Come coesistere con i grandi predatori

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Un nuovo studio condotto dal MUSE indaga complessità e sfide nelle interazioni tra esseri umani e grandi carnivori a scala mondiale

I grandi carnivori da sempre affascinano e ispirano le società umane, ma possono allo stesso tempo costituire una minaccia per le persone che si trovano a dover condividere con loro ambiente e risorse. Seppure si tratti di eventi molto rari, gli attacchi dei grandi carnivori alle persone rappresentano una delle sfide di conservazione e coesistenza più complesse, in quanto possono influire, direttamente o indirettamente, anche sulla conservazione dei grandi carnivori stessi. Gli animali coinvolti in questi eventi, infatti, vengono spesso abbattuti o rimossi durante o dopo l’incidente. Inoltre, anche grazie all’attenzione mediatica che attirano, questi eventi possono influenzare drasticamente le attitudini delle persone nei confronti delle specie coinvolte. È quindi prioritario riuscire a ridurre questo tipo di incidenti e – a tal fine – risulta fondamentale acquisire conoscenze approfondite sulle dinamiche e sui fattori che possono aumentarne il rischio. In alcune regioni del mondo, inclusa l’Europa, i grandi carnivori stanno ricolonizzando i loro areali storici, a seguito di diverse trasformazioni sia ambientali che socioeconomiche. Questo ritorno ha portato popolazioni di grandi carnivori a insediarsi in aree in cui gli habitat sono frammentati e occupati da città, strade, terreni agricoli, e altre attività umane. In queste aree, i conflitti possono essere particolarmente aspri, poiché le persone non sono più abituate a convivere con i grandi predatori. In altre aree del mondo, invece, le popolazioni di grandi carnivori sono in declino a causa dell’espansione delle popolazioni umane che causano distruzione, frammentazione e degrado degli habitat. In entrambi gli scenari, la stretta coesistenza che ne deriva comporta inevitabilmente un aumento delle interazioni con le comunità locali. In un nuovo studio pubblicato sulla rivista PLOS Biology la ricercatrice del MUSE Giulia Bombieri, insieme a diversi altri esperti ed esperte internazionali, ha raccolto e analizzato oltre 5000 casi di attacchi all’uomo registrati tra il 1950 e il 2019. La ricerca si è concentrata sulle specie di grandi carnivori terrestri maggiormente coinvolte in questo tipo di conflitti, tra cui anche tigri, leoni, orsi e lupi e ha considerato solamente quelle interazioni in cui il contatto fisico con l’animale ha portato al ferimento o alla morte della persona coinvolta.

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Distribuzione spaziale degli attacchi di grandi carnivori all’uomo raccolti tra il 1950 e il 2019. I ricercatori hanno raccolto e analizzato un totale di 5.440 casi di attacco in tutto il mondo: 1.337 casi hanno visto coinvolti orsi labiati (Melursus ursinus), 1.047 tigri (Panthera tigris), 765 orsi neri asiatici (Ursus thibetanus), 664 orsi bruni (Ursus arctos), 414 lupi (Canis lupus), 403 orsi neri americani (Ursus americanus), 282 leoni (Panthera leo), 205 leopardi (Panthera pardus), 140 coyote (Canis latrans), 135 puma (Puma concolor), 25 giaguari (Panthera onca) e 23 orsi polari (Ursus maritimus).

L’indagine ha evidenziato interessanti differenze negli scenari e nelle frequenze in cui avvengono queste interazioni negative. Differenze legate sia alla diversa ecologia delle specie considerate, sia al contesto socioeconomico e ambientale locali. Gli attacchi avvenuti nelle aree cosiddette “ad alto reddito”, come ad esempio Europa e Nord America, si sono verificati più comunemente mentre le persone coinvolte stavano svolgendo attività ricreative, come escursionismo, campeggio o passeggiate con i cani, mentre quasi il 90% degli attacchi registrati nelle aree geografiche “a basso reddito” si è verificato durante attività di sostentamento come l’agricoltura, la pesca o il pascolo del bestiame.
“Felidi e canidi – spiega la ricercatrice – sono risultati i gruppi di specie maggiormente coinvolti in attacchi predatori, i più letali per le persone, mentre gli attacchi da parte di orsi sono quasi sempre difensivi, per esempio nei casi in cui questi vengono inavvertitamente sorpresi a distanza ravvicinata, oppure in difesa dei cuccioli o di fonti di cibo. La maggior parte degli attacchi mortali è stata registrata nei Paesi a basso reddito, nei quali si è verificata gran parte degli attacchi predatori da parte di grossi felidi come leoni e tigri”.

Notevoli differenze sono state riscontrate anche nelle circostanze e frequenze di attacchi da parte della stessa specie in aree geografiche diverse, a dimostrazione di come il contesto ambientale e socioeconomico umano siano fattori determinanti nel definire la tipologia di rapporti e interazioni tra persone e grandi carnivori.

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Rappresentazione delle differenze geografiche osservate nei principali scenari di attacco dei grandi carnivori. Gli attacchi predatori sono particolarmente concentrati in India e in Africa, dove i predatori coivolti sono soprattutto felidi e canidi

Secondo autrici e autori, gli approcci per ridurre questo tipo di conflitti dovrebbero quindi essere adattati non solo alle specie, ma anche al contesto socioeconomico e ambientale in cui si opera. Appare chiaro che nei Paesi ad alto reddito, dove la maggior parte delle interazioni con i grandi predatori avviene quando le persone entrano in aree frequentate dai grandi carnivori per svolgere attività ricreative e dove gli attacchi sono soprattutto una conseguenza di comportamenti inappropriati da parte delle persone, campagne di educazione rivolte a visitatori e residenti nelle aree con grandi carnivori sui comportamenti da adottare possono risultare efficaci per ridurre in maniera importante questo rischio. Al contrario, nei Paesi a basso reddito, dove la coesistenza con i grandi carnivori è per lo più involontaria e obbligata, e gli attacchi di tipo predatorio sono più frequenti, le strategie per migliorare la coesistenza tra comunità locali e grandi predatori sono sicuramente più complesse e rappresentano una sfida importante. Riferimenti: Bombieri G, Penteriani V, Almasieh K, Ambarlı H, Ashrafzadeh MR, Das CS, et al. (2023) A worldwide perspective on large carnivore attacks on humans. PLoS Biol 21(1): e3001946. https://doi.org/10.1371/journal.pbio.3001946 Immagine: Vincenzo Penteriani Dragone (via MUSE)

Fonte: Comunicato stampa MUSE