Alla scoperta della filoepigenetica: filogenesi ed epigenetica per studiare l’evoluzione dei mammiferi
Una equipe internazionale ha confrontato le modifiche epigenetiche presenti nei mammiferi, evidenziando alcune sorprendenti similarità.
Numerosi risultati interessanti stanno arrivando anche dall’epigenomica comparativa, un campo di ricerca emergente che mira a combinare i dati relativi alle modifiche epigenetiche presenti nel genoma con quelli filogenetici così da migliorare la nostra comprensione del modo in cui sono andate modificandosi le funzioni dei diversi geni (e non solamente la loro sequenza) nel corso dell’evoluzione. Sebbene la regolazione della funzione dei geni derivi dalla sequenza di specifiche regioni regolative, l’epigenetica può fornire risultati più facilmente interpretabili e utili per comprendere quali geni siano attivi in specifici tipi cellulari.
Dal genoma all’epigenoma
Nell’ottica di iniziare a comprendere come si è evoluto l’epigenoma dei mammiferi, una équipe internazionale, coordinata dal bioinformatico Amin Haghani dell’Università della California a Los Angeles, ha studiato le modifiche epigenetiche presenti nel DNA di 176 specie di mammiferi (tra cui 167 placentati e 9 marsupiali) provenienti da 63 diversi tessuti e organi. In particolare, i ricercatori si sono concentrati sulla metilazione del DNA, che è non solo la modifica epigenetica più studiata, ma anche quella che potrebbe permettere di identificare in modo maggiormente affidabile le vie di regolazione genica, che sono alla base di importanti caratteristiche nei mammiferi. In particolare, Haghani e colleghi hanno identificato oltre 36.000 citosine metilate (la metilazione del DNA negli eucarioti solitamente avviene a livello di questo nucleotide), di cui più di 14.700 erano pressoché comuni nella maggior parte dei mammiferi placentati, mentre poco meno di 8.000 erano presenti sia nei mammiferi placentati che nei marsupiali. Il loro lavoro è stato pubblicato questo mese su Science. I dati ottenuti hanno permesso di costruire alberi filoepigenetici, la cui struttura ricalca in modo molto fedele la filogenesi dei mammiferi sia analizzando i dati ottenuti dai singoli tessuti e organi che prendendo i dati in considerazione nel loro complesso. Come spiegano gli Autori, questo risultato era in parte prevedibile, dato che molte regioni regolative sono altamente conservate nei mammiferi, ma questa è la prova che anche la metilazione può essere conservata in modo fedele tra specie:“la stretta relazione tra alberi filogenetici e filoepigenetici riflette un’evoluzione interdipendente/coordinata di genoma ed epigenoma, da cui derivano le caratteristiche biologiche delle diverse specie di mammiferi”.
Entrando invece maggiormente nell’analisi dei tantissimi dati ottenuti, l’équipe di ricercatori coordinata da Haghani ha osservato che alcune modifiche epigenetiche conservate nei mammiferi erano presenti in regioni adiacenti a geni implicati nel funzionamento del sistema immunitario, nella biologia delle cellule staminali, nella risposa allo stress e nell’invecchiamento. Questo aspetto permetterà quindi di verificare sperimentalmente il contributo dell’epigenetica di queste specifiche aree nel controllo di questi processi, oltre che di capire il ruolo delle variazioni osservate in alcune specie. Le modifiche epigenetiche che si riferiscono a specifici ordini, o anche specie, saranno infatti preziosi punti di partenza per studiare sperimentalmente il loro contributo nell’evoluzione delle caratteristiche specifiche di alcuni mammiferi.
“I nostri risultati, derivanti dal confronto di esseri umani ed altri mammiferi, dimostrano l’intricata connessione tra cellule staminali, sviluppo e invecchiamento. La perturbazione sperimentale delle regioni metilate potrebbe chiarire se esiste un nesso causale tra le modifiche epigenetiche osservate e la longevità tipica di ciascuna specie di mammifero”.
Epigenetica e longevità
Il collegamento con la longevità è stato ritenuto di particolare interesse anche dal biologo molecolare ed evoluzionista Alex De Mendoza che nell’editoriale di presentazione di questo lavoro ha scritto:
“I mammiferi variano notevolmente nella durata della vita; per esempio, la balena della Groenlandia (Balaena mysticetus) può vivere fino a 200 anni, mentre i ratti giganti di Müller (Sundamys muelleri) vivono solo per circa 6 mesi. Questa disparità è codificata nei genomi di ciascuna specie; tuttavia, quali geni sono collegati a questi tratti è ancora poco conosciuto. Poiché i mammiferi hanno approssimativamente gli stessi geni, la variazione nel modo in cui questi geni sono regolati dovrebbe essere importante nel determinare i tempi dell’invecchiamento. (…) Haghani et al. descrivono uno studio su larga scala della metilazione del DNA (che ha un ruolo nella regolazione genica) in una vasta gamma di specie di mammiferi e hanno identificato le regioni genomiche che potrebbero governare la variazione della durata della vita e altri tratti nei mammiferi”.
L’interesse per la longevità è ormai ricorrente nelle pubblicazioni scientifiche e il prolungamento delle nostre aspettative di vita è un tema di estrema attualità negli USA, come attestano anche le numerose startup nate nella Silicon Valley negli ultimi dieci anni che studiano vie per interferire con l’invecchiamento (qui un approfondimento).
Al di là di questo tema specifico, la mole di dati resi disponibili da Haghani e colleghi è veramente impressionante e sarà oggetto di studio da parte di numerosi ricercatori che dovranno verificare l’effetto delle singole modifiche epigenetiche osservate. Grazie però all’epigenomica e alla filoepigenetica possiamo avere oggi nuovi strumenti per capire come si sono originate e sono state mantenute diverse caratteristiche tipiche dei mammiferi, oltre che il ruolo dell’epigenetica nella nostra evoluzione e più in generale in quella degli altri mammiferi.
Riferimento bibliografico: Haghani A, et al. (2023) DNA methylation networks underlying mammalian traits. Science, 381, eabq5693.
Immagine: Christoph Bock, Max Planck Institute for Informatics / CC BY-SA, via Wikimedia Commons
Biologo e genetista all’Università di Modena e Reggio Emilia, dove studia le basi molecolari dell’evoluzione biologica con particolare riferimento alla citogenetica e alla simbiosi. Insegna genetica generale, molecolare e microbica nei corsi di laurea in biologia e biotecnologie. Ha pubblicato più di centosessanta articoli su riviste nazionali internazionali e tenuto numerose conferenze nelle scuole. Nel 2020 ha pubblicato per Zanichelli il libro Nove miliardi a tavola- Droni, big data e genomica per l’agricoltura 4.0. Coordina il progetto More Books dedicato alla pubblicazione di articoli e libri relativi alla teoria dell’evoluzione tra fine Ottocento e inizio Novecento in Italia.