Un Nobel evoluzionistico: premiato l’ “archeologo del DNA” Svante Pääbo!

Svante Pääbo Nobel

“Dopo tanti anni, finalmente un Nobel evoluzionistico!” così Telmo Pievani, direttore di Pikaia, commenta la bella notizia del premio Nobel a Svante Pääbo, dei cui studi anche Pikaia si è spesso occupata

Il primo Nobel dell’anno, quello per la Fisiologia o Medicina, è stato assegnato al genetista Svante Pääbo per le sue scoperte riguardanti i genomi degli ominidi estinti e l’evoluzione umana”.

Per il professor Telmo Pievani, direttore di Pikaia “Dopo tanti anni, finalmente un Nobel evoluzionistico! Una scelta coraggiosa e pionieristica dell’accademia svedese, che premia un archeologo del DNA e una disciplina, l’antropologia molecolare, che indagando il DNA antico ci ha fornito informazioni di straordinaria importanza sul nostro passato e sul posto di Homo sapiens nella natura. Basti pensare al sequenziamento del DNA neandertaliano e poi a quello di Denisova, alla scoperta delle ibridazioni fra le tre specie umane, alla ricostruzione della loro diversità genetica e dei loro spostamenti geografici, ma anche alle informazioni di tipo medico che si possono ricavare dallo studio dei geni del passato e delle loro mutazioni”.

Svante Pääbo è nato nel 1955 a Stoccolma, in Svezia. Ha difeso la sua tesi di dottorato nel 1986 presso l’Università di Uppsala ed è stato borsista post-dottorato presso l’Università di Zurigo, in Svizzera e successivamente presso l’Università della California, Berkeley, USA. È diventato professore presso l’Università di Monaco di Baviera, in Germania, nel 1990. Nel 1999 ha fondato il Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology a Lipsia, in Germania, dove è tuttora. Ricopre anche una posizione come professore a contratto presso l’Okinawa Institute of Science and Technology, in Giappone.

Il nome di Paabo è ben noto a chi si occupa di evoluzione, e anche ai lettori di Pikaia. Qui puoi leggere i nostri articoli su alcune delle tante ricerche condotte da Pääbo e dal suo team negli anni.

Dal comunicato stampa:

L’umanità è sempre stata incuriosita dalle sue origini. Da dove veniamo e come siamo legati a coloro che sono venuti prima di noi? Cosa ci rende, Homo sapiens, diversi dagli altri ominidi?

Attraverso la sua ricerca pionieristica, Svante Pääbo ha realizzato qualcosa di apparentemente impossibile: sequenziare il genoma del Neanderthal, un parente estinto degli esseri umani attuali. Ha anche fatto la sensazionale scoperta di un ominino precedentemente sconosciuto, Denisova.
Non solo. Pääbo ha anche scoperto che il trasferimento genico da questi ominini ormai estinti all’Homo sapiens si era verificato in seguito alla migrazione dall’Africa circa 70.000 anni fa. Questo antico flusso di geni verso gli esseri umani di oggi ha rilevanza fisiologica oggi, ad esempio influenzando il modo in cui il nostro sistema immunitario reagisce alle infezioni.

Gli studi rivoluzionari di Pääbo diedero origine a una disciplina scientifica completamente nuova: la paleogenomica. Le differenze genetiche che distinguono tutti gli esseri umani viventi dai loro parenti estinti forniscono la base per esplorare ciò che ci rende unicamente umani.

Da dove veniamo?

La ricerca della nostra origine e di ciò che ci rende unici ha coinvolto l’umanità fin dai tempi più remoti. La paleontologia e l’archeologia hanno fornito le prova che l’umano anatomicamente moderno, Homo sapiens, è apparso per la prima volta in Africa circa 300.000 anni fa, mentre i nostri parenti più stretti conosciuti, i Neanderthal, si sono sviluppati al di fuori dell’Africa e hanno popolato l’Europa e l’Asia occidentale da circa 400.000 anni fino a 30.000 anni fa. A quel punto si sono estinti.

Circa 70.000 anni fa, gruppi di Homo sapiens migrarono dall’Africa al Medio Oriente e da lì si diffusero nel resto del mondo. Homo sapiens e Neanderthal coesistettero così in gran parte dell’Eurasia per decine di migliaia di anni. Ma cosa sappiamo del nostro rapporto con i Neanderthal estinti? Questi indizi potevano essere in teoria derivati da informazioni genomiche. Infatti, alla fine degli anni ’90, quasi tutto il genoma umano era stato sequenziato. Un risultato grandioso, che ha aperto la porta a studi sulla relazione genetica tra diverse popolazioni umane. Tuttavia un confronto tra gli esseri umani attuali e gli estinti Neanderthal avrebbe richiesto il sequenziamento del DNA genomico recuperato da campioni arcaici.

Un compito apparentemente impossibile
All’inizio della sua carriera Svante Pääbo rimase affascinato dalla possibilità di utilizzare moderni metodi genetici per studiare il DNA dei Neanderthal. Tuttavia, capiva che era un’impresa estrema, perché con il tempo il DNA si modifica chimicamente e si degrada in brevi frammenti. Dopo migliaia di anni, rimangono solo tracce di DNA, e ciò che rimane è  contaminato dal DNA dei batteri e degli esseri umani contemporanei (Figura 1). Da studente post-dottorato con Allan Wilson, un pioniere nel campo della biologia evolutiva, Pääbo cominciò a sviluppare metodi per studiare il DNA dei Neanderthal, uno sforzo che durò diversi decenni.

Figura 1. Il DNA è localizzato in due diversi compartimenti nella cellula. Il DNA nucleare ospita la maggior parte delle informazioni genetiche, mentre il genoma mitocondriale, molto più piccolo, è presente in migliaia di copie nei mitocondri. Dopo la morte, il DNA si degrada nel tempo e alla fine rimangono solo piccole quantità. Viene anche contaminato dal DNA di batteri e esseri umani contemporanei.

Nel 1990 Svante Pääbo è stato reclutato all’Università di Monaco, dove, come professore appena nominato, ha continuato il suo lavoro sul DNA arcaico. Decise di analizzare il DNA dei mitocondri di Neanderthal – organelli cellulari che contengono un DNA proprio. Il genoma mitocondriale è piccolo e contiene solo una frazione delle informazioni genetiche nella cellula, ma è presente in migliaia di copie, aumentando le possibilità di successo. Con i suoi metodi raffinati, Pääbo è riuscito a sequenziare una regione di DNA mitocondriale da un pezzo di osso di 40.000 anni. Per la prima volta, abbiamo avuto accesso alla sequenza genetica di un nostro parente estinto. Il suo confronto con gli esseri umani e gli scimpanzé contemporanei ha dimostrato che i Neanderthal erano geneticamente distinti da noi.

Sequenziamento del genoma di Neanderthal

Poiché il piccolo genoma mitocondriale forniva informazioni limitate, Pääbo accettò l’enorme sfida di sequenziare il genoma nucleare di Neanderthal. A quel tempo, gli fu offerta la possibilità di fondare un Istituto Max Planck a Lipsia, in Germania. Nel nuovo Istituto Svante Pääbo e il suo team hanno migliorato i metodi per isolare e analizzare il DNA dai resti ossei arcaici. Nuovi sviluppi tecnologici hanno reso il sequenziamento del DNA altamente efficiente. Pääbo ha anche coinvolto diversi collaboratori esperti sulla genetica delle popolazioni e sulle analisi avanzate delle sequenze.

I suoi sforzi hanno avuto successo. Pääbo ha realizzato ciò che sembrava impossibile, e ha potuto pubblicare la prima sequenza del genoma di Neanderthal nel 2010. Le analisi hanno dimostrato che il più recente antenato comune dei Neanderthal e dell’Homo sapiens visse circa 800.000 anni fa.

Svante Pääbo Nobel

Figura 2. a sx: Svante Pääbo ottenne per la prima volta un frammento osseo per i suoi studi da Neandertal in Germania, il sito che diede il nome ai Neanderthal. In seguito analizzò un frammanto di mignolo trovato della grotta di Denisova nella Siberia meridionale, il sito che ha dato il nome ai Denisovani. A dx: Albero filogenetico che mostra l’evoluzione e la relazione tra l’Homo sapiens e gli ominidi estinti. L’albero filogenetico illustra anche i flussi genici scoperti da Pääbo.

Pääbo e i suoi collaboratori potevano ora indagare sulla relazione tra i Neanderthal e gli esseri umani moderni di diverse parti del mondo. Le analisi hanno mostrato che le sequenze di DNA dei Neanderthal erano più simili alle sequenze di esseri umani contemporanei originari dell’Europa o dell’Asia, rispetto agli esseri umani contemporanei originari dell’Africa. Significa che i Neanderthal e l’Homo sapiens si sono incrociati durante i loro millenni di convivenza. Negli esseri umani moderni con discendenza europea o asiatica, circa l’1-4% del genoma proviene dai Neanderthal (Figura 2).

Una scoperta sensazionale: Denisova
Nel 2008, un frammento di mignolo di 40.000 anni è stato scoperto nella grotta di Denisova nella parte meridionale della Siberia. L’osso conteneva DNA eccezionalmente ben conservato, che il team di Pääbo ha sequenziato. I risultati hanno suscitato scalpore: la sequenza del DNA era unica rispetto a tutte le sequenze conosciute dei Neanderthal e degli umani attuali. Pääbo aveva scoperto un ominino precedentemente sconosciuto, a cui fu dato il nome di Denisova. I confronti con sequenze di esseri umani contemporanei provenienti da diverse parti del mondo hanno mostrato che il flusso genico si era verificato anche tra Denisova e Homo sapiens. Questa relazione è stata osservata per la prima volta nelle popolazioni della Melanesia e in altre parti del sud-est asiatico, dove gli individui portano fino al 6% di DNA Denisova.

Le scoperte di Pääbo hanno gettato nuova luca sulla nostra storia evolutiva. All’epoca in cui l’Homo sapiens uscì dall’Africa, almeno due popolazioni estinte di ominini abitavano l’Eurasia. I Neanderthal vivevano nell’Eurasia occidentale, mentre i Denisoviani popolavano le parti orientali del continente. Durante l’espansione dell’Homo sapiens al di fuori dell’Africa e la loro migrazione verso est, non solo si incontrarono e si incrociarono con i Neanderthal, ma anche con i Denisoviani (Figura 3).

La paleogenomica e la sua rilevanza nelle scienze biologiche
Con la sua ricerca innovativa, Svante Pääbo ha stabilito una disciplina scientifica completamente nuova, la paleogenomica. Dopo le scoperte iniziali, il suo gruppo ha completato le analisi di diverse sequenze genomiche aggiuntive da ominini estinti. Il lavoro di Pääbo ha fornito una risorsa unica, ampiamente utilizzata dalla comunità scientifica per comprendere meglio l’evoluzione umana e le sue migrazioni. Nuovi e potenti metodi per l’analisi delle sequenze indicano che gli ominidi arcaici potrebbero anche essersi mescolati con l’Homo sapiens in Africa. Tuttavia, finota nessun genoma di ominini estinti in Africa è stato ancora sequenziato a causa dell’accelerata degradazione del DNA arcaico nei climi tropicali.

Ora comprendiamo che le sequenze geniche dei nostri parenti estinti influenzano la fisiologia degli esseri umani attuali. Uno di questi esempi è la versione denisovana del gene EPAS1, che conferisce un vantaggio per la sopravvivenza ad alta quota ed è comune tra i tibetani di oggi. Altri esempi sono i geni di Neanderthal che influenzano la nostra risposta immunitaria a diversi tipi di infezioni.

 Svante Pääbo Nobel

Figura 3. Le scoperte di Pääbo hanno fornito importanti informazioni su come il mondo era popolato quando Homo sapiens emigrò dall’Africa e si diffuse nel resto del mondo. I Neanderthal vivevano a ovest e i Denisoviani a est nel continente eurasiatico. L’incrocio si è verificato quando l’Homo sapiens si è diffuso in tutto il continente, lasciando tracce che rimangono nel nostro DNA.

Cosa ci rende unicamente umani?

Homo sapiens ha la capacità unica di creare culture complesse, innovazioni avanzate e arte figurativa, nonché di attraversare il mare e diffondersi in tutte le parti del nostro pianeta (Figura 4). Anche i Neanderthal vivevano in gruppi e avevano un cervello grande (Figura 4). Hanno anche utilizzato strumenti, ma si sono sviluppati pochissimo nel corso di centinaia di migliaia di anni. Le differenze genetiche tra l’Homo sapiens e i nostri parenti estinti più stretti erano sconosciute, fino a quando non sono state identificate attraverso il lavoro rivoluzionario di Pääbo . Le ricerche in corso si concentrano sull’analisi delle implicazioni funzionali di queste differenze con l’obiettivo finale di spiegare ciò che ci rende unicamente umani.

Svante Pääbo Nobel

Figura 4. Il lavoro fondamentale di Pääbo fornisce una base per spiegare ciò che ci rende unicamente umani.

Pubblicazioni chiave:

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M, Lachmann M, Meyer M, Ongyerth M, Siebauer M, Theunert C, Tandon A, Moorjani P,
Pickrell J, Mullikin JC, Vohr SH, Green RE, Hellmann I, Johnson PL, Blanche H, Cann H,
Kitzman JO, Shendure J, Eichler EE, Lein ES, Bakken TE, Golovanova LV, Doronichev
VB, Shunkov MV, Derevianko AP, Viola B, Slatkin M, Reich D, Kelso J, Pääbo S. The
complete genome sequence of a Neanderthal from the Altai Mountains. Nature. 2014:505:
43-49.

Fonte: comunicato stampa