Le lingue e i geni si evolvono assieme, tranne quando non lo fanno…

Uno studio globale rivela che la relazione tra geni e lingue è molto più complessa di come pensavamo

A Malta si mangiano ottimi cannoli alla ricotta. Non sono uguali a quelli siciliani, ma non c’è dubbio che siano parenti. Sull’isola c’è una cultura mediterranea, che è stata influenzata molto dalla Sicilia, e questo si vede anche dai loro geni. Eppure la loro lingua, il maltese, sembra un po’ fuori posto. È una lingua semitica, e fa parte delle lingue afro-asiatiche, una famiglia che ha poche relazioni con quella delle lingue indoeuropee comuni in Europa. I maltesi, quindi, sono molto più imparentati geneticamente ai loro vicini di quanto non lo siano le loro lingue.

Siamo tentati di pensare che questa sia la classica eccezione che conferma la regola. L’evoluzione delle lingue tende a coincidere con quella dei geni di chi le parla, ma qualche volta la Storia si mette di mezzo e gli alberi filogenetici e linguistici divergono. Ma è davvero così eccezionale? Fino a questo momento nessuno aveva condotto un’analisi globale della relazione tra geni e lingue a livello di singole popolazioni. Ci ha pensato un gruppo interdisciplinare dell’Università di Zurigo e del Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology, che ha appena pubblicato i risultati su PNAS.

Cavalli Sforza 2.0.
Darwin (e chi altri?), aveva già ipotizzato che la discendenza con modificazione riguardasse anche le lingue, tanto che dal loro studio si sarebbe riusciti a ricostruire le relazioni tra i popoli (la genetica ovviamente non esisteva ancora). Gli studi del genetista Luigi Luca Cavalli-Sforza (1922-2018) hanno confermato questa visione: a una scala continentale la corrispondenza tra le lingue e la genetica è quasi perfetta. Quasi, perché anche da queste analisi spuntavano delle eccezioni. Per esempio i parlanti ungherese, una lingua uralica, non hanno alcuna relazione genetica con i popoli della Siberia che l’hanno probabilmente esportata.

“Le persone si spostano e portano con loro un ‘pacchetto’ genetico e linguistico dalla popolazione di appartenenza.” ci spiega Chiara Barbieri, genetista dell’Università di Zurigo che ha guidato lo studio.

“Ci aspettiamo quindi che popolazioni imparentate geneticamente parlino lingue simili. Ma questa non è tutta la storia

Per capire fino a che punto le discrepanze (mismatch) siano un’eccezione, serve aumentare la risoluzione degli studi considerando tutto il pianeta. Per farlo i ricercatori hanno costruito un nuovo database chiamato GeLaTo (GEnes and LAnguages TOgether), che ha raccolto i dati genetici di 4000 individui appartenenti a circa 400 popolazioni, e che parlano 300 lingue.

“L’approccio è quello di Cavalli-Sforza, ma con molti più punti sulla mappa”, sottolinea la ricercatrice.

Alla ricerca di discrepanze tra genetica e linguistica
GeLaTo è stato costruito partendo da dati genetici già pubblicati in letteratura e raccolti con lo stesso strumento (“Human Origins” SNP chip). Ogni popolazione del campione è stata associata a una regione geografica (in base a dove il campione è stato raccolto) e alla lingua da essi parlata. Le relazioni tra le lingue, incluse la famiglia di appartenenza, sono ricavate da Glottolog, un database che classifica tutte le lingue del mondo.

GeLaTo ha confermato che le popolazioni geneticamente simili parlano lingue della stessa famiglia, e tendono a trovarsi nella stessa area geografica. Tuttavia i ricercatori hanno anche cercato sistematicamente i segnali dove questo invece non accade. Hanno identificato tre casi possibili. Una popolazione può essere strettamente imparentata con altre molto distanti, e condividere la loro lingua anche se i vicini ne parlano altre (enclave genetica e linguistica). Oppure una popolazione può parlare una lingua tipica di un’altra parte del mondo, senza parentele genetiche con le altre popolazioni che parlano lingue simili (enclave linguistica, discrepante rispetto alla genetica). O, viceversa, una popolazione può essere geneticamente imparentata con popolazioni lontane, ma parlare una lingua simile a quella dei vicini di casa (enclave genetica, discrepante rispetto alla linguistica).

Possibili scenari di corrispondenze e discrepanze nella trasmissione di geni e lingue. La storia genetica (demografica) è rappresentata da un ampio albero ramificato, dove diverse forme umane rappresentano una popolazione genetica. La storia linguistica è rappresentata da linee colorate, che differenziano cinque famiglie linguistiche (A-E). Le storie linguistiche a volte si muovono in parallelo con la storia demografica e talvolta no. Immagine: modificato da Barbieri et al. 2022. A global analysis of matches and mismatches between human genetic and linguistic histories. PNAS.

Il caso più comune di discrepanza tra geni e lingue è quello dell’enclave genetica. Una popolazione che migra può rimanere distinta da quelle vicine, ma cominciare a parlare la loro lingua. L’enclave linguistica è più rara, forse difficile da individuare, e al momento è rappresentata solo dai parlanti ungheresi. Ma non è più possibile parlare di eccezioni, poiché costituiscono un quinto del campione. Non significa che nel mondo in un quinto dei casi lingue e geni divergano: anche se il database è globale non è completo (ci sono 7000 lingue nel mondo, e la stessa lingua può essere parlata da popolazioni diverse). Ma si può già dire che il fenomeno non è raro.

Un’altra discrepanza riguarda i tempi stimati per l’evoluzione delle lingue e delle popolazioni. Ci aspetteremmo che le popolazioni e le famiglie linguistiche divergano nello stesso momento, invece non c’è grande corrispondenza. La divergenza genetica tende a essere più antica. Questo, ipotizzano i ricercatori, può essere dovuto all’incertezza della datazione linguistica, ma può anche significare che nella preistoria diverse popolazioni hanno cambiato lingua rispetto al loro “pacchetto” di partenza.

Abbandonare il pregiudizio occidentale
Ci si potrebbe chiedere come mai per tanto tempo abbiamo pensato che le discrepanze tra genetica e linguistica fossero rare. Uno dei motivi, ci spiega Barbieri, è che molti studi precedenti si sono concentrati sulle lingue Indo-europee, parlate in Europa e parte dell’Asia. Si dà il caso che proprio qui troviamo una forte corrispondenza tra geni e lingue. L’errore è stato pensare che questo valesse per tutto il mondo. Come in molti altri campi, ora si cominciano a comprendere le distorsioni causate da questo pregiudizio.

La costruzione di GeLaTo e la realizzazione di questo studio non sarebbe stata possibile senza il contributo di esperti di diverse discipline. Tra gli autori troviamo linguisti e genetisti, come Kentaro Shimizu, direttore del centro URPP Evolution in Action dell’Università di Zurigo.

“Condividere una chiave di lettura evoluzionistica è stato cruciale per questa collaborazione” nota Russell Gray, direttore del dipartimento di evoluzione linguistica e culturale all’Istituto Max Planck, che ha promosso l’iniziativa di GeLaTo.

Il database è un work in progress, e dalla sottomissione dello studio si sono già aggiunte altre 100 popolazioni. Lo stesso approccio, spiega Barbieri, potrà essere usato per studiare altre relazioni tra geni e cultura, per esempio si potrebbe studiare da un punto di vista evolutivo la produzione musicale.

“Ora che sappiamo dove è avvenuto un cambiamento di linguaggio, possiamo studiare come e perché è avvenuto” ha dichiarato il linguista Balthasar Bickel, direttore del centro nazionale svizzero dedicato all’evoluzione del linguaggio (NCCR “Evolving Language”) che ha co-supervisionato lo studio. “Questo approccio combinato ci permette di viaggiare nel nostro passato, e capire il ruolo del linguaggio nel plasmare la diversità umana”

Aggiornamento 29/11/22: ascolta l’intervista a Chiara Barbieri su Radio3scienza

Riferimenti: Barbieri et al. 2022. A global analysis of matches and mismatches between human genetic and linguistic histories. PNAS. DOI: 10.1073/pnas.2122084119

Immagine: Pieter Brueghel the Elder, Public domain, via Wikimedia Commons