Nessun legame tra la grande eruzione dei Campi Flegrei e l’evoluzione culturale di Homo sapiens
Nuove ricerche mettono in discussione l’impatto della grande eruzione dei Campi Flegrei di 40.000 anni fa sullo sviluppo culturale dei primi Homo sapiens in Europa
I cruciali cambiamenti comportamentali tra i primi Homo sapiens in Europa sono cominciati ben prima della grande eruzione vulcanica nei Campi Flegrei di 40 mila anni fa. Le conclusioni del gruppo di ricerca internazionale guidato dagli archeologi Armando Falcucci e Adriana Moroni, rispettivamente dell’Università di Tubingen in Germania e di Siena, smentiscono l’ipotesi che i cambiamenti ambientali intorno alla catastrofe abbiano influenzato significativamente l’evoluzione culturale della nostra specie. La ricerca è stata pubblicata su Scientific Reports.
Una rivoluzione tecnologica all’ombra di una grande catastrofe?
Una delle tesi sull’evoluzione delle capacità tecnologiche di Homo sapiens in Europa durante il Paleolitico superiore ruota attorno alla più grande eruzione vulcanica mai registrata nella zona del Mediterraneo: quella dell’Ignimbrite Campana, a livello dei Campi Flegrei, avvenuta circa 40 mila anni fa.
Molti studiosi hanno ipotizzato che il passaggio dalla cultura protoaurignaziana all’aurignaziana antica (dai reperti trovati per la prima volta vicino ad Aurignac, nella Francia meridionale) sarebbe una conseguenza dell’adattamento ai cambiamenti ambientali causati sia dall’eruzione flegrea, sia dal mutamento climatico, quasi contemporaneo, dovuto dall’evento di Heinrich 4, cioè a uno dei grandi distacchi di gruppi di iceberg nell’Atlantico avvenuti durante l’ultimo periodo glaciale. L’azione concomitante di questi due eventi, infatti, ha reso il clima più arido e secco: questa potrebbe essere stata la scintilla di un’evoluzione culturale che portato a un aumento significativo della complessità e varietà di strumenti litici e ossei.
Il gruppo di ricerca guidato da Falcucci e Moroni ha messo in discussione questa tesi conducendo un’analisi approfondita dei reperti litici in tre strati successivi nella Grotta di Castelcivita, vicino Salerno. Si tratta di uno dei rari siti archeologici dove le ceneri dell’eruzione flegrea hanno sigillato la sequenza archeologica rendendola perfettamente conservata.
Le analisi dei reperti e la loro datazione (alcune centinaia di anni prima dell’eruzione) suggeriscono che questa rivoluzione culturale del paleolitico superiore preceda sia la grande eruzione flegrea, sia all’ingresso nella nuova fase climatica causata dell’evento di Heinrich 4.
Un’abbondanza di reperti
Il gruppo di ricerca, nel complesso, ha analizzato 328 reperti analizzandone la forma, anche attraverso scansioni 3D, con un complesso modello statistico. In questo modo è stato possibile classificare i dettagli dei reperti litici della grotta di Castelcivita, seguendone l’evoluzione negli strati.
Quali sono i reperti litici a cui i ricercatori hanno rivolto la loro attenzione? Prevalentemente lame in pietra con un solo lato affilato, lame in pietra rielaborate e raschietti, parte dei quali carenati e parte no. La più notevole innovazione culturale registrata nel sito è la produzione di punte litiche miniaturizzate da rocce raccolte nei pressi della grotta caratterizzate dalle proprietà di frattura più adatte. Questi micro-utensili erano probabilmente destinati a essere incastonati in armi da proiezione multi-componenti.
Queste tipologie di strumenti sono considerati dei veri e propri marker del periodo.
Una rivoluzione anticipata
Le analisi permettono di superare l’ipotesi secondo cui il protoaurignaziano sarebbe stato un periodo tecnologicamente stabile prima della grande eruzione flegrea. Negli strati infatti si assiste a un aumento nella quantità e nella qualità degli strumenti litici, con lame e strumenti carenati in grado di produrre lame di piccole dimensioni. È un cambiamento precedente all’eruzione, come fanno notare gli autori nella pubblicazione:
“Mentre la super-eruzione dell’Ignimbrite Campana potrebbe aver apportato ulteriori modificazioni nel sistema di sussistenza dei raccoglitori che dimoravano nella regione, questa scoperta prova che l’incremento tecnologico non venne influenzato dagli eventi geologici. Per di più, mostra senza dubbio che i cambiamenti tecnologici avvennero lungo una scala temporale relativamente breve attraverso un areale geografico piuttosto ampio, comprensiva almeno dell’Europa occidentale e meridionale.”
I ricercatori sottolineano come questo cambiamento tecnologico possa essere stato relativamente improvviso: il rapido incremento nella produzione di lame, ottenute con una destrezza manuale capace di utilizzare le lame in selce e di produrre strumenti carenati, contrastano con i reperti litici rinvenuti dal precedente periodo Uluzziano, privi di queste caratteristiche.
Secondo gli autori lo studio sottolinea la necessità, per le future ricerche, di superare le spiegazioni sulle innovazioni culturali basate su una sola causa diretta, fornendo nuovi dati in alta risoluzione da siti europei finora trascurati, così da contestualizzare meglio lo sviluppo tecnologico dell’Aurignaziano.
“Questi risultati mostrano come trovare una causalità diretta tra cambiamenti ambientali e culturali sia particolarmente arduo, se si cerca in un solo sito.” – si legge nella pubblicazione.
Nuove metodologie, un nuovo approccio, comparazioni più ampie e tecnologie sempre più sofisticate potrebbero farci fare ulteriori passi avanti nel comprendere come siamo diventati padroni degli strumenti litici che hanno contribuito al nostro successo evolutivo.
Riferimenti:
Falcucci, A., Arrighi, S., Spagnolo, V., Rossini, M., Higgins, O. A., Muttillo, B., …Moroni, A. (2024). A pre-Campanian Ignimbrite techno-cultural shift in the Aurignacian sequence of Grotta di Castelcivita, southern Italy. Scientific Reports, 14(12783), 1–23. doi: 10.1038/s41598-024-59896-6
Immagine in apertura: ingresso della Grotta di Castelcivita, foto di A. Ronchitelli, editing di S. Ricci
Mi sono laureato in Biodiversità ed evoluzione biologica all’Università degli Studi di Milano ed ho conseguito un master in Giornalismo scientifico e comunicazione istituzionale della scienza all’Università degli studi di Ferrara. Mi appassiona la divulgazione e lo studio della storia delle idee scientifiche.