Le montagne di Silvia Zenari, geologa, botanica, camminatrice instancabile

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Silvia Zenari fu un’appassionata geologa e botanica, amante della montagna e delle escursioni. La rubrica di Pikaia “l’evoluzione non ha genere” vi accompagna alla riscoperta di una “camminatrice instancabile” dei sentieri della Carnia, del Comelico, del Cadore e dell’Alto Adige.

Silvia Zenari nacque a Udine il 31 marzo 1895, seconda di sette figli dell’ingegnere Aristide e di Elisa Pitter. Trascorse l’infanzia a Montereale Valcellina, in provincia di Pordenone, dove la famiglia si trasferì per il lavoro del padre. Quest’ultimo era un ingegnere dell’industria idroelettrica, Capo sezione del Regio Genio civile di Udine, impegnato nella costruzione della strada carrozzabile della Valcellina e di un impianto idroelettrico sul torrente Cellina. Nella vallata Silvia iniziò a coltivare i suoi interessi naturalistici, sviluppati fin da subito grazie alle numerose escursioni insieme al padre: mostrava spirito d’avventura, raccoglieva piante, osservava insetti e minerali. La montagna la ispirò a scrivere novelle come Scampagnata a Montereale, che narra l’incontro in Val Cellina tra Zaira Nivales (anagramma dell’autrice) e un giovane sconosciuto. Frequentò il ginnasio a Vittorio (dal 1923 Vittorio Veneto) e da lì andò a Padova per frequentare il liceo governativo Tito Livio. Il 12 agosto 1914 ottenne la licenza liceale con votazione media 8.8.    Una tesi audace 
Forte del sostegno e dell’incoraggiamento della famiglia, si iscrisse alla Facoltà di Scienze dell’Università di Padova. Silvia frequentò regolarmente, nonostante la guerra, i corsi obbligatori, alcuni corsi liberi e i laboratori annuali di mineralogia e zoologia e quelli biennali di botanica e geologia. Grazie al buon esito degli esami, dal secondo anno, ebbe la dispensa dalle tasse e si laureò il 15 giugno 1918 in scienze naturali. Discusse una tesi sperimentale in geologia, il cui relatore era il professore Giorgio Dal Piaz, noto geologo e paleontologo italiano del XX secolo. La tesi sperimentale mostrava oggettive difficoltà, ma Silvia non ne ebbe paura e accettò la sfida: si sarebbe occupata dello studio geologico e morfologico di un vasto territorio. Eppure, le difficoltà non erano solo logistiche o metodologiche, sociali e culturali. Pensate ai luoghi e al periodo storico. Si stava combattendo la Grande Guerra. I rilevamenti finirono nell’autunno del 1917, non molto tempo prima della battaglia di Caporetto (24 ottobre 1917), o dodicesima battaglia dell’Isonzo, combattuta tra il Regio Esercito italiano e le forze austro-ungariche e tedesche. Il duro lavoro e l’impegno le valsero il Premio Giovanni Omboni di 500 lire «per aver dato prove [con la laurea] del maggior profitto in Geologia e Mineralogia».   L’insegnamento e altri incarichi… 
Nel luglio del 1920 ottenne il diploma di magistero in scienze naturali, abilitante all’insegnamento. Dal 1919 al 1930, Silvia divenne assistente incaricata e poi di ruolo all’Istituto di Botanica dell’Ateneo patavino: svolse ricerche scientifiche e pubblicazioni di sistematica, flogistica, genetica e fitogeografia. Come attività didattica, tenne i laboratori per gli studenti di Medicina, Farmacia e Scienze naturali. Tuttavia, nel 1930 rinunciò all’incarico per entrare di ruolo nelle scuole superiori statali, insegnando storia naturale, mineralogia e geografia all’Istituto tecnico di Rovigo. L’anno successivo si trasferì al Liceo scientifico Nievo di Padova. Parallelamente all’insegnamento con titolarità nelle scuole, affiancò anche quella di bibliotecaria all’Accademia scientifica veneto-trentino-istriana di Padova per dieci anni (1925-1935). Non rinunciò del tutto all’agognata cattedra accademica: conseguì anche l’abilitazione alla libera docenza in geografia vegetale e botanica sistematica, successivamente confermata nel 1937. Infatti, dall’a.a. 1932-33 al 1947-48 e poi nel 1953, tenne l’incarico esterno delle due discipline per cui era abilitata, affiancando i docenti titolari. La sua carriera da insegnante continuò al Liceo scientifico di Pordenone (1951-1953). Infine, nel 1952 partecipò al concorso per la cattedra di botanica all’Università di Camerino, conseguendo l’idoneità. 
 
Silvia Zenari

Silvia Zenari mentre lavora al microscopio, archivio Pompeo Pitter da “Le signore della botanica” di E. Macellari, Arezzo (2017), via Il Bo Live

…in giro per le Alpi orientali 
Appena laureata, Giorgio Dal Piaz, allora direttore della sezione geologica dell’Ufficio idrografico del Magistrato alle acque di Venezia, le propose un lavoro mai fatto prima da una donna: collaborare alla compilazione della carta geologica delle Tre Venezie. Silvia si occupò personalmente dei rilievi e dell’elaborazione completa del Foglio Maniago della Carta geologica delle tre Venezie e alla redazione delle note illustrative. Per completare il foglio 24 Maniago aggiunse anche l’elenco delle principali pubblicazioni riguardanti il settore in esame. Il rilevamento geologico consiste in osservazioni, appunti, misure e disegni, fotografie e campionamenti che il geologo svolge sul campo. È il punto di partenza per conoscere la geologia del territorio e per realizzare profili e carte geologiche di dettaglio nonché indispensabile per poter progettare qualsiasi tipo di intervento. Contribuì anche ai fogli Ampezzo, Pieve di Cadore e Belluno.
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Carte di una bellezza unica e ricche di informazioni: per chi, come me, non ne aveva mai analizzata una, sono sorprendenti. Inizialmente, sembrano un insieme di linee e colori, ma poi si possono notare i dettagli e leggere le informazioni in esse contenute: in basso la scala, in alto la longitudine dal meridiano di Roma, colori diversi per indicare alluvioni, torbiere, conglomerati diluviali, asterischi per le località fossilifere. Per evidenziare l’eccezionalità della cosa, si tenga presente che le donne non figurano nemmeno tra i rilevatori della seconda edizione della
Carta Geologica d’Italia, negli anni Sessanta del secolo scorso (a tale progetto cartografico, finanziato dalla “legge Sullo”, parteciparono diverse scienziate, ma come responsabili di analisi specialistiche).    I contributi scientifici per specialisti 
Il suo fervido spirito di scoperta la spingeva anche ad affrontare situazioni estreme come le arrampicate. Ma non erano solo prove di prestanza fisica o smanie di protagonismo: le erano utili per studiare la distribuzione in altitudine della vegetazione alpina. Intraprendeva le escursioni anche da sola, ma non disdegnava la compagnia: la sorella Ernesta condivideva la stessa passione. La montagna ispirò anche Avventura al confine del 1936, in cui racconta le difficoltà di ricerca sul campo per la presenza di militari; e Temporale in alta montagna.  Benché mostrasse amore per la geologia, la maggior parte dei suoi lavori riguardano la botanica. Il suo primo lavoro botanico è del 1920, in cui esamina la vegetazione della valle in cui lei era cresciuta: al Primo contributo alla flora della Val Cellina (Friuli Occidentale) seguirono un secondo volume e una versione aggiornata nel 1925 (I caratteri della vegetazione in Val Cellina). Si aggiunsero poi altri due interventi sulla vegetazione nelle zone risorgive (La zona delle risorgive nel Friuli occidentale ed i suoi caratteri floristici, 1927) e nell’area dei Magredi, la zona dell’ampia pianura alluvionale tra i fiumi Cellina e Meduna (La vegetazione dei Magredi nell’alta pianura del Friuli occidentale, 1928).   In seguito, si occupò dell’esame sistematico della flora del Cadore, spingendosi fino al Comelico. Compì ricche erborazioni, cioè esplorazioni di una zona di terreno allo scopo di raccogliere piante per uno studio botanico. Il tutto fu accompagnato da meticolose osservazioni di carattere geologico, idrologico ed ecologico. Tutto questo materiale le consentì di allestire un erbario ricco di circa 20.000 specie, che rappresentò il nucleo centrale dell’Erbario veneto, conservato presso l’Istituto di botanica dell’Università di Padova e considerato uno dei migliori erbari regionali italiani. Infine, gli studi sui rilievi veneti comprendono due lavori che sono considerati classici: Associazioni e limiti di vegetazione nel Gruppo M. Schiara-M. Pelf (1934) e La vegetazione nel Comelico (1941).  Da “camminatrice instancabile” percorse ed esaminò le zone meno note delle Prealpi Carniche e si occupò anche dell’indagine sul popolamento vegetale del lago della Burida a Pordenone.   Scienza per tutti 
Negli ultimi anni della sua vita mostrò, ancora una volta, le sue notevoli abilità di sistematica, realizzando Flora escursionistica: chiave botanica analitica per la determinazione delle principali specie vegetali dell’alta Italia (1956). Quest’opera è, ancora oggi, un valido aiuto per studenti universitari e per tutti coloro che si occupano della determinazione delle specie botaniche, per lavoro o per diletto. È un manuale da campo con chiavi dicotomiche in grado di guidare il naturalista nella determinazione delle specie. Tutti gli studiosi hanno utilizzato quest’opera di scienze naturali e si sono appassionati alla tassonomia grazie alla chiarezza espositiva ed alla preziosa guida delle tavole allegate. Nell’ultimo paragrafo del libro scrive:  L’Italia presenta un’inconsueta varietà di climi, da quello alpi‐ no di tipo polare a quello mediterraneo di tipo subtropicale; a tale varietà di climi corrisponde una straordinaria ricchezza floristica. Molte delle nostre più belle specie sono però minacciate di distruzione dall’avidità di chi le raccoglie uccidendone gli individui e di chi cancella le stazioni naturali (boschi, brughiere, paludi) che le ospitano. Ricordiamo che molte specie debbono essere assolutamente protette e rispettate, perché particolarmente sensibili, e facili a scomparire da una determinata zona quando vengano troppo di frequente raccolte […]”   Il premio e l’incidente 
La sua intensa attività scientifica la portò anche a ricevere il premio ministeriale per le scienze naturali da parte dell’Accademia Nazionale dei Lincei nel 1948 e in quell’occasione venne sottolineata l’importanza del suo lavoro:   «Il lavoro compiuto è assai pregevole perché alcune forme e varietà nuove sono per la prima volta segnalate entro i confini della flora italiana, di molte specie infine la candidata rivede non solo le entità sistematiche della flora italiana, ma anche quelle dell’Europa Centrale, mettendo in luce il frequente parallelismo esistente nell’intero ciclo delle sottospecie, varietà e forme di una stessa specie o fra cicli di specie affini…».  Lungo la strada da Conegliano verso Sacile, a bordo della sua Fiat 514, il 30 giugno 1956 Silvia Zenari morì in un incidente stradale. Purtroppo, un sorpasso infausto pose fine alla vita di un’appassionata naturalista, capace di svolgere la sua attività scientifica in due campi ben distinti delle scienze naturali: quello geologico e quello botanico-fitogeografico. Dal 1966 esiste a Pordenone la Società Naturalisti Silvia Zenari e, dal 14 novembre 2007, a lei è intitolato il Museo civico di storia naturale a Pordenone.  Conclusioni 
Nella prima metà del XX secolo le geologhe erano poche e perlopiù indirizzate verso ricerche di mineralogia, micropaleontologia, paleontologia dei vertebrati, paleobotanica.   “[…] non era loro consentito raggiungere le posizioni apicali della geologia accademica e delle applicazioni tecniche. Il rilevamento e le ricerche di terreno in ambienti difficili erano dissuasi o preclusi, per ragioni pratiche e di costume, non essendo immaginabile che una giovane potesse avventurarsi per lande sperdute e pernottare fuori casa in sistemazioni spesso di fortuna” (Giorgio V. Dal Piaz, Alessio Argentieri e Vittorio Dal Piaz).   Nella prima metà del Novecento, le ricerche geologiche sulle Alpi occidentali erano dominio esclusivo degli uomini. Nelle Alpi orientali, invece, ci fu una rivoluzione importante: tre figure femminili minarono il predominio maschile. Le ricerche significative di Maria Matilda Ogilvie, Marta Furlani e Silvia Zenari “affermarono la capacità e il diritto delle donne di fare Scienza ad alto livello e in assoluta autonomia” (Giorgio V. Dal Piaz, Alessio Argentieri e Vittorio Dal Piaz).  Senza giri di parole, si può affermare con oggettività che Silvia Zenari fu una scienziata determinata, dalle idee molto chiare, nonostante le incertezze, i disagi e i pericoli della Grande Guerra. Competenze, prestanza fisica, resistenza alla fatica e a condizioni climatiche severe, spirito di sacrificio e, non di rado, esperienza alpinistica, fino ad allora, si associavano solo al genere maschile. Silvia Zenari aprì le porte al rilevamento geologico anche per le donne e divenne la prima figura femminile della cartografia geologica italiana.   Riferimenti:  Dizionario biografico dei friulani. (2022, August 30). Retrieved from https://www.dizionariobiograficodeifriulani.it/zenari-silvia

Ogilvie M.B. & Harvey J.D., eds. (The Biographical Dictionary of Women in Science, 2000, vol. L-Z, pp.1421-1422) https://www.routledge.com/The-Biographical-Dictionary-of-Women-in-Science-Pioneering-Lives-From-Ancient/Ogilvie-Harvey/p/book/9780415920384

Dal Piaz, G. V., Argentieri, A., & Dal Piaz, V. (2021). SILVIA ZENARI E LA CARTA GEOLOGICA DELLE TRE VENEZIE. ResearchGate. Retrieved from https://www.researchgate.net/publication/349710729_SILVIA_ZENARI_E_LA_CARTA_GEOLOGICA_DELLE_TRE_VENEZIE 

Immagine: grafica di Carmen Troiano