Arte, scienza e filosofia nella “Storia della creazione naturale”

storia della creazione naturale Haeckel Mimesis

Pikaia ha letto per voi la recente edizione di Storia della creazione naturale dello zoologo Ernst Haeckel

È il 1868, e in Europa pare proprio aggirarsi il temibile spettro del darwinismo.

In quell’anno a Berlino si dà alle stampe la Storia della creazione naturale, di cui Mimesis ha da poco pubblicato una rinnovata edizione italiana a cura di Valeria Maggiore, con una postfazione di Marco Ferraguti, e di cui se ne danno qui presentazioneindice. Ne è autore lo zoologo Ernst Haeckel (1834-1919), che in seguito a una folgorante adesione ai princìpi della “nuova biologia” – aveva potuto leggere la traduzione tedesca dell’ Origine delle specie già nel 1860 – avrebbe dedicato una vita intera alla divulgazione e all’approfondimento dell’opera darwiniana.

Sono tempi di grande fervore e fiducia verso le scienze, ma anche di fideismo, e in Haeckel tutto questo traspare con immensa lucidità: quasi un apostolo di Darwin in terra tedesca – già noto alla comunità scientifica per un’importante Monografia sui Radiolari (1862) e una Morfologia generale degli organismi (1866) –  ne celebrerà i meriti e la profondità di visione, talvolta deformandone ed estremizzandone le posizioni originarie. Darwin, sostiene Haeckel, è il Newton che la biologia tanto attendeva.

Si sa: i geni hanno bisogno di qualcuno che ne racconti le conquiste a un più ampio pubblico… ed Haeckel con Darwin fa proprio questo. Ma, nell’entusiastica vis polemica cui consegna le quindici conferenze della Storia della creazione naturale, egli si spinge oltre. Già dal titolo, del resto, l’opera è una dichiarazione di guerra alla scienza teologizzante del tempo; una dichiarazione che Darwin, per personale assennatezza e docilità di carattere, non aveva mai voluto pubblicamente intraprendere. Haeckel parla infatti di creazione naturale, e con ciò sa di invertire i termini del dibattito (del 1844 sono le Vestigia della storia naturale della creazione, dell’editore e geologo scozzese Robert Chambers[1]cfr. la sezione I di questo lavoro): un binomio che gli consente di collocare la sua opera in apparente continuità con una tradizione di pensiero – quella della teologia naturale – in realtà alterandone significativamente la portata. La creazione si ammanta ora di una naturalità che con l’intervento divino ha reciso ogni legame. Al contempo, però, Haeckel tenta di smorzare la radicalità del suo discorso presentando al lettore l’evoluzionismo darwiniano come l’esito di un lungo e graduale percorso scientifico-filosofico, che a propria volta ne avrebbe preparato l’avvento quasi con necessità storica.

Ora, Heckel non è un semplice volgarizzatore, ma personalità di grande cultura. Nella Storia rivive il formalismo biologico[2]ll letterato e scienziato Wolfang Goethe e i naturalisti Lorenz Oken e Richard Owen furono esponenti della cosiddetta morfologia trascendentale o formalismo, secondo cui la varietà di strutture di … Continue reading inscindibilmente congiunto a una rinnovata scienza estetica, che dell’infinità varietà delle forme si fa strumento di creazione artistica e di indagine scientifica: ne testimoniano le numerose tavole, autentiche opere d’arte, realizzate da Haeckel in persona.

Sono molteplici le dimensioni attraverso cui si svolge e si riannoda senza posa la narrazione haeckeliana, e sarebbe qui inefficace tentare una trattazione sistematica. Cerchiamo, piuttosto, di indagare per sommi capi  gli intrecci di un pensiero definibile nei termini di un monismo materialista, una locuzione che dice immediatamente l’opposizione a ogni visione dualistica (e perciò teologica e spiritualistica e finalistica). Conviene a questo punto lasciare la parola al Nostro:

“Il cosiddetto materialismo scientifico è in un certo senso identico al nostro monismo. Perché in fondo non afferma altro che tutto nel mondo accade in circostanze naturali, che ogni effetto ha la sua causa e ogni causa il suo effetto. […] D’altra parte, rifiuta  risolutamente ogni credenza  nei miracoli e qualsiasi nozione di qualsiasi tipo sui processi soprannaturali. Per esso, quindi, non vi è vera metafisica da nessuna parte nell’intero campo della conoscenza umana, solo fisica ovunque”. [pp. 180-109]

Pertanto, la materia, unico principio  del reale, origina da sé – in sostanziale continuità – forme inorganiche e vita organica. Fondamentali per la comprensione del mutare di siffatte forme sono, per Haeckel, l’adattamento – ovvero la capacità di rispondere efficacemente ai cambiamenti ambientali – e l’ereditarietà, ossia la conservazione di tali risposte attraverso le generazioni individuali all’interno di una stessa specie. Sullo sfondo, una concezione profondamente  relazionale, e  perciò moderna,  delle interazioni tra forme organiche e milieu inorganico.

Da ciò ne consegue che se vi è continuità delle forme, se la dimensione organica può generarsi dalla inorganica, la vita può essere compresa riduzionisticamente e meccanicamente in termini di processi fisico-chimici. Anche a questo riguardo Haeckel va oltre Darwin: costui sulla validità della sua teoria per il mondo inorganico aveva cautamente preferito non pronunciarsi. Non mancano le criticità, come ben sottolinea Maggiore: l’incauta estensione del pensiero darwiniano oltre le frontiere poste da Darwin stesso – egli era stato ben chiaro che la sua era una teoria da riferirsi esclusivamente al mondo biologico, senza sconfinare indebitamente nel politico e nell’economico – è estremamente problematica [3]per una cursoria discussione di alcune di queste spinosità, rimandiamo a Introduzione pp. 49-51 e Postfazione pp. 391-394. E tuttavia, attraverso un’applicazione estesa dei princìpi darwiniani, Heckel elabora una persuasiva spiegazione causalmente unitaria del reale, intesa a fornire autonomia sempre maggiore alle scienze biologiche: un’autonomia che nel Novecento avrebbe dovuto ancora scontrarsi con i tentativi riduzionistici operati dalla Sintesi Moderna anche se, infine, fu la più ampia ed ‘ecologica’ visione haeckeliana (che era già darwiniana) a imporsi.

Con nostro rammarico, dobbiamo dire che l’opera haeckeliana è ancora pressoché sconosciuta al grande pubblico, sebbene il pensiero di Haeckel sia già oggetto di importanti studi a opera della stessa Valeria Maggiore ed Elena Canadelli. Ci auguriamo, dunque, che la riedizione di questa Storia inviti all’approfondimento di un pensatore la cui opera artistica e scientifica si rivela essere ancora di grande fecondità.

Bibliografia:

Gould, S. J. (2012), La struttura della teoria dell’evoluzione, a cura di T. Pievani, Torino: Codice Edizioni

Haeckel, E. (2024), Storia della creazione naturale, a cura di V. Maggiore e M. Ferraguti, Milano: Mimesis

Note

Note
1 cfr. la sezione I di questo lavoro
2 ll letterato e scienziato Wolfang Goethe e i naturalisti Lorenz Oken e Richard Owen furono esponenti della cosiddetta morfologia trascendentale o formalismo, secondo cui la varietà di strutture di piante e animali sarebbe da ricondurre (1) ad una foglia archetipica, un tipo ideale, (nel caso dei vegetali, Goethe), da cui si sarebbero originate le diverse parti per modificazioni successive; (2) ad una vertebra archetipica (nel caso degli animali, Oken e Owen), da cui avrebbero preso origine le ossa craniche, gli arti etc. Problema cardine della teoria è l’impossibilità di andare oltre le semplici variazioni dagli archetipi per spiegare l’origine di nuove specie. Pertanto, tale origine è affidata a singoli atti di creazione soprannaturale, che di volta in volta stabiliscono gli archetipi delle singole specie [la migliore introduzione sul tema resta Gould 2012, parte I, cap. 4]
3 per una cursoria discussione di alcune di queste spinosità, rimandiamo a Introduzione pp. 49-51 e Postfazione pp. 391-394