Il cranio di Harbin appartiene a un Denisoviano, lo confermano le analisi molecolari

Homo longi holotype

Un gruppo di ricercatori guidati da Qiaomei Fu, direttrice del Laboratorio di DNA antico dell’accademia Cinese delle Scienze, hanno stabilito che il cranio di Harbin appartiene a un denisoviano. La conferma è stata possibile grazie all’analisi combinata di proteine antiche e del DNA mitocondriale estratto dal tartaro dentale del fossile

Il cranio di Harbin, inizialmente identificato come una nuova specie, Homo longi (dal nome della provincia cinese di Heilongjiang), è datato ad almeno 146.000 anni fa. Anche conosciuto come “dragon man”, è rimasto nascosto fino al 2018, quando è entrato in possesso dell’Università GEO di Hebei. Abbiamo già raccontato la sua storia su Pikaia nel 2021 (qui l’articolo), non appena la notizia della scoperta fu resa pubblica.

Ora, due nuove ricerche pubblicate quasi in contemporanea lo scorso giugno sulle riviste Cell e Science, condotte da Qiaomei Fu e colleghi, hanno stabilito che il cranio appartiene all’antico gruppo umano dei Denisoviani, nota popolazione arcaica diffusa in gran parte dell’Asia tra i 300.000 e i 50.000 anni fa circa, tra il Pleistocene medio e quello superiore.

Alla ricerca di un volto per i denisoviani

La scoperta del primo denisoviano risale al 2010, grazie al ritrovamento di un mignolo attribuibile a un individuo di sesso femminile, all’interno grotta di Denisova in Siberia, sui Monti Altai. Fu Svante Pääbo a identificarlo, analizzando DNA mitocondriale del frammento osseo, incompatibile sia con il DNA dei sapiens che con quello dei neanderthal. Concluse che i tre gruppi condividessero però un antenato comune vissuto circa un milione di anni fa. Gli scienziati trovarono poi altri frammenti, grazie ai quali è stato possibile il sequenziamento completo del loro genoma.

Grazie a questi dati, oggi sappiamo che denisoviani e neanderthal si sono incrociati, e sono state trovate tracce di DNA denisoviano anche in alcune popolazioni umane attuali.

Fuori dalla grotta di Denisova, sono stati trovati alcuni resti fossili attribuibili ai denisoviani nella Cina nord-orientale e nel sud-est asiatico, che ci testimoniano l’ampia distribuzione di questa popolazione. Ma si tratta comunque di pochi reperti e molto incompleti (parti di mandibola, denti, frammenti di osso). Questo gruppo umano, insomma, era conosciuto principalmente attraverso la genetica, fino a oggi.

word image 75774 2 Mappa delle località geografiche e delle date di alcuni siti in cui è stato recuperato DNA umano da individui di età superiore a 100.000 anni. I cerchi corrispondono a DNA mitocondriale denisoviano o simile; i quadrati al DNA neanderthaliano (NB: l’individuo trovato in Spagna, pur avendo un DNA mitocondriale più simile a quello dei denisoviani che a quello dei neanderthal, non è considerato un denisova: il suo DNA nucleare è più simile a quello dei neanderthal. Immagine: dalla pubblicazione su Cell

Il primo cranio denisoviano identificato grazie alla doppia analisi molecolare

I ricercatori hanno analizzato il cranio di Harbin, un reperto quasi completo, sia attraverso il DNA mitocondriale estratto dal tartaro dentale, microambiente ideale per la conservazione del DNA antico grazie alla sua struttura mineralizzata e compatta, che utilizzando proteine antiche ricavate dal tessuto osseo del cranio, in particolare dall’osso petroso, noto per la sua capacità di conservare biomolecole arcaiche. Entrambe le tecniche hanno confermato che non si trattava di una nuova specie (Homo longi), ma di un denisoviano.

La paleoproteomica, che studia l’insieme delle proteine presenti nei resti fossili, si è rivelata determinante, poiché le proteine si conservano più a lungo del DNA. Questa disciplina consente studi molecolari anche su fossili più antichi di 400.000 anni fa, difficili da analizzare a causa dell’assenza di materiale genetico intatto.

L’analisi è stata condotta su 95 proteine endogene (prodotte dall’individuo quando era vivo) estratte dal fossile e analizzate tramite spettrofotometria di massa, una tecnica che consente di determinare la sequenza degli aminoacidi per risalire alla struttura originale della proteina.
Dai risultati sono emersi 122 polimorfismi di singoli aminoacidi (SAP), variazioni di un singolo aminoacido nella sequenza proteica, che caratterizzano una specie e sono perciò fondamentali per stabilire l’appartenenza filogenetica dell’individuo.

In alcune delle proteine analizzate sono state osservate quattro posizioni specifiche nelle sequenze aminoacidiche che presentano varianti tipiche dei denisoviani. Una di queste compare anche in Denisova 3, l’unico individuo denisoviano di cui conosciamo quasi l’intero genoma. Il fossile di Harbin condivide con Denisova 3 un clade monofiletico, ossia entrambi discendono da un antenato comune.

In parallelo, un altro team di ricerca si è concentrato sulle analisi genetiche, estraendo una quantità significativa di frammenti di DNA mitocondriale ben conservato dal tartaro. I frammenti di DNA estratti sono stati selezionati in base alla presenza di un tipico danno chimico del DNA antico che consiste in sostituzioni da citosina a timina dovute a deaminazione. Questo tipo di danno aumenta con il tempo ed è un segno inequivocabile di antichità, assicurando che il materiale estratto non sia contaminato da quello moderno.

Dopo aver ricostruito una sequenza di consenso a partire dai frammenti selezionati, e averla confrontata con sequenze mitocondriali già note di sapiens, neanderthal e altri individui denisoviani, gli studiosi hanno ottenuto ulteriori evidenze che l’individuo di Harbin appartiene alla popolazione dei Denisoviani.

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In evidenza il tartaro dentale del dente di Harbin, dove il DNA mitocondriale è stato catturato e sequenziato. Immagine: dalla pubblicazione su Cell.

Ora possiamo immaginare com’era fatto un denisoviano

Nobu Tamura, ricostruzione facciale di Homo Longi, CC BY-SA, via Wikimedia Commons
Nobu Tamura, ricostruzione facciale di Homo longi sulla base del cranio, ora attribuito a Denisova , CC BY-SA, via Wikimedia Commons

Queste ricerche offrono un inedito punto di vista morfologico: grazie alla buona conservazione del fossile è possibile ricostruire per la prima volta l’aspetto di un denisoviano, fino a ora del tutto sconosciuto a causa delle insufficienti prove fossili. Un grande passo per gli studiosi, che potrebbero più facilmente identificare altri fossili del lignaggio dei Denisoviani, anche sulla base delle caratteristiche morfologiche.

La combinazione di analisi proteomiche e genetiche per la corretta identificazione di un fossile si è rivelata una strategia solida, e potrà essere applicata anche su altri reperti antichi difficili da identificare.


Riferimenti:

Fu, Q., Bai, F., Rao, H., Chen, S., Ji, Y., Liu, A., Bennett, E. A., Liu, F., & Ji, Q. (2025). The proteome of the late Middle Pleistocene Harbin individual. Science. https://doi.org/10.1126/science.adu9677

Fu, Q., Cao, P., Dai, Q., Bennett, E. A., Feng, X., Yang, M. A., Ping, W., Pääbo, S., & Ji, Q. (2025). Denisovan mitochondrial DNA from dental calculus of the > 146,000-year-old Harbin cranium. Cell. https://doi.org/10.1016/j.cell.2025.05.040

Immagine in apertura: Fu et al., ricostruzione virtuale del cranio di Harbin, CC BY 4.0, via Wikimedia Commons