Pikaia ha letto per voi “Storia ecologica dell’Europa” per fare il punto sullo stato di conservazione degli ecosistemi europei
Nelle scorse settimane la rivista scientifica Current Biology ha dedicato un numero speciale al ripristino degli ambienti naturali. Il tema è di grande interesse per l’Europa anche in considerazione del fatto che è in fase di discussione la Nature Restoration Law, che mira a creare il quadro legislativo necessario per il recupero e la conservazione degli ecosistemi europei in linea con gli obiettivi climatici dell’Unione europea. In particolare, la proposta di legge fissa come traguardo generale il ripristino di almeno il 20% delle aree terrestri e marine dell’UE entro il 2030 e di tutti gli ecosistemi che necessitano di interventi di ripristino entro il 2050.
In attesa (o meglio nella speranza) che riprenda una discussione, può essere interessante fare un ripasso dello stato di salute degli ecosistemi europei leggendo Storia ecologica dell’Europa (Il Mulino, 2023), l’ultimo libro di Emilio Padoa-Schioppa, docente di Ecologia del paesaggio e Didattica della biologia all’Università di Milano-Bicocca e Presidente della Società Italiana di Ecologia del Paesaggio.
Il libro propone una Europa composta da stati indipendenti, ma accomunati dal fatto di essere sostanzialmente privi di spazi che non hanno sperimentato l’azione dell’uomo. L‘ambiente europeo risulta oggi un concreto prodotto dell’Antropocene, in cui tutto, anche quello che ci può sembrare naturale e incontaminato, reca in realtà profonde tracce delle azioni dell’uomo.
“I paesaggi europei sono il risultato di uno stretto intreccio tra natura e cultura, fin da quando i primi Homo sapiens (…) si diffusero in questo continente. Lo modificarono drasticamente (…) causando con certezza l’estinzione dei grandi mammiferi presenti sul continente. (…) Il grande percorso che siamo chiamati a compiere in questi anni di transizione verso economie dacarbonizzate e circolari, con una prospettiva di sostenibilità, non può essere intrapreso senza una buona conoscenza della storia naturale e ambientale dei luoghi che abitiamo e nei quali viviamo. E dal momento che non vi sono soluzioni adottabili ovunque, conoscere bene le storie locali aiuta a compiere le scelte migliori, d’altro canto da numerose storie locali possiamo estrapolare alcuni pattern comuni a luoghi diversi“.
L’elemento ricorrente che Padoa-Schioppa sottolinea è che gli ambienti europei sono stati continuamente modificati a opera dell’uomo e con essi sono andati mutando anche gli ecosistemi e la biodiversità che popola quei territori. Non solo storie però di territori antropizzati, ma anche di spazi a cui abbiamo deciso di rinunciare. In molti paesi (tra cui il nostro) l’espansione di boschi e foreste è stata determinata non da politiche ambientali, ma dai cambiamenti che a partire dal dopoguerra hanno portato a una progressiva migrazione dalle aree montane a favore delle città, con il conseguente abbandono di terreni che prima erano coltivati a uso agricolo.
Territori, talvolta anche molto ampi, che si sono rinaturalizzati spontaneamente o che sono stati frettolosamente rinaturalizzati senza alcuna reale progettazione, creando quindi ambienti molto fragili, come ci ha ben dimostrato la recente tempesta Vaia. All’analisi di boschi, selve e foreste sono dedicate molte pagine non solo perché gli esempi interessanti in Europa sono tanti, ma perché la loro valutazione non può essere fatta solamente in termini di presenza/assenza o di ampiezza/estensione. Dopo millenni di gestione diretta o indiretta, l’abbandono non può essere la via giusta per pensarne il futuro.
Storia ecologica dell’Europa ci permette quindi di ricordare le dinamiche con cui i territori europei sono andati evolvendo nel tempo, tenendo conto sia della loro storia naturale che delle trasformazioni che l’uomo ha apportato. Quello che risulta però evidente è che, indipendentemente dal fatto che sia corretto o meno introdurre l’Antropocene come nuova era geologica (su Pikaia ne abbiamo parlato qui), l’Europa è il territorio in cui l’effetto delle azioni umane è più evidente e anzi l’Europa è una protagonista “indiscussa e primattrice” dei cambiamenti climatici in corso.
“E’ errato pensare che vi è stato un tempo dell’oro nel quale l’uomo non aveva impatto alcuno sugli altri organismi. Che ci piaccia o non ci piaccia, la nostra è la storia di predatori che nel tempo hanno sviluppato tecniche di trasformazione dell’ambiente sempre più profonde e radicate. Immaginare un Eden in cui l’umanità viveva armoniosamente e pacificamente con altri animali e piante è del tutto fuorviante“.
Poche attività hanno contribuito a cambiare il paesaggio come fatto dall’agricoltura, per cui non sorprende che il libro presenti una articolata analisi dell’impronta dell’agricoltura. È, infatti, evidente che, assieme ai cambiamenti climatici, l’agricoltura è coinvolta in quell’alterazione degli habitat che è alla base delle rapida perdita di biodiversità di cui si parla sempre troppo poco (su Pikaia ne abbiamo parlato qui e qui). Grano, riso, vite e olivo sono ormai parte di ciò che consideriamo naturale e tipico del paesaggio europeo, dimenticando però che l’agricoltura è l’opposto della naturalità e che le piante citate sono la dimostrazione della portata dei cambiamenti che abbiamo introdotto in Europa.Storia ecologica dell’Europa potrebbe essere utile anche per parlare di modelli di conservazione e produzione. In Europa, ad esempio, negli stessi spazi vogliamo fare sia conservazione della biodiversità che agricoltura (land sharing), dimenticando i numerosi effetti positivi che potrebbe invece avere il land sparing che, semplificando, mira ad avere la massima resa in aree ben determinate di territorio, così da dedicare le restanti aree alla conservazione della biodiversità, senza introdurre alcuna pratica agricola.
“Pur rifuggendo da una cronaca troppo focalizzata sul presente, è evidente che l’umanità tutta è giunta a un grande bivio: o affronteremo e proveremo a risolvere i problemi causati da uno sfruttamento eccessivo e indiscriminato dell’ambiente o ci ritroveremo in una situazione completamente nuova per la nostra specie, con conseguenze certamente poco auspicabili. Guardare al passato può essere una delle chiavi per evitare di sbagliare ancora una volta“.
Passando dalle foreste alle montagne, solcando laghi e fiumi, il libro di Emilio Padoa-Schioppa ci obbliga a prendere atto che ci troviamo a fronte alla necessità di attuare una transizione ecologica, che ci spinga a essere maggiormente sostenibili. Il numero del mese di giugno del 2022 della rivista Science presentava non solo il titolo decisamente interessante “A choice of futures”, ma anche una interessante grafica in cui una automobile correva veloce su strada, solcando colline, verso un arido orizzonte. Storia ecologica dell’Europa ci permette di analizzare con attenzione il punto da cui partiamo, così che sia possibile non solo tracciare la nostra strada verso il futuro, ma andare al contempo a definire che tipo di futuro vogliamo avere.
Biologo e genetista all’Università di Modena e Reggio Emilia, dove studia le basi molecolari dell’evoluzione biologica con particolare riferimento alla citogenetica e alla simbiosi. Insegna genetica generale, molecolare e microbica nei corsi di laurea in biologia e biotecnologie. Ha pubblicato più di centosessanta articoli su riviste nazionali internazionali e tenuto numerose conferenze nelle scuole. Nel 2020 ha pubblicato per Zanichelli il libro Nove miliardi a tavola- Droni, big data e genomica per l’agricoltura 4.0. Coordina il progetto More Books dedicato alla pubblicazione di articoli e libri relativi alla teoria dell’evoluzione tra fine Ottocento e inizio Novecento in Italia.