Pesci coltivatori e mandriani

Una specie di pesci pomacentridi della barriera corallina coltiva alghe e dei piccoli crostacei che le concimano

Nel corso degli anni, progressivamente, le distinzioni fra umani e “animali”, tanto invocate da certa letteratura, sono andate via via scemando. Una delle attività ritenute umane che è stata scoperta da tempo negli animali è l’agricoltura, associata all’allevamento. Ad esempio si sa che formiche, api e termiti allevano funghi per cibarsene (Pikaia ne ha parlato ad esempio qui), e che delle formiche allevano afidi (qui un articolo sull’argomento). Queste relazioni possono a buon diritto essere definite simbiotiche, a volte in un modo particolarmente stretto, al punto che una specie non può fare a meno dell’altra.

Ora abbiamo un esempio di agricoltura/allevamento veramente particolare, studiato da un gruppo australiano, comprendente ricercatori di molti Paesi e pubblicato su Nature Communications: è la storia di una specie di pesce damigella, Stegastes diencaeus, una specie di pomacentride comune nei Caraibi, che “coltiva” attentamente dei giardini di alghe brune di varie specie, delle quali si nutre, difendendoli attivamente dagli intrusi. La coltivazione di alghe da parte di pesci, in particolare sulle scogliere coralline, non è un fenomeno nuovo, ma in questa ricerca, condotta nella stazione di ricerca di Carrie Bow Cay nel Belize, è comparso un nuovo attore: si tratta di un piccolo crostaceo planctonico (Mysidium integrum). Questi gamberetti sono assai piccoli (dell’ordine dei millimetri) e vivono in “branchi” sopra ai giardini di alghe. Al tramonto se ne vanno a mangiare plancton, e al mattino tornano, con straordinaria fedeltà, al giardino di residenza. Perché? Ma perché i pesci damigella li proteggono da eventuali predatori, assai frequenti negli ambienti corallini.

E cosa hanno da guadagnare gli Stegastes dalla presenza dei misidiacei? I gamberetti depositano i loro escrementi sulle alghe del giardino incrementandone la produttività. È una di quelle storie che sembra uscita da un racconto di fantascienza, ma la cosa bella di questa ricerca è che ognuna delle fasi che vi ho raccontato non solo è stata osservata, ma è stata verificata e in molti casi sottoposta a esperimento. Ad esempio, sono stati localizzati 30 giardini di Stegastes con Mysidium e 30 senza e controllati per un periodo di 20 giorni per verificare la fedeltà dei gamberetti ai giardini; è stato indagato lo stimolo che induce i gamberetti a localizzare i giardini intensamente coltivati dai pesci damigella: poiché si tratta di stimoli olfattivi, sono stati effettuati esperimenti di scelta a due vie in flusso d’acqua dove un misidiaceo veniva posto di fronte alla scelta se andare verso l’acqua condizionata dalla presenza di Stegastes oppure nell’altro canale, dove scorreva acqua marina semplice di controllo; in un altro la scelta era fra acqua dei giardini e acqua semplice; in un altro ancora la scelta era fra acqua semplice e acqua condizionata da pesci predatori dei misidiacei, ecc… In modo molto significativo i gamberetti preferivano l’acqua condizionata dai pesci damigella, ed evitavano quella condizionata dai predatori, come Halichoeres bivittatus. Dunque: un lavoro veramente interessante, e nel quale sono state esplorate molte implicazioni con un grande impegno di ricerca.

Credit: Brooker et al. Nat Com. 2020 Dec 7;11 (1): 6253

Gli autori propongono i loro risultati come una conferma di un modello di origine della domesticazione: “I nostri risultati suggeriscono che i rifugi che i pesci damigella creano con la coltivazione delle alghe, e la mutua assuefazione dei misidiacei e dei pesci damigella siano stati strumentali alla successiva domesticazione dei misidiacei. Questi risultati sono in accordo con l’idea della via commensale alla domesticazione, attraverso la quale si suppone che molti casi di domesticazione animale si siano evoluti.”

Riferimenti:
Brooker RM, Casey JM, Cowan ZL, Sih TL, Dixson DL, Manica A, Feeney WE. Domestication via the commensal pathway in a fish-invertebrate mutualism. Nat Commun. 2020 Dec 7;11 (1): 6253. doi: 10.1038/s41467-020-19958-5. 

Immagine in alto: LASZLO ILYES, CC BY 2.0, via Wikimedia Commons