Donne scienziate tra ‘800 e ‘900: Eugenia Montanaro Gallitelli
Per questa terza tappa del viaggio tra donne scienziate attive tra Ottocento e Novecento, ci concediamo una piccola licenza per parlare di una scienziata nata in realtà all’inizio del ‘900: Eugenia Montanaro Gallitelli.
Eugenia Montanaro è nata nel 1906 a Modena, città in cui ha conseguito anche la maturità classica frequentando il Liceo Classico Muratori. Non ancora ventiduenne, si è laureata in Scienze Naturali nel 1928 all’Università di Modena con una tesi sui minerali dell’Appenino Modenese e con una tesina sperimentale sui coralli tortoniani di Montegibbio. L’interesse per i coralli caratterizzò tutta la sua carriera, in quanto rappresentavano una affascinante testimonianza di paesaggi del passato terrestre. Grazie a una monografia dedicata ai coralli quaternari africani, ricevette nel 1932 il suo primo premio per la ricerca, conferitole dalla Società per il Progresso della Scienza. Nel 1930 ottenne il posto di assistente di ruolo e nel 1934 la libera docenza in Paleontologia, grazie a cui iniziò a tenere l’insegnamento di Paleontologia all’Università di Modena, cui si aggiunse nel 1941 anche l’insegnamento di Geologia e la direzione dell’omonimo Istituto.
I primi passi verso la paleontologia
A partire dal 1936 Eugenia Montanaro Gallitelli inizia un carteggio con lo zoologo Daniele Rosa (qui il link alle lettere), che ci permette di seguirne la vita sino al 1939, anno in cui la corrispondenza si interrompe. Abbiamo quindi l’occasione di vedere, raccontati in prima persona, sia eventi personali (tra cui la nascita della primogenita Livia) che lo svilupparsi di idee, pubblicazioni e progetti.“Il Prof. Teodoro – scrive Eugenia Montanaro Gallitelli – continua a comprare libri antievoluzionisti; mi disse giorni fa che l’argomento evoluzione o ricerca trasformista gli da fastidio, perché siccome nessuno ci capisce e inutile ragionarci sopra. Relata refero. Mi ha dato un libro di Vialleton che certamente Lei conosce. Ancora non l’ho letto: ma mi sembra che nessuno voglia tener conto della paleontologia che, almeno quanto a cronaca antica, può dare l’unica parola appoggiata da fatti“.
Il riferimento è molto interessante, in quanto il libro suggerito dall’entomologo Gennaro Teodoro è L’origine des ètres vivants: l’illusion transformiste, pubblicato nel 1929 dall’anatomo-comparato Louis Vialleton (1859-1929) (qui disponibile informato digitale) e tradotto in italiano nel 1935. Vialleton è oggi decisamente poco noto, ma fu tra gli autori più attivi in quella fase di analisi critica della teoria dell’evoluzione, che ebbe luogo tra fine Ottocento e inizio Novecento. L’origine des etres vivants per molti aspetti può essere considerato sia la sintesi del suo pensiero che il suo testamento scientifico. Un aspetto curioso è che nella realtà Vialleton non era un autore di “libri antievoluzionisti”, ma riteneva che la teoria dell’evoluzione mettesse assieme eventi differenti confondendoli. Ad esempio, scriveva Vialleton: “i termini evoluzione e trasformismo sono spesso considerati sinonimi, ma è un grave errore. Si può usare il termine evoluzione per indicare tutti i cambiamenti che si producono in un insieme di parti o qualità differenti in base al momento (…), mentre il trasformismo è una teoria, una spiegazione speciale di questa evoluzione”. Vialleton distingue quindi fra evoluzione (che di fatto accetta) e trasformismo, intesa come l’interpretazione “selezionistica” dell’evoluzione, che lui invece rifiuta perché il trasformismo meccanicista è, a suo avviso, assolutamente incapace di spiegare la formazione del mondo vivente. Dalle lettere successive si evince che Rosa conosceva l’opera di Vialleton e questo non sorprende, poiché entrambi condividevano l’opinione che l’evoluzione fosse una brillante teoria biologica, di cui però non era stato possibile dare una dimostrazione sicura. Una teoria che aveva fatto il suo tempo e non era più considerata valida nemmeno da molti naturalisti. Eugenia Montanaro Gallitelli probabilmente non lesse mai L’origine des ètres vivants, sarebbe però interessante andare alla Biblioteca Estense Universitaria di Modena (dove sono conservati i suoi libri) per vedere quali testi lesse relativamente a questa discussione.
Alla ricerca di leggi della natura
Nel 1938 venne affiancata a Modena dal marito Paolo Gallitelli, già docente all’Università di Pavia, che risultò vincitore di un concorso per la cattedra di Geologia all’Università di Modena. Il tema del concorso del marito è ricorrente nel carteggio con Rosa e in particolare merita di essere segnalata una lettera, datata 27 settembre 1938, che fa riferimento un momento estremamente negativo per l’Italia: “Ora sono in grande ansia per il concorso di Paolo: proprio domani cominciano la discussione a Roma e tra quello e la miccia cecoslovacca ormai accesa nella polveriera europea sto passando proprio una settimana di passione. Quanto al concorso, se mio marito riuscirà, sarà per noi motivo di consolazione il fatto che non dovrà la sua sistemazione all’espulsione di qualche israelita, dato che né in mineralogia né in geologia ve ne sono. Penso con molta pena al Prof. Ravenna e a tutte le brave persone che conosco“.
A seguito della pubblicazione delle leggi razziali del 1938, all’università di Modena furono infatti allontanati quattordici docenti, tra cui cattedratici, aiutanti e assistenti volontari. Oltre a Ettore Ravenna (docente di Anatomia e Istologia Patologica citato da Eugenia Monanaro Gallitelli), vennero espulsi dall’Ateneo anche i docenti Envenuto Donati, Marcello Finzi, Angelina Levi, Leone Maurizio Padoa e Alessandro Seppilli. Nel complesso in Italia vennero “epurati” poco meno di duecento docenti.
Gli eventi del 1938 non furono il primo contatto dei docenti universitari con la politica fascista, in quanto già nel 1931 era stato introdotto l’obbligo del giuramento dei professori universitari “al Re, ai suoi Reali successori e al Regime Fascista”. Nell’archivio dell’Università di Modena e Reggio Emilia è conservata la copia del giuramento di Daniele Rosa, uno dei tanti docenti che aderirono: solamente dodici professori ordinari su 1.250 rifiutarono di piegarsi a questa richiesta.
In una lettera inviata a Rosa nel mese di ottobre del 1938 troviamo un ulteriore elemento di interesse. Analizzando i lavori del marito, la Montanaro Gallitelli osserva che “in sostanza si vede proprio l’affinità e vorrei dire l’uniformità tra il mondo inorganico e il mondo organico, ad esempio per quel che riguarda la struttura e la disposizione del reticolo atomico di un cristallo (=idioplasma specifico) che rimane invariato qualsiasi sia l’ambiente nel quale il cristallo ha origine, mentre ambienti diversi (soluzioni diverse) provocano la formazione di cristalli che presentano habitus (=variazioni) nettamente diversi, pur rimanendo sempre nell’ambito della stessa classe. Anche qui l’ambiente esterno ha un campo di azione limitato ai caratteri «somatici»”. Come evidenziato per Rina Monti (qui il link), anche Eugenia Montanaro Gallitelli è affascinata dall’idea che esistano leggi comuni che regolano tanto le forme organiche quanto quelle inorganiche. L’interesse per tale approccio è così forte che, come è riportato in una lettera datata 5 novembre 1938, Eugenia Montanaro Gallitelli decide di farne lo scopo del proprio lavoro.
“Io vorrei nel mio lavoro futuro – scrive la Montanaro Gallitelli -, se mi riuscirà e se potrò studiare anche di più, orientare i miei modestissimi studi verso il problema ultimo, evolutivo. E se mio marito farà certi studi sulle condizioni di genesi di cristalli e le relative conseguenti forme cristalline, cercherò di vedere i paralleli con le modificazioni degli esseri viventi“.
Il concorso per Professore Ordinario e il rilancio della paleontologia italiana
Nonostante una attiva carriera scientifica, che non si arrestò neppure nel periodo della seconda guerra Mondiale, Eugenia Montanaro Gallitelli ottenne il posto di Professore Ordinario solamente nel 1956, quando risultò vincitrice del primo concorso a cattedra in Paleontologia bandito in Italia. All’impegno di ricerca e docenza, Eugenia Montanaro Gallitelli affiancò non solo una intensa attività organizzativa nell’Ateneo Modenese, ma anche numerose azioni a supporto della paleontologia in Italia. Come scrisse Giovanni Dieci in un articolo di ricordo di Eugenia Montanaro Gallitelli (qui il link), “la paleontologia da anni era caduta in povertà difronte allo sviluppo delle scienze applicate. (…) Essa vuole che in Italia vengano date almeno le possibilità di portare tali studi ai livelli raggiunti nei Paesi più progrediti, più degli altri attenti alla salvaguardia della loro identità culturale”. Da questa volontà di rilancio della paleontologia derivò l’idea di dare nuova vita alla Società Paleontologica Italiana, che Eugenia Montanaro Gallitelli immaginava come un polo di attrazione per i giovani studiosi. Nel 1960 venne pubblicato il primo numero del Bollettino della Società Paleontologica Italiana, che la Montanaro Gallitelli dirigerà fino al 1969. Per undici anni (1958-1969) venne confermata alla presidenza della Società Paleontologica, per cui organizzò anche convegni sia in Italia che all’estero. Nel 1961, su proposta di Eugenia Montanaro Gallitelli, nasce l’Istituto di Paleontologia dell’Università di Modena, che assume una propria identità, separandosi da quello di Geologia. Oggi potrà sembrare un risultato di poco conto, ma nel 1956 l’Università di Modena aveva solamente due persone assunte sulla Paleontologia (una docente e un bidello), per cui riuscire a dare vita a un nuovo Istituto fu complesso, come la stessa Montanaro Gallitelli ricorda in un articolo pubblicato negli Atti della Società dei Naturalisti e Matematici di Modena (qui il link all’articolo). La sede dell’Istituto di Paleontologia fu stabilità presso Palazzo d’Aragona Coccapani a Modena (nella fotografia a sinistra), già in parte in uso dell’Università di Modena, che oggi ospita l’Accademia di scienze, Lettere e Arti di Modena, di cui la paleontologa modenese fu Socio Ordinario dal 1949.Nuove collezioni per il Museo di Paleontologia
Il neofondato Istituto di Paleontologia, durante la direzione di Montanaro Gallitelli, acquisì non solamente nuova strumentazione e nuove riviste scientifiche, ma anche gli scheletri, in gran parte originali, di un allosauro e di un camptosauro, provenienti dai giacimenti dell’Ohio, le cui copie per molto tempo sono state in mostra nella Sala dei Dinosauri del Museo di Paleontologia dell’Università di Modena. Il Museo di Paleontologia si arricchì, inoltre, della collezione Montanaro Gallitelli, comprendente una ricca raccolta di Coralli del Permiano del Sosio (Sicilia). Autrice di numerose pubblicazioni scientifiche (poco meno di 100), i suoi temi di ricerca sono stati numerosi, tra cui la sistematica di molluschi miocenici e lo studio dei coralli provenienti dall’Africa, dal Margine appenninico, dal Permiano della Sicilia e dal Triassico delle Dolomiti dei quali studiò la filogenesi, la scheletogenesi e la microstruttura. Una parte dei suoi studi è stata dedicata anche alla sistematica di foraminiferi planctonici. Un elemento trasversale a tutto il suo lavoro fu quello di “intendere i fossili non come oggetti per datazioni relative, ma come protagonisti di una storia, come gli attori vivi di un dramma, il cui scenario abbraccia il mondo in un tempo di centinaia di milioni di anni“.La “Signora” della paleontologia
Per l’instancabile lavoro fatto a sostegno della paleontologia italiana, nel 1973 le venne conferita la Medaglia d’oro ai benemeriti della scuola, della cultura e dell’arte della Presidenza della Repubblica Italiana, riconoscimento che pochi anni prima aveva ottenuto anche il marito Paolo Gallitelli. Nel 1982 tenne la sua ultima lezione, prima del pensionamento, e per i grandi meriti acquisiti lavorando come docente dell’Università di Modena, nel 1983 venne nominata Professore Emerito. Chi l’ha conosciuta ne ricorda il carattere trascinante e passionale, ma anche brusco e impetuoso, subito però mitigato da una affabilità e da una signorilità non comuni, tanto che venne spesso identificata, anche dai colleghi, come la “Signora”. Non a caso venne ricordata come “a great lady and a fine palaeontologist”, anche da W.C. Sweet, Presidente della Paleontological Association americana, quando apprese che la “Signora” ci aveva lasciati nel gennaio del 1997.In chiusura del suo necrologio per il geologo Andrea Fiori, Eugenia Montanaro Gallitelli scrisse che “egli ebbe una religione della Scienza, della Scuola, della Famiglia e ad esse votò con gioia tutta la sua vita. E se troppo duro e troppo alto non fosse per chi ancora ne piange la dipartita, bene varrebbe qui il verbo di Michelangelo, nella concezione pessimistica di questa vita e nella sua aspirazione ascetica, là ove si dice di «quell’allegrezza che s’ha a serbare alla morte di chi ha ben vissuto»”.
Con la stessa passione e dedizione, Eugenia Montanaro Gallitelli portò avanti il suo lavoro di paleontologa e docente e chissà che un giorno non si possano tornare a visitare le collezioni di paleontologia (da tempo inaccessibili) sulle note di quel violino che, talvolta, ai coralli contese la sua attenzione.
Biologo e genetista all’Università di Modena e Reggio Emilia, dove studia le basi molecolari dell’evoluzione biologica con particolare riferimento alla citogenetica e alla simbiosi. Insegna genetica generale, molecolare e microbica nei corsi di laurea in biologia e biotecnologie. Ha pubblicato più di centosessanta articoli su riviste nazionali internazionali e tenuto numerose conferenze nelle scuole. Nel 2020 ha pubblicato per Zanichelli il libro Nove miliardi a tavola- Droni, big data e genomica per l’agricoltura 4.0. Coordina il progetto More Books dedicato alla pubblicazione di articoli e libri relativi alla teoria dell’evoluzione tra fine Ottocento e inizio Novecento in Italia.