La biodiversità al centro |ep. 5| La digitalizzazione delle collezioni naturalistiche italiane
Grazie al National Biodiversity Future Center l’Italia entra nello scenario internazionale della digitalizzazione massiva delle collezioni naturalistiche. Di che cosa si tratta? Ne parliamo con professoressa Elena Canadelli
Lo scorso 11 giugno il National Biodiversity Future Center ha presentato il piano di digitalizzazione dell’Erbario Centrale Italiano di Firenze e di altre collezioni naturalistiche del nostro paese. 4.200.000 reperti saranno scansionati e messi a disposizione di ricercatori e cittadini di tutto il mondo. È un progetto dello spoke 7 a cui avevamo già accennato nel primo video di La biodiversità al centro, in collaborazione con altri spoke del Centro Nazionale Biodiversità.
Per capire meglio di che si tratta, in questa puntata abbiamo incontrato la professoressa Elena Canadelli dell’Università di Padova, responsabile scientifica di questo progetto.
Elena Canadelli è una storica della scienza, da sempre interessata agli aspetti visuali e materiali della scienza e quindi anche delle collezioni naturalistiche. Molte delle sue pubblicazioni specialistiche riguardano infatti la storia dei musei di storia naturale, degli orti botanici e degli erbari. Partendo da questo forte interesse anche nei confronti delle comunità dei naturalisti, del passato, Canadelli ha collaborato in molte occasioni con biologi, zoologi, botanici su vari progetti che comprendevano, oltre allo studio delle collezioni, anche la realizzazione di contenuti. Come il Museo botanico inaugurato l’anno scorso all’Orto Botanico di Padova, dedicato alla storia della botanica e della medicina.
Da queste esperienze è arrivata l’importante occasione di collaborazione con lo spoke 7 del National Biodiversity Future Center, che ha dedicatato la linea (attività) n.7 alla digitalizzazione delle collezioni naturalistiche italiane.
Che cos’è l’Erbario Centrale Italiano e come lo stiamo digitalizzando
La digitalizzazione dell’Erbario Centrale Italiano custodito a Firenze è il lavoro più ampio e rappresentativo delle ambizioni del progetto. L’Erbario è un vero e proprio archivio della biodiversità vegetale che ospita nelle sue collezioni oltre 2 milioni di campioni provenienti da tutto il mondo.
Elena ci spiega che l’erbario, fondato nel 1842, è un erbario “aperto”. Questo significa che non è una collezione storica “chiusa” ma che continua ad arricchirsi di reperti. È costituito da fogli con piante essiccate e una serie di informazioni che accompagnano la pianta (luogo di raccolta, data, nome del raccoglitore, nome scientifico…). Il fatto che siano fogli singoli aiuta la digitalizzazione massiva: i singoli fogli sono applicati sul rullo, cioè un nastro trasportatore che li trascina fino alla macchina fotografica ad altissima definizione. Per ogni foglio viene fatto uno scatto. In questo progetto ci sono due rulli, con due squadre che si gestiscono il flusso di lavoro.
Una prima analisi dell’immagine viene fatta sul posto, ma il lavoro non finisce qui. Esattamente come con il campione fisico, la copia digitale deve essere poi “decifrata” per estrarre ulteriori informazioni, e il tutto deve essere opportunamente archiviato secondo gli standard e le buone pratiche internazionali.
Per il progetto di digitalizzazione massiva dell’Erbario Centrale Italiano, l’Università di Padova ha bandito una gara europea di 7 milioni di euro che è stata vinta da Picturae, un’azienda leader del settore. Picturae ha già digitalizzato importanti erbari e collezioni naturalistiche in giro per il mondo, e ha portato a Firenze i suoi macchinari e l’expertise, occupandosi di formare il personale addetto alla digitalizzazione. Il personale è poi coordinato dai botanici dell’Erbario Centrale Italiano di Firenze e dallo staff di Padova.
Questo metodo di lavoro si è reso necessario per la quantità e l’impatto del lavoro sull’Erbario, un’impresa che in Italia non era stata mai tentata a questa scala. Tuttavia, ci spiega la responsabile scientifica, sono stati finanziati anche altri progetti. Nelle singole realtà, università e non solo, che partecipano la linea 7 della digitalizzazione, c’è stato un incremento nella digitalizzazione di singole collezioni. In questo caso sono anche stati acquistati macchinari che poi rimarranno a disposizione dell’istituzione stessa.
Una miniera di informazioni, tanti saperi per interpretarle
La sfida della digitalizzazione delle collezioni non è, però, solo tecnologica. Non basta cioè scansionare il campione senza danneggiarlo e ottenere un’immagine ad alta definizione: a quell’immagine devono poi essere associate tutte le informazioni che abbiamo su quell’oggetto, cioè la sua storia.
Si può scegliere tra una vasta gamma di dati che si possono inserire. Ci sono quelli necessari, cioè quelli che caratterizzano ogni foglio di erbario: il nome scientifico (che spesso cambia nel tempo), la data, il luogo e il nome del raccoglitore. Ma spesso sul foglio si trovano altre informazioni, come annotazioni sull’habitat o sugli usi della pianta. Nel complesso questi sono i metadati, cioè dei dati che descrivono e completano un contenuto (il campione in questo caso), e sono fondamentali per dare un contesto sia scientifico che storico di comprensione del campione raccolto.
La loro estrapolazione può essere fatta sia manualmente, cioè trascrivendo le annotazioni presenti sui fogli, sia in modo automatico grazie all’intelligenza artificiale. Il risultato finale della digitalizzazione sarà in open access e condiviso nelle banche dati nazionali e internazionali attraverso la piattaforma di NBFC.
“Al di là dei Big Data e dell’intelligenza artificiale, questa è anche una sfida di saperi che si incrociano. Storici, botanici, genetisti, ecologi uniscono le forze per interpretare queste fonti”
Storie dall’erbario…
Elena ci spiega che molti fogli di erbario sono legati ai viaggi. Nell’Erbario Centrale Italiano troviamo per esempio alcuni campioni raccolti dal giovane Charles Darwin alle isole di Capo Verde, durante il suo viaggio sul Beagle negli anni Trenta dell’Ottocento. Fuori dall’Erbario Centrale, ma sempre nelle collezioni conservate al Museo di Storia Naturale di Firenze, ci sono per esempio le Palme Odoardo Beccari, un importante esploratore italiano e botanico che le raccolse a fine Ottocento durante i suoi viaggi in Indonesia e Malesia.
Tra le collezioni dell’E.C.I troviamo anche l’erbario del botanico Philip Barker Webb, che contiene tantissimi campioni di viaggiatori e botanici che Webb acquisì nel corso della sua vita. E da questi fogli emergono storie legate non solo alle piante e alle esplorazioni, ma anche alle persone.
“Nell’erbario di Webb abbiamo anche dei fogli raccolti da Philibert Commerson, il botanico che accompagnò Louis Antoine de Bougainville nella sua circumnavigazione del globo, a metà del Settecento. E noi sappiamo che in quella spedizione c’era anche la compagna in incognito di Commerson, Jeanne Baret, travestita da uomo. Sappiamo anche che Commerson era spesso malato e quindi aveva difficoltà a raccogliere i campioni: probabilmente fu Jeanne Baret a raccogliere questi esemplari, anche se nel foglio di erbario ufficiale c’è la firma di Commerson.
L’Italia e la digitalizzazione massiva
Molti paesi stanno digitalizzando il loro patrimonio culturale, incluse le collezioni naturalistiche. Chiediamo a Elena quali obiettivi si vogliono raggiungere con questo progetto, e che cosa cambierà per i ricercatori e anche per i cittadini una volta che il progetto di digitalizzazione del National Biodiversity Future Center sarà completato.
“Con questo progetto l’Italia entra nello scenario internazionale della digitalizzazione massiva. Fino a questo momento le singole istituzioni, come musei ed erbari, hanno autonomamente digitalizzato alcune delle proprie collezioni. L’importanza di questo progetto è che massivo, cioè di larga scala, e che in questo tale tende a coagulare le forze. E vorrei dire che è l’ inizio di un processo, di coordinamento, di collaborazione tra le complesse galassie dei musei e degli enti degli erbari italiani.”
Questo ci consentirà di portare alla luce il nostro importante patrimonio e di condividerlo in repository nazionali e internazionali sia con la comunità scientifica che con i cittadini. I dati prodotti, di diversa natura e tutti accessibili online, ci permetteranno di studiare di esplorare queste collezioni indipendentemente da dal luogo in cui ci troviamo.
Una speranza per salvare i nostri musei?
Su Pikaia abbiamo parlato molte volte di quanto siano importanti le collezioni naturalistiche. Non tutte però sono valorizzate, perché mancano le risorse o le competenze per farlo. La digitalizzazione, però, potrebbe aiutarci ad aumentare la visibilità e la conoscenza delle collezioni. E condividendo questa conoscenza si può innescare un processo di maggior valorizzazione delle collezioni stesse.
“Questo è un aspetto importante, perché non sempre la ricerca scientifica si accompagna alla valorizzazione. Con la digitalizzazione invece possiamo farlo, ed è veramente una grande ricchezza. Possiamo mettere insieme storia, cultura, natura, scienza e quindi anche la narrazione della divulgazione scientifica, oltre a mettere a disposizione dei dati sulla biodiversità del passato che altrimenti non avremmo in altro modo”
L’Italia ha delle collezioni importantissime, ma spesso sono di natura istituzionale e giuridica diverse: abbiamo i musei civici, quelli universitari, quelli regionali. Bisogna lavorare insieme per la valorizzazione, la conoscenza e la conservazione di queste collezioni.
“Più le persone conoscono questo patrimonio, più ci saranno investimenti, più entreranno nuove forze in queste realtà e quindi si entrerà in un sistema virtuoso. Ripeto, credo che sia l’inizio di un processo”