic retrotransposition alters the genetic landscape of the human brain” il gruppo di ricerca coordinato da Geoffrey Faulkner ha confrontato la quantità di copie del retrotrasposone L1 in tre diversi soggetti per poi andare a studiare i geni interrotti e verificarne i possibili danni a livello funzionale.
La maggior parte delle nuove inserzioni degli elementi L1 è stata identificata all’interno di introni di geni espressi a livello dell’ippocampo. Molti dei geni coinvolti erano già noti poiché, se mutati, sono coinvolti nell’insorgenza di diverse patologie, quali neuroblastomi e gliomi. L’ippocampo svolge molti ruoli nel nostro cervello tanto che danni all’ippocampo sono stati associati a numerose patologie tra cui l’Alzheimer. Scoprire quindi che vi è una retrotrasposizione di questi elementi a livello dell’ippocampo ha numerose implicazioni poiché la retrotrasposizione somatica di questi elementi può da un lato avere un forte potenziale tumorigenico e dall’altro essere alla base di alterazioni nel funzionamento di aree chiave del nostro cervello ed essere quindi collegato a diverse patologie neurologiche. La presenza di trasposizioni somatiche potrebbe infine permettere di capire le differenze osservate nell’incidenza di alcune patologie neurologiche a base genetica in gemelli identici, poiché le retrotrasposizioni sono eventi casuali e quindi la retrotrasposizione di un elemento L1 in un gemello non accadrà necessariamente nell’altro.
I retrotrasposoni L1 fanno parte di una famiglia eterogenea di sequenze denominate LINE (dall’acronimo inglese long interspersed nuclear element) accomunate dal fatto di potersi muovere nel nostro genoma. Oltre agli elementi LINE, il nostro genoma ospita anche retrotrasposoni più piccoli, definiti SINE (dall’acronimo inglese short interspersed nuclear element), che non sono in grado di muoversi autonomamente, ma per spostarsi nel nostro genoma necessitano delle proteine codificate dagli elementi LINE. Ma cosa succede nel nostro cervello quando l’elemento LINE L1 si muove?
Come osservato da Faulkner e colleghi, a seguito dell’attiva trasposizione di L1 anche alcuni SINE sono stati replicati e integrati nel nostro genoma. In particolare tra le SINE sono presenti gli elementi Alu, già noti poiché la loro integrazione a livello genico è collegata all’insorgenza di numerose patologie. Sebbene il numero di copie di sequenze Alu retrotrasposte sia molto più basso rispetto a quello delle copie L1, la maggior parte delle trasposizioni osservate era verso esoni (ovvero verso la parte codificante dei diversi geni) a suggerire un loro effetto diretto sul funzionamento dei geni coinvolti.
Come spiegare il target delle inserzioni? Il coinvolgimento in queste nuove inserzioni di numerosi geni espressi a livello dell’ippocampo può essere spiegato considerando il fatto che la retrotrasposizione può avvenire con maggiore facilità in regioni del nostro genoma in cui la cromatina (l’insieme del DNA e delle proteine ad esso associate) è poco condensata. Siccome questa caratteristica è tipica di tutte le regioni che devono essere trascritte, questo potrebbe spiegare perché le retrotrasposizioni osservate a livello dell’ippocampo vadano a colpire primariamente i geni espressi in tale regione del nostro cervello.
Gli elementi genetici mobili quindi non sono stati solamente implicati nella ricombinazione del genoma nel corso della nostra evoluzione, ma sono tutt’ora attivamente coinvolti nel modificare i nostri geni a livello di tessuti somatici… dove speriamo non facciano troppi danni!!
Mauro Mandrioli
Biologo e genetista all’Università di Modena e Reggio Emilia, dove studia le basi molecolari dell’evoluzione biologica con particolare riferimento alla citogenetica e alla simbiosi. Insegna genetica generale, molecolare e microbica nei corsi di laurea in biologia e biotecnologie. Ha pubblicato più di centosessanta articoli su riviste nazionali internazionali e tenuto numerose conferenze nelle scuole. Nel 2020 ha pubblicato per Zanichelli il libro Nove miliardi a tavola- Droni, big data e genomica per l’agricoltura 4.0. Coordina il progetto More Books dedicato alla pubblicazione di articoli e libri relativi alla teoria dell’evoluzione tra fine Ottocento e inizio Novecento in Italia.