Ecco perché alcuni rettili e anfibi campano cent’anni
Alcune specie di rettili e anfibi possono allocare maggiori quantità di energia alla sopravvivenza piuttosto che alla protezione dell’organismo, allungando la propria aspettativa di vita
“Le operazioni di monitoraggio hanno coperto un arco temporale di 19 anni in cui abbiamo cercato di capire in che modo la termoregolazione, la temperatura ambientale, il corredo genetico e il ritmo di vita contribuiscano all’invecchiamento degli animali”, spiega Emiliano Mori, ricercatore del Cnr-Iret. “Abbiamo così scoperto che le specie ectoterme, in cui la temperatura corporea dipende dall’ambiente esterno, mostrano una maggiore diversità di tassi di invecchiamento rispetto a quelle endoterme, la cui temperatura corporea è invece regolata dalla produzione di calore metabolico interno. Nelle prime la longevità media stimata varia da 1 a 137 anni, nei primati questo valore è compreso tra 4 e 84 anni”.
Nel secondo studio, il team ha esaminato i cambiamenti del tasso di mortalità di 52 specie di testuggini, tartarughe marine e animali in cattività, scoprendo che la senescenza era particolarmente lenta nel 75 per cento delle categorie considerate. L’80 per cento degli animali valutati mostrava un tasso di invecchiamento addirittura inferiore rispetto a quelli associati agli esseri umani moderni.
“Questi risultati suggeriscono che alcune specie di tartarughe, in risposta a condizioni ambientali migliori, possono ridurre l’invecchiamento fisico e aumentare l’aspettativa di vita, allocando maggiori quantità di energia alla sopravvivenza piuttosto che alla protezione dell’organismo”, conclude Mori. “Comprendere le strategie con cui gli animali ritardano la senescenza può aiutarci a spiegare i modelli macroevolutivi dell’invecchiamento”.
Riferimenti: Reinke, B. A., Cayuela, H., Janzen, F. J., Lemaître, J.-F., Gaillard, J.-M., Lawing, A. M., …Miller, D. A. W. (2022). Diverse aging rates in ectothermic tetrapods provide insights for the evolution of aging and longevity. Science, 376(6600), 1459–1466. doi: 10.1126/science.abm0151
Immagine: Emiliano Mori