L’eco di suoni antichi: lo speciale legame evolutivo tra musica e amore

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Un recente studio pubblicato su Frontiers in psychology tenta di spiegare gli effetti della musica sui legami sociali, in particolare su quelli di coppia, facendo un resoconto teorico di ricerche preesistenti e ipotizzando i benefici che la musica porta con sé nei rapporti più intimi

È un’esperienza quotidiana ascoltare musica e rimanerne affascinati. L’effetto dipende dai gusti personali, ma che sia classica, blues, rock, jazz, metal, pop, folk, soul, punk, una melodia dei villaggi africani o suoni delle tradizioni orientali, la musica è in tutte le culture, in forme differenti ma universali.

Qualcosa di simile alla “risonanza musicale” accade quando ci si innamora di qualcuno: si percepisce un’affinità profonda con l’altro/a, intesa come l’espressione di un mondo interiore affine al proprio, come succede con la musica che ci affascina.

Allora, l’assonanza tra innamoramento e musica è presto fatta, ma non così in fretta; è necessario addentrarsi nella storia evolutiva umana per avere maggiori informazioni a riguardo.

Da queste premesse parte uno studio pubblicato su Frontiers in Psychology, nel quale un gruppo di psicologi indaga la stretta relazione tra evoluzione umana e musicale e ci si sofferma sul concetto di “musicalità”. Gli autori riprendono la spiegazione che ne dava Darwin nel 1871, secondo il quale era una qualità finalizzata alla selezione sessuale quindi un fattore che influenza la scelta del partner: pensiamo al canto degli uccelli, che è in parte una tattica di corteggiamento. Anche la musicalità degli esseri umani potrebbe essersi evoluta “per affascinare il sesso opposto”, ma la storia è più complessa.

Le origini della musica (… e del linguaggio?)

Al momento, lo strumento musicale più antico attribuito ad Homo sapiens è un flauto fabbricato con ossa di uccello, rinvenuto in Germania e datato a circa 35.000 anni fa; questo ritrovamento ci racconta un momento preciso della storia evolutiva umana e di come questa si intreccia con l’evoluzione musicale.

Ma molto prima che l’essere umano iniziasse a costruire strumenti musicali il suo senso musicale doveva essere già sviluppato. Secondo Darwin, infatti, la proto-musica (l’antenata della musica, intesa come produzione di suoni per comunicare) è all’origine del linguaggio stesso. Questa idea è sostenuta anche da ricercatori moderni come la neuro antropologa Dean Falk e l’antropologa Ellen Dissanayake, la quale ipotizza anche che la proto-musica fosse importante nella comunicazione tra madre e neonato. Infatti, il piccolo umano, inetto e maggiormente esposto ai pericoli, comunicava attraverso un linguaggio (ovviamente) non verbale i suoi bisogni. Quando compreso dalla madre, si rafforzava un legame già di per sé profondissimo, e si riducevano i rischi per la salute del neonato.

Questa comunicazione calmava e rassicurava il neonato; infatti la madre (o chi per lei) in base alla modulazione del suono della voce, riesce a comunicare in un modo unico e universale sensazioni, emozioni, sentimenti, rispondendo così alle richieste del piccolo, che a sua volta “canterà” in risposta a ciò che percepisce in un modo altrettanto unico e universale, proprio come fosseun duetto in stretta sintonia”.

Si può quindi pensare alla ninna nanna preistorica (e del presente) come a un tratto selezionato, una melodia essenziale per la sopravvivenza dei neonati indifesi e per il successo riproduttivo delle madri.

In generale, spiega lo studio, i confini tra musica e linguaggio sono molto sfumati, soprattutto nelle interazioni con i piccoli. Tali interazioni somigliano molto al modo in cui avverranno le prime esperienze d’amore nel periodo dell’adolescenza e nell’età adulta, che sembrano essere un richiamo ai “suoni” dell’infanzia, che saranno la base delle capacità comunicative e di comportamento dell’individuo nell’età adulta.

La proto-musica potrebbe essere quindi considerata un arcaico modo di comunicare, fatto di suoni ancor prima che di parole, che precede un tipo di linguaggio più moderno.

L’armonia dell’evoluzione

In termini biologici, la musicalità potrebbe essere un tratto selezionato sessualmente che contribuisce al successo riproduttivo. Ma i tratti selezionati sessualmente sono anche sessualmente dimorfici. Un esempio che sostiene questo speciale legame tra musicalità e amore è la voce umana, che gioca un ruolo rilevante nella selezione sessuale: uomini e donne vocalizzano a circa un’ottava di distanza, (proprietà vocale unica della specie umana nota come “equivalenza di ottava”). Sarebbe il risultato di una competizione intrasessuale (più la voce è profonda più sembro grosso), che stimola nelle donne una selezione per questa caratteristica evolutivamente vantaggiosa, che potrebbe avere come finalità quella di “accodarsi” vocalmente con l’altro sesso, quindi probabilmente comunicare in modo migliore.

Fatto interessante, nonché rilevante, è che questo dimorfismo è il risultato di una necessità di corrispondenza di intonazione anche con i bambini; la voce dei piccoli umani infatti risulta essere, come nelle donne, di un’ottava più alta.

Si riporta spesso l’importanza del legame genitore-bambino e il contributo della musica in quest’ultimo e nell’ambito dell’evoluzione culturale; perché? È comprensibile se si pensa che le interazioni tra i bambini e gli adulti sono diventate sempre più complesse nel corso del tempo, e questo ha stimolato la costruzione in modo specifico dei substrati neurali, necessari per lo sviluppo cognitivo.

I neonati, dalla preistoria a oggi, fin dalla nascita, interagiscono con gli adulti attraverso una comunicazione speciale (di cui abbiamo parlato sopra) e a un certo punto non più finalizzata solo alla sopravvivenza, ma a qualcosa di più; la stessa comunicazione ha portato, come suggerisce l’antropologa Ellen Dissanayake, a un successivo sviluppo culturale, nel quale questa sensibilità biologica di interazione si è potuta trasformare “nel fare arte”.

I benefici della creatività sulla salute sono fondamentali nel processo evolutivo

In questo studio si ricerca una sintesi delle funzioni evolutive della musica in relazione alle fasi dell’amore, riconosciute, secondo gli studiosi in tre principali momenti, in cui la musicalità può giocare un ruolo fondamentale: fase di attrazione, fase di costruzione del rapporto e fase di mantenimento del legame.

In tutti e tre i momenti, si deduce dal resoconto degli studiosi, è implicata la creatività: tratto specifico dell’essere umano, indicatore di identità personale e caratteristica che contribuisce alla fitness. Rappresenta un forte segnale di compatibilità e buona salute, motivi sostanziali affinché la donna scelga il suo partner e viceversa, in quanto si incrementa così la sensazione di connessione profonda e intimità, che favoriscono il benessere e la salute.

Se questa caratteristica è rilevante nella prima fase dell’innamoramento, non lo è di meno nelle fasi successive, nelle quali i processi di scelta continuano ovviamente a essere presenti.

Lo studio ci suggerisce che una delle “strategie di mantenimento” della relazione che promuove l’impegno, comporta, tra le altre cose, la condivisione del tempo libero, che permette di rafforzare il legame attraverso la stimolazione di emozioni intense, grazie anche a una sensibilità condivisa.

Il contributo della musica nei legami di coppia: una ricerca aperta e continua

Gli autori dello studio fanno un resoconto di teorie preesistenti e partono da queste per proporre l’ipotesi che senza amore potrebbe non esserci musica, in quanto sembrerebbe che la musica nasca proprio da un’esigenza di espressione, finalizzata alla comunicazione tra gli esseri umani, e che per questo, ipotizzano ancora, potrebbe essere impiegata nelle attività di coppia per migliorare il legame, visti i benefici che porta con sé.

Il senso di questa idea è sicuramente affascinante, ma al di là dei concreti vantaggi legati al processo evolutivo, sono stati riconosciuti dei limiti e delle sfumature nelle possibili effettive applicazioni, in quanto non possono essere inclusi dei parametri soggettivi, tra i quali un profondissimo senso d’affetto, non incasellabile in schemi prestabiliti.

Forse, quindi, il contributo che può dare la musica a una relazione amorosa non è del tutto definibile ed è da considerarsi una ricerca aperta e continua, i cui benefici, come concludono anche gli studiosi, più che in ogni altro modo, possono essere “testati” e osservati con l’esperienza.

Riferimenti: Bamford, J. S., Vigl, J., Hämäläinen, M., & Saarikallio, S. (2024). Love songs and serenades: a theoretical review of music and romantic relationships. Frontiers in Psychology, 15. DOI: https://doi.org/10.3389/fpsyg.2024.1302548

Immagine: cottombro studio, via pexel