Perché le foreste più giovani e quelle più vecchie rispondono diversamente al cambiamento climatico
Secondo due studi italiani l’età degli alberi e delle foreste ha un grande impatto su come funzionano questi ecosistemi e sulla loro capacità di combattere i cambiamenti climatici
Grazie al Forest Modelling Lab del Cnr-Isafom oggi sappiamo meglio che cosa rende le foreste europee resistenti, produttive e stabili. I ricercatori si sono concentrati su come l’età degli alberi e delle foreste incida su questi aspetti. I risultati delle loro ricerche, condotte in collaborazione col Laboratorio di Geomatica Forestale (geoLAB) dell’Università di Firenze, sono stati pubblicati sulle riviste Journal of Environmental Management e Forests. Parte di questo lavoro è stato realizzato all’interno del National Biodiversity Future Center (NBFC), coordinato dal Cnr.
Gli scienziati hanno utilizzato un modello avanzato, il Three Dimensional – Coupled Model Carbon Cycle (3D-CMCC), che simula la dinamica dei flussi di carbonio, azoto, energia e acqua in foreste e con diverse specie vegetali, età, diametri degli alberi e classi di altezza. Questo strumento ha permesso di capire meglio come l’età delle foreste influenzi la loro capacità di immagazzinare carbonio e di crescere, e come ciò le renda più o meno resistenti ai cambiamenti climatici.
Sono stati esaminati diversi tipi di foreste in Europa, come quelle di pino silvestre, abete rosso e faggio, tre specie molto comuni. Su queste foreste è stato applicato il modello scientifico del Cnr per capire come potrebbero evolversi nel futuro se non fossero influenzate dall’uomo.
Dai risultati emerge che l’età dei popolamenti forestali influisce molto sulla capacità delle foreste di trattenere il carbonio e di essere produttive. Questo ha un impatto diretto sulla capacità delle foreste di resistere ai cambiamenti climatici, sia ora che in futuro.
Elia Vangi, ricercatore presso il Forest Modelling Lab del Cnr-Isafom e primo autore degli studi, spiega:
“Analizzando l’impatto del cambiamento climatico e dell’età sulle foreste europee, utilizzando cinque scenari diversi, si evince che – per tutte le specie studiate – le differenze tra età delle foreste risultano più significative rispetto a quelle tra scenari climatici. La produttività delle foreste raggiunge il picco nei popolamenti giovani e di mezza età (16-50 anni), indipendentemente dalle condizioni climatiche. In particolare le faggete si dimostrano stabili e resilienti con l’aumento di CO2 atmosferica e temperatura mostrando un aumento della biomassa epigea – cioè chiome e tronchi – che invece diminuisce nelle foreste di abete rosso, soprattutto nelle classi di età avanzate. Il pino silvestre mantiene una capacità di stoccaggio della CO2 più stabile rispetto alle altre specie, ma vede una diminuzione dell’incremento annuo di volume. Comprendere queste dinamiche è cruciale per sviluppare strategie di gestione efficaci. Promuovere la diversità delle specie e delle età all’interno delle foreste può rafforzare la loro resilienza e adattabilità ai cambiamenti climatici futuri.”
Gherardo Chirici, Professore Ordinario di Inventari forestali, pianificazione ed ecologia forestale presso l’Università degli Studi di Firenze e direttore e coordinatore scientifico del Laboratorio di Geomatica Forestale (geoLAB), aggiunge:
“Questi risultati sottolineano la necessità di tenere conto della diversità delle classi di età – mancante nella maggior parte, se non in tutti, i modelli globali di vegetazione – per valutazioni affidabili e robuste degli impatti del cambiamento climatico sulla stabilità e capacità di resilienza delle foreste future.”
Questi risultati sono importanti per chi gestisce le foreste in Europa. Alessio Collalti, responsabile del Forest Modelling Lab del Cnr-Isafom e coordinatore degli studi, conclude:
“L’incertezza climatica futura influenzerà in modo disomogeneo la funzionalità e i servizi ecosistemici delle foreste, variando in base alla specie, struttura e sviluppo del popolamento considerato. Le foreste giovani potrebbero crescere più rapidamente ma anche vivere decisamente meno, mentre quelle mature mostreranno maggiore stabilità e resilienza grazie alla maggiore quantità di carbonio accumulata e a una migliore capacità di adattamento. È cruciale considerare età e risposte adattative peculiari delle diverse specie per comprendere l’impatto del cambiamento climatico e adottare quindi approcci di gestione forestale appositamente mirati.”
Riferimenti:
Vangi, E., Dalmonech, D., Cioccolo, E., Marano, G., Bianchini, L., Puchi, P. F., …Collalti, A. (2024). Stand age diversity (and more than climate change) affects forests’ resilience and stability, although unevenly. Journal of Environmental Management, 366, 121822. doi: 10.1016/j.jenvman.2024.121822
Vangi, E., Dalmonech, D., Morichetti, M., Grieco, E., Giannetti, F., D’Amico, G., …Collalti, A. (2024). Stand Age and Climate Change Effects on Carbon Increments and Stock Dynamics. Forests, 15(7), 1120. doi: 10.3390/f15071120
Immagine in apertura: una faggeta dei Monti Cimini (credits: Alessio Collalti, Cnr-Isafom)
Fonte: comunicato stampa CNR